Manifestazione dei precari della scuola trentina.
Alla manifestazione di sabato 6 aprile in piazza Dante eravamo in molti docenti. Circa 300 persone che hanno deciso di farsi guardare in faccia e di chiedere risposte all’Assessore Marta Dalmaso in merito alla situazione nella quale si trovano.
Ci deve guardare in faccia e capire che siamo donne, uomini, madri e padri e non solo tappabuchi necessari al buon funzionamento della scuola Trentina.
L’invito a partecipare è stato esteso a tutti i sindacati, ma in piazza abbiamo visto solo gli Stati Generali della Scuola Trentina. Dove erano gli altri?
Lavoriamo da anni, appena squilla il telefono verso la metà di settembre siamo pronti a spostarci, con contratti a volte di una sola settimana, su tutto il territorio, magari a 50 km di distanza da casa.
Svolgiamo lo stesso lavoro dei nostri colleghi di ruolo, abbiamo fatto corsi di aggiornamento e ci siamo formati non in un’aula universitaria, ma in un’aula comunque: quella della scuola, chiedendo con umiltà ai colleghi più anziani e cercando di dare sempre il meglio ai nostri alunni.
Gli insegnanti precari sono circa il 20% nella scuola trentina. Non è quindi una cifra irrisoria, bensì un numero importante di persone che fanno affidamento e progetti sulla paga che percepiscono.
Informare ed essere informati (articolo 21 della Costituzione Italiana) è un diritto ed un dovere dei cittadini, che tutela la libertà di effettuare scelte consapevoli nell’ambito della vita associativa.
Ebbene forse sapere in che situazione di equilibrio precario si trovano ad oggi circa 1800 insegnanti può servire a fare una riflessione e a sensibilizzare l’opinione pubblica.
E’ stato detto che, come in ogni realtà pubblica e privata, vi è una quota di contratti a tempo determinato, che risponde a necessità di sostituzione di personale assente e che quindi non può essere oggetto di alcuna stabilizzazione.
Maestre e professori che lavorano da anni, con contratti annuali non sostituendo nessuna maternità o malattia non sono dello stesso avviso. Insegnanti di lingue comunitarie che suppliscono a cattedre vacanti chiedono di capire perché devono stare in questa situazione nonostante la cattedra sia libera.
Pragmatiche sensazioni e domande sempre più insistenti si fanno strada nella mente di noi insegnanti che, stufi di non essere considerati, di avere sempre meno diritti dei colleghi di ruolo e di non poter guardare con serenità al futuro chiediamo agli assessori di non nascondersi: chiediamo loro anzi di farsi portavoce di questa insoddisfazione e di questa tragica situazione nella quale ci troviamo senza poterci fare niente.
Chiediamo un appoggio concreto dalla nostra Provincia AUTONOMA, non un rimando a Roma, ma che si faccia portavoce CON Roma e sia pioniera di proposte eque, ma soprattutto condivise con noi, quelli che nella scuola trentina ci lavorano da anni.
Vogliamo essere tutelati e difesi dagli Assessori ai quali abbiamo dato fiducia per governare.
Diciamo basta a questo inutile precariato e chiediamo scelte più coraggiose da parte dei nostri politici.
Dopo anni di lavoro e di “gavetta” perché dobbiamo ancora dimostrare la nostra professionalità per ricevere una supplenza annuale?
Perché complicare ancor di più le cose creando un’ulteriore fascia? Ne bastano due: una di abilitati e una di non abilitati.
E soprattutto un sistema equo e giusto di abilitazione che tenga conto degli anni di esperienza effettuati (parliamo di 10 o più anni).
Un corpo docente preparato, competente, motivato e il più possibile sereno rimane un’utopia finchè non gli si garantisce un sistema equo di reclutamento e una speranza per il futuro.
Erica Schmidt