Ben nascosta, nell'interminabile colonna di autotreni che, la scorsa settimana, si è formata tra il Brennero e il casello di Egna, sulla A22, a causa della chiusura del confine austriaco, in occasione della festa nazionale germanica, c'era anche buona parte della credibilità politica del progetto dell'Euregio tirolese.
La storia è nota. Camion in fila per oltre cento chilometri, paralisi del traffico leggero in una giornata contraddistinta, come sempre avviene ultimamente, da un forte afflusso turistico, polemiche a non finire, nei giorni successivi, tra gli operatori economici, i responsabili delle reti autostradali e i tutori del traffico. Assente o quasi, e non stupisce, la parte politica, evidentemente più che imbarazzata davanti all'ennesimo episodio che segnala in modo netto e inequivocabile la totale mancanza di coordinamento e di dialogo tra chi sta a sud e chi sta a nord del confine.
Eppure, solo pochi giorni prima, il 17 settembre, in una grande festa svoltasi a Pergine, e dedicata proprio alla celebrazione laica dell'Euregio, il Governatore Trentino Ugo Rossi aveva inserito appositamente quello dei trasporti tra i settori cruciali nei quali, a suo avviso, la collaborazione euroregionale aveva potuto mietere i successi migliori. Rossi si riferiva probabilmente alle imprese in tema di utilizzo dei trasporti pubblici che in effetti consentono la mobilità facilitata fra Trentino, Alto Adige e Tirolo, ma dimenticava nel contempo di ricordare che, invece, il livello di intese su una questione di fondamentale importanza come quella della gestione dei transiti sul nastro di asfalto che scavalca il Brennero è ancora fermo all'anno zero.
Buona parte del destino storico delle terre che abitiamo è stato segnato inesorabilmente qualche milione di anni fa, quando i sommovimenti geologici crearono, più o meno a metà dell'arco alpino, un taglio secco, perpendicolare rispetto all'andamento delle grandi catene montuose, tale da mettere in comunicazione quasi diretta le pianure situate a nord con quelle collocate a sud. L'esistenza di questo passaggio è la chiave con la quale si può leggere agevolmente la storia di questi territori dall'epoca in cui i primi uomini si sono mossi lungo il suo cammino fino ai giorni nostri. Il corridoio che oggi mette in contatto l'Italia con il Nord Europa è il grande protagonista, nel bene e nel male, di tutti gli avvenimenti che, in questa terra, si sono svolti degli ultimi secoli e negli ultimi decenni. Quando si evoca l'immagine storica e politica di un Tirolo unito da Kufstein a Borghetto non si tiene conto, molto spesso, che queste due località non vanno visti come posti di confine, ma come porte di entrata e di uscita da una terra che ha vissuto e vive la sua vocazione economica e culturale come area di passaggio, di interscambio, di confronto.
È un racconto unitario, quello del vecchio Tirolo, ed è per questo, tra l'altro, che il confine di Stato, collocato un secolo fa al Brennero è stato vissuto come una lacerazione drammatica. È per questo che il progressivo superamento di quel confine, con il trattato di Schengen ad esempio, ha contribuito a rafforzare la spinta verso un recupero degli antichi legami, delle antiche solidarietà, degli antichi interessi comuni: l'Euregio per l'appunto.
Solo che la collaborazione transfrontaliera non è fatta solo di feste, di convegni, i concorsi e di brillante retorica. Nasce, anche e soprattutto, dalla capacità di affrontare e di risolvere assieme le grandi questioni di interesse comune che si presentano. Quella dei transiti sull'auto Brennero è sicuramente la più urgente da mettere all'ordine del giorno. È chiaro ormai che, superato il relativo calo dei transiti negli anni più acuti della crisi economica, il numero dei mezzi pesanti che ogni giorno si incoronano sull'Autobrennero o sulla Brennerautobahn è in costante inarrestabile ascesa. Capita ormai anche a chi, come chi scrive, frequenta in modo sporadico le corsie autostradali, di dover percorrere decine e decine di chilometri su quella di sorpasso, perché ormai quella di marcia normale è dominio incontrastato di una lunga teoria di mezzi pesanti. Basta poco perché, da una condizione di traffico sempre più denso anche nelle giornate "normali", si arrivi all'ingorgo o al blocco totale. È quello che è avvenuto la scorsa settimana, ma il fatto in sé non meriterebbe più di un cenno in cronaca se non evidenziasse una realtà a dire il vero inquietante.
La colossale colonna da Guinness dei primati si è potuta formare anche perché è mancata totalmente ogni forma di coordinamento tra i vari soggetti interessati. Gli austriaci hanno deciso ed attuato il blocco in assoluta autonomia, senza preoccuparsi delle conseguenze che questo avrebbe creato a nord e a sud del loro tratto autostradale.
È un fatto che le sensibilità con cui nei vari territori viene letta la questione fondamentale del peso ambientale rappresentato dall'autostrada siano spesso molto diverse, ma non per questo sembra essere una soluzione quella che ciascuno cerchi rimedi per conto proprio. Non lo è per questioni cruciali come quello dell'accoglienza ai profughi, per le quali, tuttavia, il peso delle decisioni prese a livello nazionale è sicuramente più marcato. Se c'è, invece, un problema per il quale il levarsi di una voce comune sembra veramente essenziale è proprio quello della regolazione dei transiti lungo il corridoio del Brennero.
Non si può continuare a farsi i dispetti nella messianica attesa che il tunnel ferroviario sotto il passo e il raddoppio della linea tra Monaco e Verona risolvano tutti i problemi (cosa che probabilmente non avverrà comunque). Le politiche di contenimento del traffico merci su gomma, lungo l'asse del Brennero, vanno studiate, decise ed applicate oggi ed è un processo nel quale sarebbe fondamentale sentire la voce unita delle popolazioni che su questo territorio vivono, lavorano, producono. Se l'Euregio non riesce a essere protagonista in questa vicenda, spiace dirlo, ma può anche andare a raggiungere nel cassetto delle illusioni perdute altre creature della sua specie come l'Arge Alp.