Tra il dire e il fare
Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, dice un antico proverbio nazionale. E infatti, a parte la passione per il calcio, nulla sembra unificare di più il paese della distanza incommensurabile tra ciò che viene promesso e quel che poi si realizza. Non fanno certo eccezione i politici, al contrario veri campioni del genere. Si potrebbe obiettare: ma allora non sarebbe meglio non promettere? Domanda ingenua. La vera arte non consiste nel commisurare le promesse alla loro realizzazione, ma fare in modo che le promesse vengano continuamente rinnovate, stendendo un velo di oblio su quelle passate e dando una mano di vernice su quelle future.
[Domani] fanno tre mesi esatti dalla conferenza stampa nella quale Matteo Renzi annunciò cosa avrebbe fatto il suo governo nei primi tre mesi e poi entro la fine di giugno e quella di luglio. Presto ancora, per chi gli ha creduto, cagarsi in mano e prendersi a schiaffi, però io comincerei a prepararmi: mancano ancora due giorni, infatti, perché il Parlamento vari la nuova legge elettorale, due giorni perché passi la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione, una ventina di giorni per avere un altro fisco, un’altra giustizia e un’altra pubblica amministrazione, sei o sette settimane ancora perché lo Stato paghi i 68 miliardi di euro che deve ai suoi creditori, perché altri 10 vengano messi a disposizione per l’accesso al credito delle aziende in difficoltà e altri 3,5 stanziati per il piano di edilizia scolastica. Il già fatto? L’abolizione del Cnel, le 100 auto blu messe all’asta, gli 80 euro che gli sono valsi il 40,8% alle Europee. L’annunciato taglio dell’Irap? Doveva essere del 10%, è stato rimodulato al 5%. Cos’altro?