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Anita sconfinata

Giovedì sera alla Teßmann di Bolzano “Anita Pichler - un incontro”: presentazione dell’ultima delle quattro opere di Pichler a essere tradotta in italiano, “Haga Zussa”.
Anita Pichler - Un Incontro
Foto: Privat
Una serata bilingue, a carattere anche simbolico - organizzata dalle biblioteche provinciali tedesca “Dr. Friedrich Teßmann”, quella italiana “Claudia Augusta” e la civica di Bolzano “Cesare Battisti” - ha ricordato Anita Pichler e presentato la sua opera letteraria. La presentazione era prevista all’esterno, nel cortile delle ex Pascoli, dove si aspetta da anni il Polo bibliotecario condiviso. Il gesto, reso impossibile dal maltempo, alla cosmopolita Pichler probabilmente sarebbe piaciuto.
Al centro della serata “Haga Zussa - L’amante del caso”, pubblicato presso Edizioni alphabeta Verlag nella traduzione di Donatella Trevisan. Per definire l’evento, moderato da Stefano Zangrando, “un incontro”, era essenziale includere non solo la discussione, ma anche la lettura ad alta voce. Quest'ultima ha dimostrato al pubblico presente il “suono e ritmo”, il “flow musicale” dell’opera, come sottolinea la traduttrice. Alla lettura si sono alternate Brigitte Knapp (per il testo originale) e Anika Schluderbacher (per la traduzione), esaltando la messa a fuoco di Trevisan, che non solo ha prestato attenzione alle qualità sonore e ritmiche del testo, ma anche alle poli-semantiche di certe parole chiave. Anita Pichler, che riusciva ad “aprire un orizzonte” e “sconfinare” con il suo linguaggio letterario, avrebbe apprezzato questa resistenza alla tentazione di semplificare, di chiudere orizzonti. Per necessità linguistica a volte sono nuovi gli orizzonti ad aprirsi in questa traduzione. In un certo senso, il testo in Italiano ha un doppio sconfinamento, ammette Trevisan.
 
 
Questo fatto si presenta già nel nuovo sottotitolo dell'opera: “L’amante del caso”, preso dal primo passaggio del romanzo. È la seconda volta, dopo la pubblicazione originaria presso Suhrkamp che “Haga Zussa” cambia nome: pubblicata nel 1986 come “Die Zaunreiterin”, dopo una corrispondenza con l’editore Rainer Weiss, a cui anni dopo dispiaceva la scelta fatta per motivi economici, della quale convinse la riluttante Pichler all'inizio della sua carriera letteraria.
Oltre a Donatella Trevisan e l’amica e curatrice dell’ eredità letteraria Renate Mumelter, presente anche la scrittrice Helena Janeczek, autrice della postfazione italiana per “Di entrambi gli occhi lo sguardo”. Assente, per finire in tempo il suo nuovo romanzo, Sabine Gruber. Janeczek stimava la “precarietà” del linguaggio usato da Pichler, frutto di un “rigoroso lavoro linguistico” e ne trae una “aspra musicalità”. Attribuisce a “Haga Zussa” alti livelli di letterarietà, sebbene l’opera fosse anche fraintesa facilmente, etichettata riduttivamente spesso al territorio e a “qualcosa di femminile”. Mentre erano spesso le donne al centro dei testi di Pichler, la “Frauenliteratur” per lei era un invenzione del mercato, riconoscibile sopratutto negli anni 80 anche come trend di marketing sul mercato letterario tedesco. 
I testi di Anita Pichler, colmi di delicate allusioni mitologiche o autobiografiche e riferimenti sia al canone letterario tedesco, che alla letteratura d’avanguardia, poi non devono essere compresi in tutti i loro strati, devono essere letti (preferibilmente ad alta voce) e sentiti, per usare una parola dal doppio orizzonte. “Haga Zussa” in particolare non si presta a interpretazioni banali, anche per l’assenza di una trama lineare. Al termine della presentazione, il carattere dell'opera di Pichler porta ad altri incontri, scambi di interpretazioni e discussioni all'aperto.
La nuova versione di “Haga Zussa” trova il suo posto anche in un cofanetto completo (uscito anche esso da Edizioni alphabeta Verlag), che comprende le quattro opere per meno di quaranta euro. Inclusi sono quindi “Haga Zussa - L’amante del caso”, “Come i mesi l’anno”, “Le donne di Fanis” (senza i disegni di Markus Valazza, purtroppo) e “Di entrambi gli occhi lo sguardo”. C’è da sperare che Anita Pichler trovi nuovi lettori in questo format.
 
La memoria comunque viene tenuta viva, non solo dalle curatrici dell’eredità letteraria Renate Mumelter e Sabine Gruber, ma anche da altri. Prevista per il 15 febbraio la rassegna delle VBB “Fanes” (titolo provvisorio dell'opera di Anna Gschnitzer), che prende spunto da “Le donne di Fanis”. La figlia di Markus Valazza, Alma, presente all'evento, ha ricordato che è in preparazione anche una mostra sul ciclo di disegni creato in concomitanza con l’opera Fanis di Pichler, per l’estate prossima. Alle idee e parole della scrittrice altoatesina, morta nel 1997, c’è quindi da augurare una vita lunga. Sconfinata.