Salviamo Mohammadi dalla pena di morte

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Una nuova richiesta, dopo quella inviata lo scorso anno, che fa seguito alla notizia che la sezione 39 della Corte Suprema iraniana ha confermato la pena di morte per Sharifeh Mohammadi.
Mohammadi era stata arrestata nel 2023 “con l’accusa inconsistente di ribellione armata per le sue attività legate alla difesa dei lavoratori. Durante il periodo di detenzione, trascorso per la massima parte in isolamento, ha subito torture psicologiche e fisiche e le è stato vietato di avere contatti persino con la famiglia”, scrivono i sindacalisti. La condanna era stata sospesa a ottobre dello scorso anno, ma ora è stata riconfermata.
Anche la Confederazione sindacale internazionale (CSI), in inglese International Trade Union Confederation (ITUC), la più grande federazione sindacale del mondo ha scritto all’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL): “Il governo dell’Iran non ha cessato la repressione sistematica dei diritti tutelati dalle convenzioni OIL contro gli attivisti sindacali, in questo caso un’attivista donna. Sollecitiamo il governo dell’Iran a far cadere le accuse contro tutti i sindacalisti detenuti e gli altri difensori dei diritti umani per l’esercizio dei loro diritti, tutelati dalle convenzioni OIL e dalle libertà civili. Il governo dell’Iran deve rispettare i suoi obblighi ai sensi della Costituzione dell’OIL, della Convenzione n.111 e delle conclusioni degli organi di controllo a riguardo”.
L’OIL è l’unica Agenzia delle Nazioni Unite ad avere una funzione normativa e il sistema di norme internazionali del lavoro rappresenta la pietra miliare dell’Organizzazione. L’adozione di norme internazionali del lavoro è un processo unico che coinvolge i rappresentanti dei governi, dei datori di lavoro e dei lavoratori di 187 paesi.
“In Iran – hanno ancora sottolineato Cgil, Cisl e Uil nella lettera – da decenni gli attivisti per i diritti dei lavoratori subiscono una repressione letale. Il 1° maggio di quest’anno il Center for Human Rights nel Paese asiatico ha informato che sono 19 gli attivisti sindacali ancora in carcere e centinaia le esecuzioni capitali dall’inizio dell’anno”.
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