Culture | Meditazioni del calabrone in mille battute

Riflessioni di un ubriaco

Meditazione cinquantaquattresima
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

Per il docile ubriacone che sono diventato il confine non è lineare, non circonda un territorio, ma è bensì un’atmosfera, una circonferenza allo stato gassoso sparpagliata dai venti d’Europa. Il Brennero è qualcosa di imponderabile, un pulviscolo di catene montuose, tradizioni, accordi internazionali, ex dogane. È la turbolenza in cui viviamo, l’aria che respiriamo. Si è mai visto un contorno che non circoscrive? Il confine è così: si costituisce di irregolarità, malintesi, colpi di tosse, dormitori, minacce di secessione. È una polvere fine che, sottraendosi al tatto, s’infiltra nei bronchi, raggiunge i polmoni, segue i percorsi del sangue e delle vene. Il confine sta dentro i suoi abitanti, non fuori. Con loro si alza, va in ferie, sbadiglia, cammina in tutte le direzioni. È una concitazione sentimentale, il cui potentissimo cervello pittorico ridisegna il nostro paesaggio interiore a guisa di valico o passo, o facendolo eguale ai muri scrostati di una casa ferrovieri.