Chi si rivede: la democrazia diretta!
È del 1504 lo statuto – la “Regola” – del Comune di Calavino nella valle dei Laghi. Uno tra le decine di statuti entrati in vigore in quegli anni nel Trentino. 85 capifamiglia del paese votarono allora direttamente i 27 articoli che definivano l’uso dei beni comuni della territorio: pascolo, malghe, bosco, acqua, pesca, manutenzine delle strade. Beni comuni, decisioni comuni, responsabilità comuni. Nell’assemblea generale, convocata almeno una volta all’anno l’11 di novembre, si votava e si decideva; una famiglia, un voto. Conteggio in caso di scelte alternative con un grano di frumento o un grano di orzo raccolti in un cappello. L’organizzazione amministrativa del Comune era affidata a cittadini (“vicini”) scelti a rotazione annualmente con un successivo periodo di ineleggibilità di 7 anni. Una forma di democrazia diretta e responsabile, abolita nel 1806 durante l’occupazione franco-bavarese in quanto ritenuta espressione di “illecite combriccole di popolo”, ma praticata ugualmente come tradizione consolidata. Recepita poi nel 1849 nella legge comunale austriaca: “libero Comune, pilastro dello Stato libero”. L’attuale ricerca di nuove forme di democrazia, diretta e delegata, non dovrebbe trascurare le nostre buone esperienze di autogoverno del passato. Le ha studiate con grande interesse anche la compianta economista Elinor Ostrom., che si è meritata il premio Nobel proprio sul tema delle “regole” per la gestione dei beni comuni.
(Da: Mariano Bosetti “Alla ricerca della identità storica della Valle dei Laghi”)
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