Malerba prima della realtà
Venerdì 12 maggio, alle ore 18.00 presso la Biblioteca Civica di Bolzano, i docenti di letteratura italiana Giovanni Ronchini e Giovanni Accardo presenteranno l'importante e prestigioso volume che compendia la produzione letteraria di Luigi Malerba (1927-2008). Saranno presenti anche la moglie e la figlia dello scrittore. Abbiamo chiesto a Giovanni Accardo di aiutarci a comprendere l'importanza dell'operazione e a schizzare un profilo dell'autore.
Il Meridiano dedicato a Luigi Malerba giunge a quasi dieci anni dalla sua morte. Come si concilia questo tipo di canonizzazione – che ne fa in un certo senso un “classico” – con la sua carriera di scrittore appartenuto alla stagione della neoavanguardia?
Malerba, pur partecipando al convegno di Palermo del 1963 (dove, fra l'altro, viene messo in scena il suo atto unico Qualcosa di grave), è tra i pochi, se non l'unico, a non intrecciare la propria attività creativa con prese di posizione teoriche che magari precedano la nascita dell’opera, com’è accaduto a molti scrittori e poeti della neoavanguardia. Egli, come accade ad Antonio Porta per la poesia, non è interessato alla sperimentazione fine a se stessa e anche nel romanzo più arditamente sperimentale come Salto mortale, non si dimentica mai che scrive per un lettore; perciò i suoi romanzi non diventano mai costruzione di un universo puramente verbale che assorbe in sé la realtà sino a farla scomparire. Peraltro Malerba, pur ritenendo il realismo una truffa, ha denunciato diversi mali della contemporaneità: l’inquinamento, l’alienazione, la corruzione politica, gli arbitri del potere, lo svilimento della lingua italiana. Tutto ciò fa di lui uno scrittore che travalica le mode e le epoche storiche. E anche quando ha affrontato il romanzo storico, l’ha fatto in modo originale, cioè non un romanzo costruito su fatti accaduti o documentati; al contrario, molto spesso si è trattato di una reinvenzione del passato al di fuori dei significati stabiliti dal tempo, aprendo piuttosto la storia all'ambivalenza e al dubbio.
Quali sono stati i criteri seguiti da Giovanni Ronchini nella compilazione del volume?
Poiché Malerba è stato uno scrittore fertilissimo, autore di numerosi libri di romanzi e racconti, alcuni di essi destinati ai bambini e ai ragazzi, Ronchini si è trovato nella necessità di operare delle scelte radicali, dovendo scegliere solo otto titoli. Ha seguito un criterio cronologico più che di gusto, per dare conto dell’opera dell’autore in un arco di tempo che va dal 1963, anno dell’esordio, al 2006, quando è uscito l’ultimo romanzo. In tal modo il lettore ha modo di seguire i mutamenti stilistici che hanno attraversato la scrittura di Malerba, scrittore impossibile da incasellare in un genere letterario e i cui romanzi sono spesso difficili da riassumere, pur essendo estremamente godibili da leggere, anche per il registro comico che caratterizza molti di essi. Nella recensione al Meridiano che ho scritto per la rivista “Fillide”, suggerisco poi altri otto titoli, tra quelli esclusi, che potrebbero far parte di un secondo volume.
Parliamo della storia degli effetti, cioè della rilevanza di Malerba come autore per altri scrittori. Quali sono a suo avviso i “malerbiani” di oggi?
Nel mio saggio sulla fenomenologia del comico in Malerba ho individuato molte consonanze con i libri del primo Gianni Celati (Le avventure di Guizzardi e La banda dei sospiri), soprattutto per l’uso dissacratorio del registro comico, in molti casi prossimo al grottesco, e per la le scelte stilistiche. Ma diversi autori della scuola emiliana sono debitori a Malerba, alcuni, come Paolo Nori e Ugo Cornia, l’hanno anche apertamente dichiarato, ma trovo malerbiani anche Cavazzoni e Benni, Benati e Colagrande, cioè quegli scrittori che usano un registro comico e visionario, per certi versi surreale.
Malerba è stato anche un autore d'impegno civile. Ci ricorda i tratti salienti di questo aspetto del suo lavoro?
L’impegno civile e politico è facilmente rintracciabile nella sua opera, persino nei libri destinati ai ragazzi, come ad esempio Mozziconi, in cui l’omonimo protagonista è arrabbiato con i ministri “ruboni e peculoni”. Ma tale impegno si è espresso in pubbliche prese di posizione contro le malefatte del potere politico, da cui talvolta lo scrittore ha subìto sotterranee censure; esemplare in tal senso la lettera del 24 luglio 1996 indirizzata ad Andreotti dalle colonne di “Repubblica”, per invitarlo a scrivere il romanzo della propria vita e raccontare finalmente la verità. Il gusto per la libertà ha spinto Malerba a criticare aspramente anche il mondo editoriale, di cui ha denunciato le concentrazioni editoriali; proprio per questa ragione, nel 1972, promosse la nascita della Cooperativa Scrittori, progetto in cui coinvolse diversi scrittori e intellettuali. Il primo volume fu pubblicato nel 1973, la Relazione della Commissione parlamentare antimafia, tremila pagine divise in tre volumi, contenenti, come ci ricorda Giovanni Ronchini, per volontà dello stesso Malerba, l’indice dei nomi di tutti i politici implicati in relazioni con la criminalità organizzata. Ma ha anche subìto tre processi dal Comune di Orvieto per avere preso pubblicamente posizione contro la distruzione del paesaggio.
Lei è un esperto di Malerba, gli ha dedicato anche la tesi di laurea. Quali furono i motivi del suo interesse per lo scrittore emiliano?
Sono arrivato a Malerba leggendo casualmente un romanzo del 1992, Le pietre volanti, mi piacque molto l’ambientazione distopica, l’eleganza della scrittura, il desiderio del protagonista di fare ordine nel Caos del mondo, ma scoprendo ben presto che caos è l’anagramma di caso e che viviamo in un mondo il cui unico senso appare sempre più il non senso e la ripetizione casuale. E poi il continuo gioco di rimandi tra i personaggi, la labilità delle loro identità, e infine la dichiarazione di poetica del pittore protagonista: “Io non copio la realtà ma la creo o addirittura l’anticipo”.
Se dovesse dare un consiglio a chi volesse accostarsi per la prima volta a Malerba quale testo proporrebbe? E perché proprio quello?
Gli direi di iniziare con il libro di esordio, La scoperta dell’alfabeto, perché sono racconti di facile lettura ma in cui si avverte subito, come scrive Francesco Muzzioli, che è lo strano e non il tipico la loro peculiarità. Lo ‘straniamento’, infatti, viene assunto come procedimento distanziante nei confronti del reale, come rifiuto dello statuto ordinario della realtà. Il lettore trova subito in questi racconti il registro comico che caratterizzerà molte opere di Malerba, una comicità spesso sottilissima, costruita sull’assurdo e con cui denuncia la convenzionalità della lingua. Gesti e parole, cioè, si svuotano della loro oggettiva consistenza per aderire solamente all’irrazionale coerenza dell'immaginario.