Cuori fanatici: gli altri anni '80
Cosa non c’è in Cuori fanatici, il nuovo libro di Edoardo Albinati ambientato negli anni ‘80?
Non ci sono Ronald Reagan, Margaret Thatcher, le indagini sulla P2, i mondiali di calcio, la morte di Bobby Sands e gli efferati omicidi del mostro di Firenze. Non ci sono il Negroni, le discoteche, la musica alta e le espadrillas, gli italiani che vanno in vacanza pieni di ottimismo e con Battiato in autoradio. Questo succede perché l’autore decide raccontare i primissimi anni ’80, quelli ancora non caratterizzati dai cliché a cui si è solitamente abituati. In questo romanzo Albinati ignora le introduzioni storicamente accurate da un punto di vista fattuale e men che meno stereotipate – perché preferisce fare altro.
Lo scrittore intreccia le vicende intime di decine di personaggi, dopo un lungo e icastico prologo su una non meglio definita e decadente “città meridionale”, una Roma mai nominata ma solamente evocata. Così come è solo evocato il periodo storico in cui si svolgono le vicende dei personaggi: capiamo benissimo dove e quando agiscono ma rimane tutto in stato di sospensione, come se il mondo che Albinati sta raccontando si stia costruendo proprio mentre lo leggiamo. Riassumere la trama del romanzo sarebbe quasi impossibile, soprattutto di un romanzo corale e sperimentale di questo tipo, che intreccia storie, vicende, decine di voci, senza farle mai accavallare l'una sull'altra. Il romanzo procede lineare e cristallino nella sua moltitudine di elementi.
Cuori fanatici è un romanzo fatto di dialoghi. E nei dialoghi i personaggi prendono corpo, non in base alla descrizione indiretta del sarcastico narratore ma attraverso la costante tensione che si crea nelle discussioni e nelle parole dei fanatici. Albinati intreccia molte vite, le complica il più possibile. Racconta di amore, di ossessione, di scontro tra desideri e anche tra generazioni in un mondo in cui ventenni e quarantenni ancora non condividono neanche una piccola parte dello stesso immaginario di cultura mainstream. Lo scontro generazionale non genera però niente. Crea barriere di incomunicabilità, tra mondi diversi, tra modi di essere così distanti da rendere il dialogo non solo complicato ma quasi un monologo a due.
Ma chi sono i fanatici del romanzo?
Ci sono Nanni e Nico, due amici sospinti da desideri diversi ma entrambi ossessivi a modo proprio, due trentenni che vivono a cavallo tra gli ultimi ’70 e i primi ’80, due personaggi che portano sulle spalle il terribile peso dell’essere così precoci – più vecchi che maturi - da suscitare fastidio nelle persone che entrambi amano. Nanni Zingone è un professore di liceo e Nico Quell è l’ultima ruota del carro di una casa editrice un po’ farsesca e figlio di un ambasciatore vittima di un attentato, a cui Nico indirizza ossessivamente molte lettere ampollose. Nanni è sposato, ha tre figlie e ha spesso a che fare con persone più giovani di lui, Nico invece con persone più anziane. Nessuno dei due ne uscirà benissimo lo stesso.
Tuttavia, anche se Nanni e Nico sono personaggi cardine, in questo romanzo non ci sono protagonisti. C’è spazio per molti altri personaggi, come la scalcinata banda di terroristi che fa ogni tanto da interludio alla narrazione, che la spezza e poi la ricuce. Dei terroristi un po’ strani, quelli che descrive Albinati, terroristi che parlano come vecchi filistei, che litigano sulle cose da comprare, sulle cose ancora da mettere a posto. Materialisti sì, ideologici un po’ meno. Almeno nella rappresentazione.
Anche se lo spazio per raccontare il terrorismo come pratica politica dei fanatici di professione Albinati se lo concede: >.
Di personaggi da citare ce ne sarebbero molti altri, dal vecchio professore Berio, a sua figlia Lenia – di cui Nico si innamora – arrivando fino alla moglie di Nanni, Costanza, una donna complessa e dalla bellezza sfiorita. Insieme alla bellezza dei personaggi di Albinati e alla precisione della sua prosa, quello che il lettore si ricorderà di più di questo romanzo è sicuramente la ‘violenza’ dei ragionamenti. Violento è infatti un termine che lo scrittore usa molto nel libro, soprattutto nella parte finale, dove anche il solo dialogo a letto tra un marito e una moglie può diventare violento, per il peso delle parole, per il significato delle azioni e per il modo in cui una sola frase o un silenzio ben calibrato possono fare del male, sapientemente e con giudizio.