Culture | Salto Afternoon

Chi è ancora austriaco?

Installazioni, foto, video e film per commentare l’evoluzione storico-politico-culturale di Merano, città da 700 anni – a Kunst Meran/o Arte fino al 9 luglio.
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Foto: Foto: Kunst Meran

Il titolo spiazza e al contempo incuriosisce. Succede, infatti, che passando sotto i Portici a Merano il colpo d’occhio vada a finire sul manifesto appeso davanti al portone del numero 163 e ci si fermi per guardarlo da vicino, a riflettere un attimo. Cosa vorrà dire mai questo Wer ist noch österreichisch? E si decida di entrare per scoprire che non di folklore retrò si tratta, bensì di un’esposizione alquanto accattivante sui temi da sempre attuali in questa città: origini, lingue e culture diverse che si incrociano, giorno per giorno, come in un crogiuolo che (r)accoglie tante persone diverse. Un tempo persone alla ricerca della bellezza del paesaggio, delle qualità curative delle acque termali o semplicemente per respirare aria buona (Merano era famosa come luogo di cura per la tubercolosi, nei primi anni del secolo scorso).

Chi sono? Qual è la mia cultura e come incide sul mio essere, sentire, agire? Quale identità mi è vicina? 

Leggendo l’introduzione del curatore Luigi Fassi si viene a sapere che il titolo non è buttato lì a caso, ma è la parafrasi del titolo originale di un editoriale a firma di Robert Musil - scrittore austriaco ben noto anche in Italia per essere l’autore de L’uomo senza qualità – apparso sul giornale della prima guerra mondiale “Soldatenzeitung” pubblicato in Alto Adige, il 20 agosto 1916, in cui Musil, in veste di sottotenente e direttore del giornale, si chiese: Bin ich ein Österreicher? Musil l’aveva definita lì per lì  una “domanda oziosa”, in quanto lui stesso coltivava non pochi dubbi al riguardo, essendo ben consapevole che la vera identità era da sempre un’altra: “il contadino di Gorizia” si sentiva sloveno, così come “l’avvocato in Boemia” si sentiva boemo-tedesco. Per affermare alla fine con forza che “nessuno, alla tua domanda, tanto semplice, risponde con altrettanta semplicità: sono austriaco!”.

Questa sua dichiarazione circa l’identità liquida (come direbbe Zygmunt Bauman) ha ispirato Fassi a disegnare il progetto della mostra aperta lo scorso 28 aprile e visitabile fino al 9 luglio prossimo: 5 artisti contemporanei che interpretano ognuno/a a modo proprio questo dato di partenza. Chi sono? Qual è la mia cultura e come incide sul mio essere, sentire, agire? Quale identità mi è vicina? Che cosa esprime di me, persona singola, una definizione globale come può essere stata all’inizio del secolo scorso quella coniata da Robert Musil o, per rimanere nel passato prossimo, il dibattito più che accanito sul dettaglio storico-linguistico-politico-culturale riguardo alla toponomastica dei luoghi in Alto Adige? Cosa vuol dire sentirsi sudtirolesi o altoatesini, Südtiroler o italiani, di origine sudtirolese o sudtirolesi migranti, immigrati o emigrati? Il pentolone appare bello denso di materiale esplosivo, visto che il dato da indagare parte dalla festa dei 700 anni di Merano città e si concentra, quindi, sulle riflessioni aperte a 360° sulla città di cura e dintorni. Per costruire le fondamenta storico-filosofiche della sua curatela, Fassi parte dal concetto ideato da Marc Bloch per approcciarsi alla storia e scriverne tenendo conto che il primato come soggetto è dell’uomo, “colto nelle tracce del suo procedere nel tempo“ ed “ecco perché la storia non è scienza antiquaria ma il risultato di un andirivieni continuo dal passato al presente e dal presente al passato”. Così leggiamo sulla brochure pubblicata per l’occasione, dove si parla della storia come “scienza del cambiamento” in quanto ispira a muoversi in modo fluido tra le diverse dimensioni temporali, spaziali, sociali e culturali per cercare strade e soluzioni nuove, certi che “l’incomprensione del presente nasce inevitabilmente dall’ignoranza del passato e, di converso, non si può comprendere il passato, se non si conosce a fondo il presente”. Dal qui e ora verso l’ignoto, in qualche modo tutte le opere esposte convergono in questo p/assaggio critico-filosofico, basti pensare alle fotografie esposte di François-Xavier Gbré (nato a Lille, vive oggi a Abidjan in Costa d’Avorio), le quali colgono due diversi punti di vista di uno stesso luogo per porci di fatto davanti allo spostamento di sguardo, pensiero, luce e ombra. Una presa di consapevolezza della versatilità del punto di vista, e di conseguenza della costruzione/distruzione/ricostruzione di una identità... Nicolò Degiorgis è andato a cercare le tracce nell’oggi di persone passate qui in un lontano ieri: ammirando, seduti nel buio di un’ampia stanza bianca, la sua installazione video Uomini senza qualità, vediamo proiettati sulla parete numerosi volti di persone che non esistono più, tant’è che l’artista bolzanino ne ha cancellato i segni espressivi ricavandone delle maschere/silhouette iconografiche rimandanti al cubismo e alle sperimentazioni nelle avanguardie storiche, solo che qui il tutto è di fonte digitale.

Cosa vuol dire sentirsi sudtirolesi o altoatesini, Südtiroler o italiani, di origine sudtirolese o sudtirolesi migranti, immigrati o emigrati?

Ciò che scorre davanti a noi sono decine e decine di immagini raffiguranti sulle tombe nei diversi cimiteri di Merano persone anonime o personalità internazionali, di passaggio nel luogo di cura e poi morte qui. Quant’è alto il tasso di multiculturalità! Un dato, questo, che ci conduce a una delle tre opere esposte di Runo Lagomarsino (nato a Malmö in Svezia), l’Iron Michl che si rifà a un fatto realmente accaduto: per narrare le trasformazioni attuali di Merano l’artista si riallaccia a una vicenda che risale agli anni dieci dello scorso secolo breve, ossia quell’Eiserner Michl da cui prende in prestito anche il titolo e che è una scultura in bronzo raffigurante un guerriero, commissionata nel 1915 dalla federazione degli artisti di Merano a Blasius Mayrhofer e poi esposta sulle Passeggiate cittadine per raccogliere fondi a favore di vedove e orfani della Prima guerra mondiale. La versione contemporanea di Lagomarsina si compone di un frottage su carta della scultura storica e di uno spazio su una parete della galleria, dove un migrante (individuato appositamente, ed è sempre lo stesso) pianta ogni volta un chiodo, quando riceve un’elemosina nelle strade di Merano.

Di riferimento all’arte concettuale si può parlare a proposito della video-installazione, sempre di Lagormarsino, Brenner Merry Go Round: l’immagine ci mostra una macchina che corre attorno a una rotonda poco prima del confine, cambia il sonoro, alternando l’Inno di Mameli alla Marcia di Radetzky per richiamare le tante scritture e riscritture dei punti di confine, non solo in questa terra.

Di significato politico-cultural-ambientale più ampio ci paiono altre due installazioni, Come nascono le stagioni e Pink Lady, rispettivamente di Renato Leotta e Sonia Leimer: la prima si costruisce letteralmente nella nostra testa mentre guardiamo scorrere le immagini sparate in loop sul muro da due proiettori in 16mm andando a montare un film di profonda critica rispetto alla politica ambientale in tutto il mondo, senza dover menzionare luoghi o dati precisi. La seconda riguarda la produzione delle mele nel vero senso della parola: la mela che dà il titolo all’opera, Pink Lady, fu inventata nei primi anni ottanta in Australia, un tipo di pianta che ha completamente stravolto il concetto di coltivazione di mele: i grandi alberi furono sostituiti da tante file di alberelli, in fila come soldatini, dai rami spalancati per trasportare meglio il peso delle mele che vi nasceranno nell’arco delle primavere, estati e autunni. Questo concetto di piantagione estesa su prati e colli negli ultimi trent’anni ha cambiato radicalmente l’assetto e l’immagine generale del territorio che circonda Merano e che porta il nome di Burgraviato. Sonia Leimer ha metaforicamente filmato due contadini che preparano la corona ornamentale per l’annuale sfilata della giornata del ringraziamento per il raccolto a metà ottobre, la corona della signora Mela ormai dotata di patentino anch’essa...