Bocciata la mozione revisionista
Nella seduta del consiglio comunale di Bolzano del 9 marzo, la maggioranza dell’aula ha bocciato i quattro punti della discussa mozione contro tutti i totalitarismi, presentata dal capogruppo in consiglio di Fratelli d’Italia Alessandro Forest dopo che la stessa mozione era stata approvata parzialmente all’interno del consiglio regionale. L’iniziativa di Fratelli d’Italia non è unica del suo genere ma fa parte di una strategia ben più ampia messa in campo dalla destra nazionalista di far approvare dai consigli delle varie città documenti di questo tipo, molto simili nei toni e nei contenuti. La mozione in questione ricalca la contestata Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa che equipara fascismo, nazismo e comunismo. “Un’operazione intellettualmente confusa e politicamente scorretta – l’aveva definita l’allora presidente del Parlamento Europeo David Sassoli – e se riferita alla Seconda guerra mondiale, rischia di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici”.
Grazie anche alle parole dello storico Andrea di Michele intervistato da salto.bz, che per buona parte hanno orientato il dibattito in aula, è stato riconosciuto (a differenza di quanto avvenuto in Regione) il carattere strumentale della mozione di Fratelli d’Italia, rigettata dalla maggioranza che si è divisa in astenuti e contrari.
Lungo e non privo di tensioni il dibattito in consiglio che ha preceduto il voto di quella che il consigliere dei Verdi Rudi Benedikter ha definito un'operazione revisionista da parte della destra. “Mi viene il mal di pancia quando vedo iniziative di questo tipo – ha invece detto il consigliere comunale Matthias Cologna che ha riportato in aula una parte delle argomentazioni di Di Michele – intravedo un significato strisciante che non mi piace”.
Conosciamo e non stupisce il gioco del carciofo di certe forze politiche, storicamente contro le istituzioni europee salvo poi tirare fuori direttive a proprio uso e consumo
“Legittima la proposta, legittimo contestarla – ha commentato Primo Schönsberg –. Conosciamo e non stupisce il gioco del carciofo di certe forze politiche, storicamente contro le istituzioni europee salvo poi tirare fuori direttive a proprio uso e consumo”.
Scetticismo anche dai banche del centrodestra. Claudio Della Ratta ha sottolineato di non essere in grado di dare una valutazione complessiva, perché si tratta di una discussione troppo grande anche per lui, ma su una cosa è certo: “Tutti i totalitarismi sono da condannare ma non tutti sono uguali perchè quello che ha fatto il nazismo mi fa accapponare la pelle”.
Stefania Baroncelli ha fatto notare, con le parole di Sassoli, che comparare Stalin a Hitler sia un’autentica forzatura, ricordando che “la nostra costituzione era nata grazie a diversi partiti, compresi i comunisti, che hanno portato il loro contributo”.
“Voi sapete che per lavoro mi occupo di queste cose – ha ricordato Alessandro Huber –. Tra una settimana sarò ad Auschwitz, che qualcuno ha riempito e qualcun altro ha svuotato, mettendo a rischio la propria vita e che per questo io non metterò mai sullo stesso piano”.
Roberto Zanin si è invece schierato a favore dell’equiparazione tra nazismo e comunismo dal momento che “noi siamo liberali e per questo non è un grande sforzo”.
Non sembra sia di casa, in Fratelli d’Italia, il senso della misura, dal momento che Stefano Stagni ha dichiarato che non è di suo interesse decidere cosa sia stato peggio tra Auschwitz e le foibe, mentre Anna Scarafoni, che ha esordito con “il Fascismo è finito nel 1943”, ha dimostrato di avere bisogno di un urgente ripasso della storia. Lezione concessa subito dopo dal sindaco Renzo Caramaschi, che ha ricordato alla consigliera di aver dimenticato quella che è stata la drammatica esperienza della Repubblica Sociale di Salò e l’alleanza con i nazisti. “Se non fossimo contro tutti i totalitarismi credo che non saremmo qui – ha detto il Primo cittadino –. Io ho giurato con la fascia tricolore sulla Costituzione, un documento supremo dello Stato che indica la via repubblicana e frutto di un ventennio di oppressione. Non devo dichiarare nulla di più e pertanto mi rifiuto di firmare un documento di questo tipo. Quello che fa male è che si vuole condannare tutto, ma poi a certe ricorrenze non ci si fa mai vedere. Anche a me – ha concluso Caramaschi – sembra tutto molto strumentale”.