Vogliamo una scuola decente
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Parlando di recente in occasione delle celebrazioni per il centenario del Liceo Carducci di Bolzano ho rievocato un episodio risalente a 55 anni or sono che è sicuramente emblematico nella storia della scuola ma anche della città che la ospita da un secolo. Da quelle carte ho tratto questa ricostruzione.
La prima occupazione studentesca del Liceo Ginnasio Giosuè Carducci di Bolzano durò quattro giorni, quelli centrali della penultima settimana del mese di novembre dell’anno 1969. Non era la prima occupazione venuta a movimentare le cronache scolastiche bolzanine. L'anno precedente avevano occupato gli studenti dello Scientifico Torricelli dove il clima di contrapposizione politica continuava ad essere piuttosto marcato. L'occupazione del Classico ebbe tuttavia motivazioni e caratteristiche tutte particolari andandosi a collocare all'interno di un problema, quello dell'edilizia scolastica di quegli anni nel capoluogo altoatesino, che la collocano sicuramente tra i momenti di rilievo nella storia recente della città.
C'era, all'origine del tutto, un disagio marcato degli studenti per le condizioni dell'edificio in cui si dovevano recare tutti i giorni. La vecchia costruzione di piazza Domenicani, adibita ad uso scolastico sin dai tempi della Duplice Monarchia, riattivata dopo le distruzioni belliche, era ormai arrivata a superare ampiamente i limiti della propria capienza.
A portare l'Istituto sull'orlo del collasso aveva sicuramente contribuito l'effetto della grande riforma scolastica varata nel 1962 con la soppressione della vecchia scuola media-ginnasio e dei vari avviamenti, la nascita della scuola media unica e il prolungamento dell'obbligo scolastico sino ai 14 anni di età. L'effetto era stato quello di portare un numero considerevolmente più alto di alunni ad iscriversi a quel liceo in precedenza terreno riservato ai figli della buona borghesia. Le classi scoppiavano e gli alunni, quando arrivavano per il primo anno di frequenza, scoprivano di doversi accomodare ancora sulle vecchie bancate in legno, dove non di rado capitava di trovare il segno lasciato da un fratello maggiore o addirittura da un genitore. La scuola, solo per fare un esempio mancava completamente di una palestra e gli alunni erano costretti a migrare in quelle di altri istituti.
Erano gli anni dei doppi e dei tripli turni, con le aule occupate dagli scolari e dagli studenti alla mattina e al pomeriggio e di nuovo presidiate alla sera con le lezioni per gli adulti
Una condizione, quella del Classico, che si rifletteva a specchio in quella più generale dell'edilizia scolastica bolzanina. Erano gli anni nei quali cominciavano appena a prender corpo i progetti di ampliamento della rete di scuole in costruzione o di ristrutturazione. Per tutto il secondo dopoguerra la città era cresciuta dal punto di vista demografico con una rapidità incredibile. Erano gli anni del baby boom, solo che i piccoli protagonisti di questa esplosione delle nascite, quando arrivavano al fatidico giorno in cui dovevano varcare la soglia di un'aula scolastica dovevano fare i conti con una realtà che era ancora quella lasciata in eredità dall'Austria Ungheria e di poco aumentata in era fascista, per un nucleo abitato molto più ristretto.
Erano gli anni dei doppi e dei tripli turni, con le aule occupate dagli scolari e dagli studenti alla mattina e al pomeriggio e di nuovo presidiate alla sera con le lezioni per gli adulti. Erano gli anni delle classi ospitate nei seminterrati in condizioni di abitabilità che oggi non verrebbero prese nemmeno in considerazione. Erano gli anni dei prefabbricati con i quali si cercava di tamponare una situazione sempre più grave. Quando, il 1 ottobre, iniziava la scuola l'assedio di gruppi di genitori infuriati al Municipio era un tratto saliente delle cronache cittadine.
Tra le questioni irrisolte c'era anche quella del nuovo Liceo Carducci. Se ne parlava da anni. Diversi siti erano stati esaminati e poi scartati come quello in via Claudia de Medici. L'ultima scelta era caduta su un terreno in via Manci occupato da una giardineria, il cui sgombero si era rivelato però, come spesso avviene a Bolzano in questi casi, oltremodo lungo e complicato.
Firmarono il documento quasi tutti gli studenti della scuola. Con un lavoro di schedatura certosino le autorità scolastiche individueranno poi sulla base delle firme 230 adesioni, ma alcune sottoscrizioni non sono identificabili
Questa la situazione delle scuole della città quando i liceali dell'ultimo anno del Carducci, sezione B, decisero in quell'autunno del 1969 di approfondire il tema con una sorta di inchiesta giornalistica che approdò alla redazione di un lungo documento. Quattro pagine di dattiloscritto impeccabili nella forma e più che concrete nella sostanza a partire dal titolo: "Analisi di un'edilizia carente". L'inchiesta si sviluppò con una serie di interviste al sindaco Giancarlo Bolognini, all'assessore all'istruzione Battisti, ad altri responsabili di varie istituzioni. Gli studenti cercarono di capire perché il progetto del nuovo liceo si fosse arenato in un labirinto di scelte sbagliate, di veti contrapposti, di contrasti difficilmente sanabili con soggetti pubblici e privati. Svolta l'indagine arrivò il momento di trarre le conclusioni che andavano ben oltre il caso di specie del nuovo liceo da costruire. "Il caso particolare - scrivono gli studenti - rispecchia la situazione generale di disagio; all'inizio dell'anno mancavano 2 milioni di posti alunno, il che comporta le seguenti conseguenze: superaffollamento nelle aule normali, sistemazioni provvisorie presso edifici non adibiti a servizio pubblico, doppi e perfino tripli turni, eccetera. La crisi dell'edilizia scolastica è un fatto cronico che risale all'immediato dopoguerra, malgrado ingenti stanziamenti governativi (regolarmente non utilizzati, compaiono spesso una volta inseriti in economia, chissà dove vanno a finire?) Quali sono le cause e gli effetti di questo fatto? L'esigenza del sistema di limitare la scolarizzazione, per mantenere inalterati certi rapporti di classe, assume determinate forme. Il fattore oggettivo della mancanza di aule giustifica una selezione su vasta scala. [...] Pur nel suo piccolo la vicenda del nostro liceo dimostra che evidentemente il problema non è circoscritto all'ambito scolastico, ma investe tutto il settore dell'edilizia pubblica, gravato dalle speculazioni di grossi enti privati dei particolarismi di piccole elites. Se siamo privilegiati, non dobbiamo diventarlo ancor di più; per questo il nuovo liceo che nessuno si decide a costruire non ci interessa che come fenomeno emblematico".
Con questo documento gli studenti del Carducci andarono a confrontarsi in assemblea il 17:18 novembre. Alla fine della seconda riunione venne approvato un documento di 12 righe nel quale la protesta per la situazione strutturale della scuola e dell'edilizia scolastica in generale a Bolzano si completava con la decisione di proseguire l'analisi all'interno della scuola occupata. Firmarono il documento quasi tutti gli studenti della scuola. Con un lavoro di schedatura certosino le autorità scolastiche individueranno poi sulla base delle firme 230 adesioni, ma alcune sottoscrizioni non sono identificabili. Cominciavano così i quattro giorni della prima occupazione del Liceo Classico di Bolzano.
(1 – segue)