Environment | L'insetto

Chi conosce lo scarabeo giapponese?

Il coleottero asiatico, dannoso per parchi e coltivazioni, è stato individuato lungo l'A22 in Trentino. I Verdi chiedono una campagna d'informazione per scongiurarne l'arrivo l'Alto Adige.
Japankäfer
Foto: EPPO
  •  “A fine luglio 2024 non è stato ancora rinvenuto in Alto Adige alcun esemplare ufficialmente confermato di scarabeo giapponese”. Così aveva risposto lo scorso 27 agosto la Giunta provinciale a un’interrogazione dei Verdi. Simile per aspetto ad altri coleotteri, lo scarabeo giapponese (Popillia japonica) è un parassita che attacca molte piante, in particolare nelle aree agricole irrigate, in campi sportivi e parchi: dagli alberi come aceri, tigli e olmi, sino alle piante coltivate — mele, pere, albicocche, prugne, viti, rose, more, lamponi, fragole, mais e asparagi. Gli adulti si nutrono di foglie, fiori e frutti, mentre le larve delle radici, fino a causare la morte anche di un intero manto erboso. Secondo il piano d’emergenza nazionale del Ministero dell'Agricoltura, redatto nell'aprile 2024, gli enormi danni economici causati da questo parassita “potrebbero variare dai 30 milioni di euro ai 7,8 miliardi di euro per anno in Europa”.

  • Da Sud a Nord

    In Trentino lo scarabeo ha già fatto la sua prima apparizione. La sorveglianza “rafforzata” sullo scarabeo giapponese, attivata dopo la prima “incursione” nel 2023, ha portato nel mese di luglio di quest’anno all’individuazione di cinque esemplari lungo l’autostrada A22, all’altezza delle stazioni di servizio Nogaredo Est e Paganella Est. A comunicarlo a inizio settembre è stato il Servizio Fitosanitario della Provincia di Trento, che compie i monitoraggi in stretta collaborazione con la Fondazione Edmund Mach, evidenziando come non siano stati comunque identificati focolai. I controlli sono eseguiti sull’intero territorio provinciale trentino, nei siti valutati a rischio sulla base del comportamento da “autostoppista” dell’insetto (viabilità principale, parcheggi, campeggi), attraverso trappolaggi, ispezioni visive, campionamenti e analisi di laboratorio.

    Anche secondo il Land Baden-Württemberg le autostrade contribuiscono alla diffusione (“L’esperienza di Paesi come l'Italia ha dimostrato che il coleottero giapponese può diffondersi naturalmente fino a dieci chilometri all'anno entro i primi anni. Potrebbe essere introdotto attraverso veicoli o con parti di piante come i mazzi di fiori”) mentre a fine luglio il Ministero tedesco all'Agricoltura ha invitato i cittadini a collaborare agli sforzi per tenere sotto controllo l'insetto: “Per prevenire l'introduzione del coleottero, i viaggiatori dovrebbero controllare accuratamente i veicoli e i bagagli prima di tornare da regioni fortemente infestate (Italia settentrionale, Svizzera meridionale). Inoltre, non si devono portare con sé piante, fiori recisi, ortaggi e frutta”.

  • La consigliera provinciale Madeleine Rohrer (Verdi): chiede una campagna d'informazione e sensibilizzazione sullo scarabeo giapponese. Foto: Seehauserfoto

    In Alto Adige al momento non ci sono particolari raccomandazioni per le persone che rientrano da zone infestate. Secondo i Verdi, invece, “un’informazione e sensibilizzazione, ad esempio nelle aree di servizio autostradali, nelle stazioni ferroviarie e all'aeroporto, nonché sui canali social dell'amministrazione provinciale, sarebbe essenziale per proteggere il più a lungo possibile e nel migliore dei modi l'agricoltura altoatesina da questo insetto”. Per questo, nell’ambito della legge di bilancio, la consigliera provinciale Madeleine Rohrer con un ordine del giorno chiede alla Giunta di istituire un gruppo di lavoro composto da esperti del settore agricolo, scientifico, delle autorità competenti e dei comuni per elaborare misure specifiche per l'Alto Adige per contrastare la diffusione dello scarabeo giapponese nonché di un'ampia campagna informativa "sull'esistenza, i pericoli e la prevenzione del coleottero giapponese, al fine di evitare la diffusione del parassita e quindi danni ingenti all'ambiente e all’agricoltura”.