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Quel che resta della legge

Prova del nove per la legge elettorale da ieri in discussione in consiglio provinciale. Le opinioni di Movimento 5 Stelle, L'Alto Adige nel cuore, Bürgerunion e Pd.
Südtiroler Landtag
Foto: Südtirolfoto/Othmar Seehauser

Ci siamo. La legge elettorale - o quello che ne è rimasto dopo i vari stravolgimenti come ad esempio lo stralcio, dal testo, delle soglie di sbarramento e dell’elezione di alcuni consiglieri su liste bloccate - è approdata ieri (11 maggio) in aula a Bolzano. Lungo si prevede il dibattito anche se spazio di manovra per modificare la norma non ce n’è considerato il fatto che Svp e Pd hanno blindato l’intesa sulla legge. 3 le relazioni di minoranza (di Ulli Mair dei Freiheitlichen, di Brigitte Foppa dei Verdi e di Miryam Atz Tammerle di Südtiroler Freiheit), un centinaio gli emendamenti, 30 dei quali presentati dal consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle Paul Köllensperger. La sua è una delle voci che abbiamo raccolto sul tema della legge in discussione in consiglio provinciale. 

 


Paul Köllensperger (M5s): “Della legge originaria è rimasto poco, anche perché non si è trovato il consenso su alcune modifiche notevoli come poteva essere l’elezione diretta del presidente della Provincia. Sarà una legge blanda quella che discuteremo, legge che comunque la Svp si è ritagliata su misura. La maggior parte degli emendamenti, che sono quasi tutti dell’opposizione, mira ad aggiungere alcune cose ma, diciamocelo, con scarsissime possibilità di successo. Alcuni degli emendamenti che ho presentato riguardano il tema dei ladini, con l’introduzione di un collegio elettorale comprendente i comuni a maggioranza ladina, sull’esempio di quello che già fanno in Val di Fassa, in Trentino. Se questa proposta non dovesse essere accolta chiediamo che venga eletto quale rappresentante ladino il candidato ladino più votato nei comuni a maggioranza ladina. Ai ladini, peraltro, andrebbe garantita la presenza nella giunta provinciale. Chiediamo anche di ridurre le spese elettorali, che al momento constano di 30mila euro pro capite, introducendo il limite di 10mila, uno dei buchi della legge, peraltro, è che non è previsto un tetto nelle spese elettorali del partito. Per intenderci, è sufficiente che si faccia un manifesto elettorale apponendovi 2 facce dei candidati, e già quello diventa spesa da attribuire al partito e non più personale. Ragionevole è stabilire un tetto per i partiti di 100mila euro, che comunque, per inciso, non son pochi. Un altro emendamento riguarda la rappresentanza del gruppo linguistico italiano in giunta provinciale. La proposta è che i nomi degli assessori da proporre a Kompatscher siano scelti dai consiglieri provinciali ‘italiani’, si tratta di una provocazione per evidenziare che finora è stata la Svp a decidere anche per il gruppo italiano. Altro punto riguarda la realizzazione di una brochure informativa bilingue che dia pari spazio a tutti i partiti, in modo da fornire un’informazione seria e oggettiva, da spedire a tutti i cittadini un mese prima delle elezioni. Ciò consentirebbe ai partiti più piccoli di arrivare in tutte le case senza dover mettere le mani al portafoglio. Di grande importanza per noi, infine, è il voto disgiunto, da sempre un nostro cavallo di battaglia. La richiesta è di permettere agli elettori di scegliere tra i candidati di tutte le liste in competizione e non solo fra coloro che si candidano nella lista votata”. 


Alessandro Urzì (L'Alto Adige nel cuore): “La maggioranza ha dovuto prendere atto che non poteva essere forzato l’assetto costituzionale e che doveva essere confermato quello proporzionale, elemento di assoluta tutela nei confronti di tutti i gruppi linguistici. Del resto, dato che la clausola di garanzia è prevista solo per i ladini, gli ‘italiani’ rischiavano di scendere dagli attuali, già pochissimi, 5 consiglieri a 3. Ricordiamoci che avremmo titolo e diritto a una quota di rappresentanza fra gli 8 e i 9 consiglieri, questo dovrà essere però un obiettivo politico e cioè quello di riuscire a ricostruire gruppi omogenei che possano riconquistare i seggi che spetterebbero al gruppo linguistico italiano. La legge, poi, indica la chiusura dei seggi alle 21, cosa su cui la maggioranza pare irremovibile, ma si tratta di un fattore molto penalizzante per gli elettori dei centri più grandi che ridurrà ulteriormente il voto italiano. Inoltre, capitolo elezione diretta del Presidente a parte, sarebbe stato logico secondo noi prevedere un’elezione diretta anche del vicepresidente della giunta provinciale. Oggi abbiamo ancora un sistema secondo il quale è la Svp a scegliersi ‘dal menu’ l’italiano che fa più comodo, quello più accomodante, che obbedisce, che ha poco da dire, quello che non crea problemi. E poi va detto, se si fosse voluta fare una riforma veramente coraggiosa si sarebbe dovuta contemplare la possibilità di garantire il diritto ad entrare in giunta a chi ha preso più voti”. 


 


Andreas Pöder (Bürgerunion): “I punti scottanti sono stati tolti dalla legge, l’elezione diretta del presidente sarebbe stata una mossa audace, ma la Svp quell’audacia non ce l’ha avuta. Ritengo poi che la questione delle spese elettorali sia una farsa, con un tetto che esiste solo per i candidati e non per il partito. Manca, a mio giudizio, anche il tetto per il numero dei componenti della giunta, che possono arrivare anche a 9 o 10 membri. Una giunta con 7 componenti sarebbe più che sufficiente per una provincia così piccola. Il resto sono più che altro cose tecniche, io credo che il dibattito si concentrerà sulle spese elettorali, appunto, e sulle quote rosa, argomento su cui prevedo un’accesa discussione più che altro all’interno della Volkspartei perché gli uomini temono di perdere i loro posti in giunta”. 
 

 

Christian Tommasini (Pd): “Il meccanismo di voto non è stato toccato, e poi la legge mette in sicurezza la questione ladina e in una terra dove convivono più gruppi linguistici è giusto costruire degli assetti che rappresentino tutti. Dovremmo comunque discuterne, perché a mio avviso la legge attuale incentiva la frammentazione in quanto tante liste si formano con la speranza di arrivare all’ultimo resto. Molte di quelle “italiane”, per fare un esempio, che si sono presentate nell’ultima legislatura, non hanno di fatto trasformato in seggi i circa 10mila voti ottenuti e questo è un problema perché si creano disequilibri anche fra le rappresentanze. Credo che su questo dovremmo intervenire, anche se naturalmente chi è stato eletto con l’ultimo resto non è molto interessato a mettere in discussione questo sistema”.