Society | Fact Checking

Le bugie hanno le gambe corte

La storia del fact checking ha radici profonde: stiamo parlando del giornalismo americano degli anni '20. Ora sotto la lente non sono solo i politici, ma anche i giornalisti.
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Foto: Privat

Fact Checking significa letteralmente verifica dei fatti. Si tratta di un'operazione che va dal controllo della veridicità dell'affermazione di un politico, alla forma innovativa e partecipativa del monitoraggio dei giornalisti. Il buon giornalismo, analizzando fino in fondo questa definizione, vorrebbe che i fatti e le notizie fossero verificate e controllate con estrema attenzione. L'errore, purtroppo, è umano e anche i giornalisti sbagliato. Fretta, imprecisione o semplicemente mancanza di fonti possono far sì che il prodotto giornalistico non sia esatto o completo. Con il web 2.0 entra in gioco il lettore che, da fruitore passivo di un servizio d'informazione, si incarica del il ruolo attivo del controllore. 

Il fact checking è molto diffuso negli Stati Uniti, ma anche in Italia abbiamo un esempio di questa pratica, e nemmeno così lontano da Bolzano. A Trento la Fondazione Ahref ha sviluppato un progetto di fact checking online, che è stato implementato su importanti testate nazionali. Abbiamo parlato della verifica dei fatti con Michele Kettmaier, direttore generale della fondazione.

Come è nata l'idea del fact checking?
Michele Kettmaier: Il progetto del fact checking rientra nello spirito della fondazione, ovvero quello di contribuire a migliorare l'informazione di qualità. Migliorarla facendola diventare civica e partecipata. Prima del nostro progetto esistevano delle versioni di verifica dei fatti curate da giornalisti professionisti, noi abbiamo voluto implementare l'idea, raggiungendo il pubblico dei lettori e aggregandolo in una piattaforma. Sulla nostra piattaforma, per altro, non c'è solo un lavoro di verifica, ma anche di approfondimento. Un tema viene lanciato e gli utenti contribuiscono portando documenti autorevoli e citazioni dalla rete ma anche dai media tradizionali.

Quanto tempo vi ci è voluto per concretizzare l'idea?
Tra il momento in cui l'idea è sorta e la realizzazione della prima versione, c'è voluto un anno. Fact checking è diventato realtà nell'aprile del 2012. Penso che, tra ideatori, programmatori e collaboratori, sia servito il lavoro di più di venti persone. 

Ci può raccontare della collaborazione con il Corriere della Sera?
Abbiamo presentato il prodotto al vice direttore del Corriere, che, essendo un buon giornalista, ha subito capito il valore di questa piattaforma. Così abbiamo implementato la funzione di fact checking sulla pagina online del loro giornale. Certo, a loro non interessa che le notizie vengano verificate perché tendenzialmente sono vere. Ma lo strumento permette di tenere viva la notizia grazie alla collaborazione dei lettori che portano nuovi documenti, approfondimenti e notizie fresche.

Ci sono altre collaborazioni in vista?
Dialoghiamo saltuariamente con il Fatto Quotidiano, proponendo il fact checking in periodi specifici o per occasioni particolari. Ma abbiamo cominciato una collaborazione con ANSO, l'associazione che riunisce i siti d'informazione in Italia. Su alcune di esse è già comparso il nostro logo, adesso vedremo come procederà la collaborazione.

Quanti utenti avete?
I fact checker al momento sono più di 5.000, ma anche grazie a una serie di iniziative e contest stiamo crescendo. Ad esempio in questo periodo abbiamo un buon movimento sul sito grazie a un concorso fatto in collaborazione con la Notte dei Ricercatori dell'Università di Trento. I lettori posso proporre una notizia scientifica da verificare e i ricercatori dell'università la verificano o smentiscono. Va molto forte la meteorologia, che è ricca di bufale. 

Il ribaltamento dei ruoli, tra fruitore e creatore della notizia, non rischia di confondere gli utenti passivi della rete?
Non penso. Uno dei nostri obbiettivi è quello di sviluppare il senso critico dei cittadini. Trent'anni di cattiva televisione non hanno fatto certo bene. Soprattutto le nuove generazioni devono essere guidate in questa maturazione del senso critico, e noi vorremmo dare una mano.