Perché Mosca guarda a Bolzano?
Cultura ed energia. Insolito binomio che ha portato, alcuni giorni fa, alla sottoscrizione di due accordi tra la Provincia di Bolzano e Vladimir Jakunin. Quest’ultimo nella duplice veste di presidente del Centro Borodina e di presidente delle Ferrovie russe. Niente meno. Il primo documento, siglato pure dal sindaco di Merano Günther Januth, impegna la città del Passirio a cedere alla Provincia lo storico complesso di Zarenbrunn, attorno al quale, fin dalla fine dell’800, si è coagulata la comunità russo-meranese. La struttura sarà successivamente destinata al “Centro per lo sviluppo dei rapporti tra la Provincia autonoma di Bolzano e la Russia Nadezhda Ivanovna Borodina”, associazione fondata nel 2009.
Di carattere scientifico ed economico è il secondo accordo firmato da Provincia di Bolzano e Ferrovie russe. Al centro dell’attenzione l’idrogeno, la sua produzione e il suo utilizzo. Quanto ai contenuti dell’accordo “non si tratta della produzione di idrogeno, quanto delle sue possibili applicazioni”, precisa Walter Huber, direttore dell’Istituto per le Innovazioni Tecnologiche e responsabile del nuovo impianto di Bolzano Sud. Il fatto che una superpotenza come la Russia guardi all’Alto Adige per condividere conoscenze tecnologiche nel campo iperstrategico dell’energia è certamente sorprendente. Come spiega Huber, i russi sono attualmente interessati al buon funzionamento dei locomotori (“quelli che rimorchiano i vagoni nelle stazioni, non quelli che viaggiano su lunghe tratte…”). “Il loro problema principale sono gli inverni lunghi e rigidi, le temperature molto basse, una situazione per nulla adatta per il diesel. Le macchine non si possono spegnere, devono rimanere in funzione 24 ore su 24, anche quando non lavorano. Altrimenti il motore va incontro a problemi e serve un’ora per riavviarlo…”
Così nello scorso mese di luglio tre ingegneri delle Ferrovie russe sono stati alcuni giorni a Bolzano, dove si sono esaminate le possibili soluzioni. “Sono molto interessati al nostro know-how in questo settore…” Ok, ma in concreto, in cosa consiste la collaborazione?” Huber mette le mani avanti: “Non posso entrare troppo nei dettagli…” Nemmeno un esempio? “Beh, abbiamo fatto uno studio di fattibilità per vedere se aggiungendo dell’idrogeno al diesel, questo può aumentare l’efficienza dei motori… In gran parte lo fa, perché l’idrogeno aiuta il diesel a bruciare in modo molto più efficiente. Questo permetterebbe di ridurre la quantità di carburante da utilizzare, conservando però la tradizionale efficienza del locomotore. Bisogna studiare in modo più approfondito se sarà il caso di fare queste aggiunte di idrogeno o se non si meglio fare un passo in avanti, allestendo un locomotore che funzioni a idrogeno puro…”
Il possibile interesse russo è ora più chiaro. Ma la Provincia d Bolzano cosa ci guadagna? “Anche per noi – dice Huber – la combinazione di idrogeno e diesel può avere molte applicazioni: sui tir, sui trattori, per altri mezzi. Secondo alcune ricerche condotte in Germania si tratta di interventi che si riescono ad ammortizzare in un anno o un anno e mezzo. Perciò la cosa è molto interessante: sono investimenti che diventano redditizi in poco tempo”.
L’impianto di Bolzano Sud per la produzione di idrogeno entra in piena produzione in febbraio o marzo. Andrà in primo luogo a rifornire i cinque autobus a idrogeno già esistenti a Bolzano. Poi, a metà dell’anno prossimo, dieci auto saranno messe a disposizione del pubblico. Sarà possibile noleggiarle allo stesso costo di una macchina tradizionale della classe corrispondente. “Ad esempio delle ditte potranno usare le auto per farsi della pubblicità, dimostrando di essere interessate all’ambiente e alle innovazioni”. Un’ulteriore applicazione è prevista nell’ambito del progetto Sinfonia (che ha l’obiettivo di ridurre del 40 per cento il consumo di energia primaria a Bolzano in cinque anni). “Si tratta di vedere se è possibile aggiungere idrogeno al metano per il teleriscaldamento”.
L’idrogeno è la nuova frontiera? “Sì – dice Huber – però facciamo un passo alla volta. E come Istituto non cerchiamo crescere troppo. Vogliamo piuttosto coinvolgere le ditte locali a collaborare in questo settore. È anche un loro vantaggio creare nuovo know-how”. Una collaborazione tra pubblico e privato dove il pubblico fa un po’ da stimolo del privato? “Esatto”. Dottor Huber, lei è ottimista? “Sì, certo. Siamo ancora all’inizio, ma vedo prospettive interessanti”.