“Whatever it takes” per il clima?
Europeismo, atlantismo, ambientalismo: sarebbero queste le parole chiave, i “punti determinanti” nel programma del governo che l’ex-presidente della BCE Mario Draghi si accinge a formare. Un programma incentrato, quindi, anche sulle questioni ambientali. Quelle care al Movimento 5 Stelle, che per bocca del suo fondatore Beppe Grillo ha chiesto al Presidente del Consiglio incaricato un “super-Ministero per la transizione ecologica, come hanno Francia, Spagna, Svizzera e altri Paesi. Ce lo gridano la natura, l'economia, la società”. Il nuovo ministero è menzionato anche nel quesito per il voto sulla piattaforma Rousseau attraverso cui il M5S dovrà dare il via libera al governo.
Ma quanto vale l’ambiente per Draghi? Tra le consultazioni con le parti sociali, Draghi ha inserito ieri (10 febbraio) anche i rappresentanti di Legambiente, Wwf e Greenpeace Italia, per la seconda volta nella storia della repubblica italiana. “L'emergenza climatica non è mai stata vista come una priorità – ha dichiarato dopo l'incontro il presidente di Greenpeace Italia, Ivan Novelli – ma ora si va nella direzione opposta, con la nascita di un Ministero per la transizione ecologica. Come Greenpeace abbiamo posto il tema dell’energia, per un rilancio serio delle rinnovabili e per non alimentare più gli investimenti nei combustibili fossili”.
È “un segnale piccolo ma significativo dell’attenzione al tema” scrive Domani. Secondo il quotidiano “la politica ambientale del governo Draghi è una questione di credibilità internazionale per l’Italia” e non solo per la gestione dei fondi del Recovery Plan: “Con la presidenza del G20 e l’organizzazione della Cop26 all’Italia è richiesto un salto di leadership”. Dello stesso avviso è la vicepresidente della Commissione ambiente alla Camera Rossella Muroni: “Draghi sa che il Next Generation Eu dedica il 37% delle risorse alla transizione verde. E sa che nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza sarà necessario indicare quali misure verranno finanziate per la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030”.
La lettera dei Fridays for Future Italia
Anche il movimento dei Fridays for Future (FFF), in una lettera indirizzata a Draghi, ricorda al premier incaricato gli appuntamenti del G20 e con la COP26, “forse la conferenza per il clima più osservata di sempre, dopo che milioni e milioni di persone sono scese in piazza a chiedere azioni e giustizia climatica.”. Secondo i Fridays “nel 2021 l’Italia è chiamata a fare la Storia: far sì che il clima e l’ambiente innervino ogni aspetto dei fondi Next Generation EU”.
“Come per la gestione della pandemia – scrive l'organizzazione ambientalista – anche per la crisi climatica dobbiamo appoggiarci alla miglior scienza di cui disponiamo, che da anni ci indica le misure da intraprendere per seguire un percorso sicuro per restare sotto +1,5°C di aumento di temperatura media globale. Proprio assieme a scienziati ed esperti abbiamo scritto Ritorno al Futuro, un progetto per una ripartenza sostenibile, equa e in grado di affrontare le tre crisi che stiamo vivendo: climatica, sanitaria ed economica”.
Infine i giovani ambientalisti si rivolgono direttamente a Draghi: “Abbiamo sentito rievocare molte volte il Whatever it takes, passato alla storia come 'la frase che ha salvato l’Euro'. Lo scorso agosto, lei ha detto che 'privare i giovani del futuro è la più grande forma di disuguaglianza'. Il suo governo agirà per non privarci del nostro futuro, e garantire giustizia climatica, per non far pagare queste crisi ai più fragili? Non c’è più tempo per fare il possibile, va fatto il necessario, Whatever it takes. La sentiremo citare di nuovo, tra un po’ di anni, come la frase che ha salvato il clima?”.
“No a cambiali in bianco”
“Il tema ambientale è entrato nel dibattito parlamentare, una cosa positiva di cui noi Fridays ci prendiamo anche un po’ il merito. A mia memoria non si è mai parlato di ambiente nella formazione di un governo” spiega a salto.bz Zeno Oberkofler, esponente dei Fridays for Future del Sudtirolo.
“Per noi – prosegue – conta di più vedere la prova dei fatti, e in questo caso la prova del nove sarà il Recovery Fund. Quegli investimenti decideranno se rispetteremo gli Accordi di Parigi oppure no; lì capiremo se l’intento di una svolta ambientale e della decarbonizzazione dell’economia sia reale, oppure solo per abbellire il proprio incarico. Si investirà nel ponte sullo stretto oppure nell’eolico? Valuteremo i passi programmatici di Draghi partendo dalle proposte del Recovery, non firmiamo cambiali in bianco”.
Il tema ambientale è entrato nel dibattito parlamentare, una cosa positiva di cui noi Fridays ci prendiamo anche un po’ il merito.
Positiva, per Oberkofler, è la presenza delle associazioni ambientaliste alle consultazioni. Ma c'è un però: “Bisogna capire come sarà composta la maggioranza. Se sarà sostenuta da forze che hanno votato contro gli accordi di Parigi, da chi difende il capitalismo fossile, non potrà esserci una vera svolta in senso ambientale. Si pensi alla strategia di ENI, assolutamente anacronistica, coi quali non si potranno mai rispettare gli obiettivi di Parigi. Inoltre secondo la Commissione europea il Piano nazionale per l’energia e il clima non è conforme agli obiettivi che si è posta per la carbon neutrality entro il 2050”.
E cosa dire di un Ministero per la transizione ecologica? “Non è il nome a fare la differenza – risponde Oberkofler – le politiche ecologiche riguardano tutti gli ambiti. Si pensi per esempio al ministero delle infrastrutture e trasporti o a quello per lo sviluppo economico: come gestiamo l’ILVA di Taranto? La manteniamo così o puntiamo su una riconversione ecologica? Bisogna integrare le politiche ambientali in tutti gli ambiti”.
Anche in Alto Adige, secondo i Fridays, occorrerebbe una svolta: “Siamo rimasti delusi dai progetti scelti dalla giunta provinciale che potrebbero essere finanziati col Recovery. Dovremmo intraprendere un cambiamento, invece hanno tirato fuori progetti vecchi. Non tutto è negativo, ma se nel capitolo dell’ambiente si citano i bacini per l’innevamento artificiale non si va nella direzione d’un turismo sostenibile, quando l’aumento delle temperature non renderà più possibile un turismo invernale di massa. Servono obiettivi più ambiziosi”, conclude l’esponente altoatesino dei Fridays for Future.