(Servirebbe) Un colpo di fortuna
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**1/2
Alzo la mano: dopo l’imbarazzante To Rome with Love ero tra quelli convinti che Woody Allen fosse ormai bollito. Solo che l’anno successivo è arrivato Blue Jasmine e al secchio lo scetticismo. Da allora è trascorso un decennio, i film del regista di Annie Hall usciti nel frattempo sono una sfilata di (mezze) idee quasi tutte insipide, gli anni sulla patente sono oggettivamente 88. Per cui grazie di tutto Woody, va bene così.
Cos’è
Coup de Chance (Un colpo di fortuna), cinquantesimo film di Woody Allen e primo girato in lingua francese, racconta la storia, ambientata a Parigi, di Fanny e Jean (Lou de Laâge e Melvil Poupaud), una coppia felice e innamorata. Lui è un odioso e venale manager di successo, lei lavora in una lussuosa casa d’aste.
L’equilibrio salta quando Fanny incontra Alain (Niels Schneider), un vecchio compagno del liceo ora scrittore, da sempre invaghito di lei, con cui inizia una relazione clandestina. A un certo punto Jean comincia ad avere dei sospetti sulla moglie e ingaggia un investigatore privato. Quando scopre la verità emerge il suo lato più oscuro. Da lì in poi il film segue il suo corso prevedibile, dove l’infedeltà e le bugie portano al disastro annunciato.
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(c) YouTube
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Com’è
È un altro racconto sul caso e il destino beffardo à la Match Point, una variazione sulle riflessioni di Allen in merito all’etica, la colpa e l’espiazione – con gli stessi pigri luoghi comuni da giallo bourgeois. La creatività però si è esaurita, l’arguzia pure, la scrittura (vero marchio di fabbrica del regista newyorkese) è sciatta, i personaggi irritanti, il finale “a sorpresa” banale, e l’ironia che potrebbe salvare la baracca è assente ingiustificata. Senza contare anche i piccoli errori di continuità con l’azione che si svolge nell’arco di circa sei mesi ma che sembra essere stata tutta girata nel mese di ottobre (forse per celebrare in loop la fotografia autunnale di Vittorio Storaro), a parte una breve ripresa esterna della casa di campagna, in piena estate.
In sostanza Allen si diverte a fare le solite cose, con il classico buon uso della suspense e con qualche piccola innovazione ai margini, come la decisione di girare in francese, lingua che il regista di Manhattan ammette di non parlare ma che non gli ha impedito di ottenere buone interpretazioni da parte del cast principale. La storia, malgrado tutto, è coinvolgente e Coup de Chance è in fondo forse il più coeso degli ultimi lavori di Allen, il punto è che non c’è nulla che non abbia già fatto prima, e meglio.
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