Politics | Sistemi elettorali

Primarie, tristi e solitarie

Perché votare prima del voto.

Immagino, ancor prima di iniziare a scrivere, l'obiezione di qualche lettore giustamente critico: "ma come, parlare di primarie adesso che, anche a Bolzano, non le vuole più nessuno?"

Obiezione sicuramente fondata, visto che l'uscita della segretaria PD Liliana Di Fede e della sua sorridente direzione a favore di un ciclo completo di elezioni primarie per selezionare il prossimo candidato sindaco del centro-sinistra è andata ad afflosciarsi contro un muro di gelida indifferenza da parte dei potenziali alleati e contro un'ostilità appena attenuata da un filo di cortesia da parte di tutti gli esponenti di rilievo della sua stessa formazione politica (ma si parlano, tra di loro, in quel partito?).

La questione tuttavia si presenta in modo tale da non lasciarsi spazzare via facilmente dal tavolo della politica bolzanina da qui alle elezioni di primavera. Tanto vale dunque affrontare l'argomento.

In linea generale il tema delle primarie ci arriva direttamente dall'esperienza politica americana. Per decenni gli italiani, saldamente ancorati ad un sistema elettorale quasi totalmente proporzionale, hanno seguito con trasporto, in televisione e sui giornali, il racconto delle campagne elettorali presidenziali, con il dipanarsi delle varie elezioni nei vari Stati dell'unione, sino ai trionfali festeggiamenti delle convenzioni nelle quali i due grandi partiti incoronano il loro candidato. Non è parso vero, a molti, di potersi gettare, all'indomani della rivoluzione del 1994 che ha introdotto anche in Italia il sistema maggioritario e l'elezione diretta di sindaci e presidenti di regioni e province, nell'avventura delle elezioni primarie. Accolte con vivo sospetto, almeno in un primo momento, dall'apparato dei partiti, poco disposto a farsi scavalcare nelle scelte cruciali dalla volontà popolare, le primarie sono comunque restate "terra incognita" per tutto il mondo del centrodestra votato alla fedeltà cieca, pronta e assoluta al Caudillo Berlusconi e alle sue scelte. Hanno preso piede progressivamente nel centro-sinistra, alla disperata ricerca di personaggi nuovi in grado di catturare i favori popolari. Negli ultimi anni, si pensi all'ascesa di Renzi, sono diventate, soprattutto nel PD una sorta di feticcio politico, utilizzato non solo per selezionare i candidati a qualche carica ma anche per decidere gli equilibri interni del partito. Adesso, come si diceva in apertura, l'entusiasmo pare grandemente scemato, visti gli inenarrabili pasticci che proprio l'uso e l'abuso delle primarie hanno provocato. Il caso del sindaco di Roma è solo l'ultimo di una lunga serie. Clamoroso a livello regionale, l'esempio della Liguria che, nella primavera scorsa, è stata regalata al centrodestra proprio a causa dei pasticci combinati con le elezioni primarie. In altri casi la passione del Partito Democratico per questo tipo di consultazione ha prodotto delle sconfitte interne piuttosto brucianti. Si pensi solo ai casi di città amministrate dal centro-sinistra, ma dove il sindaco è stato espresso da realtà diverse da quella del PD: Pisapia a Milano,Doria a Genova, de Magistris a Napoli. L'impressione è che in futuro lo strumento sarà usato con molta maggior prudenza.

In Alto Adige l'utilizzo delle primarie è stato quasi inesistente sino ad un paio d'anni fa. Vincolato al proporzionale il sistema elettorale del consiglio provinciale, i candidati sindaci per i comuni sono quasi sempre stati espressi dal sistema dei partiti o, per meglio dire, di un solo partito, la Suedtiroler Volkspartei. A Bolzano si è preferito pescare nel serbatoio della cosiddetta società civile dal quale sono usciti sia Giovanni Salghetti che Luigi Spagnolli. Le primarie sono diventate improvvisamente di gran moda negli ultimi tempi  proprio nella SVP che le ha utilizzate sia per formare la lista in vista delle provinciali dell'autunno 2013 sia per individuare i candidati alle comunali della primavera scorsa. Anche qui l'esito è stato diverso a seconda dei casi. In alcune occasioni il sistema ha funzionato, ma non azzardatevi ad andare a parlare di primarie nella sede della Suedtiroler Volkspartei di Merano. Rischiereste di esser preso a male parole e forse anche a bastonate. Nella città del Passirio il candidato SVP, uscito trionfante dalle primarie è stato letteralmente massacrato al ballottaggio dall'avversario che i Verdi avevano individuato senza bisogno di dover ricorrere alle consultazioni della base.

Sin qui la storia. Ora si tratterebbe di vedere in che modo questo strumento, avvincente ma pericoloso, potrebbe essere utilizzato nella competizione politica che da qui alla prossima primavera condurrà alla nomina di un nuovo sindaco di Bolzano.

Quelle proposte dalla segretaria del PD Liliana Di Fede, è giusto ricordarlo, sono primarie di partito. In pratica le candidature interne ai democratici dovrebbero essere sottoposte al vaglio di un voto popolare allargato, par di capire, anche ai non iscritti. Il candidato così selezionato potrebbe doversi sottoporre ad un secondo turno di primarie cosiddette "di coalizione" nel caso in cui una coalizione venisse formata e gli alleati lo richiedessero. I vantaggi e svantaggi di questo sistema sono presto evidenziati: da un lato c'è la possibilità di costruire una candidatura unitaria su un personaggio che si è fatto conoscere dai potenziali elettori e che ha avuto la possibilità di elaborare in questo modo un programma. Dall'altro c'è il rischio, il caso Merano insegna, che la selezione non vada a premiare la persona giusta da lanciare nell'unica competizione che conta: quella finale per il posto di sindaco.

A Bolzano poi c'è un altro elemento che sicuramente tutti i partiti terranno ben presente quando dovranno fare le loro mosse. È ormai abbastanza chiaro che, o con il simbolo della stella alpina o con quello di una lista civica (mossa rischiosissima, quest'ultima), la Suedtiroler Volkspartei si presenterà con un proprio candidato al primo turno delle elezioni, attendendo di vedere i risultati prima di fare ulteriori mosse in direzione di un'alleanza con i partiti italiani. È il nuovo stile "blockfrei" che presuppone scelte fatte anche in base alla personalità dei candidati con cui stringere alleanza. Se ad esempio il sistema delle primarie portasse il centro-sinistra a preferire un candidato simpatico alla base, ma impossibile da digerire per i vertici SVP, che si dovrebbe mai fare? Rinnegare le primarie o rinunciare all'alleanza strategica?

È  più o meno lo stesso il dilemma che tormenterà questa fase preelettorale anche nel centrodestra bolzanino. Un campo politico nel quale la passione delle primarie, come abbiamo detto sopra, non ha mai particolarmente attecchito. Anche qui però la speranza di poter cancellare un'esclusione storica e arrivare a conquistare il governo della città è legata sostanzialmente alla possibilità di individuare un candidato che non solo possa raccogliere i voti e i consensi di tutto il variegatissimo schieramento, ma che possa poi andare al ballottaggio con la speranza di non andare a sbattere nel "nein" di via Brennero che rimandò a casa Giovanni Benussi.

Mentre nel caso del centro-sinistra a pesare sarebbero soprattutto considerazioni di tipo ideologico, qui il discrimine passa chiaramente per le posizioni in tema di confronto etnico. Da questo punto di vista il candidato ideale sarebbe sicuramente quello della Lega Nord, che oltre ad essere, in questa fase, il partito di maggior peso nell'ambito del centrodestra bolzanino, può vantare anche ineccepibili credenziali di sicuro autonomismo. Ci sono è vero altre posizioni dei leghisti, in campo sociale ad esempio, che destano perplessità, ma forse potrebbero anche essere superate. Il problema è che quelle stesse credenziali autonomiste che possono essere fatte valere con il partito di raccolta sudtirolese divengono pecche inaccettabili proprio per gli alleati del centrodestra italiano.

Come a dire che, primarie o non primarie, i problemi a Bolzano e in Alto Adige, restano sempre ancorati al vecchio scontro etnico.