L’Islam che condanna
Si chiama “Not in my name” la campagna fotografica nata in risposta ai sanguinosi fatti di Parigi degli ultimi giorni. È la solida presa di posizione di molti musulmani che hanno condannato con pervicacia ogni atto di terrorismo, una “missione” lanciata originariamente dall’associazione Active Change contro le nefandezze consumate dall’Isis in nome dell’Islam. La campagna, è opportuno ricordarlo, va avanti da mesi sui social network, e dunque ancor prima dell’assalto alla redazione francese di Charlie Hebdo. L’hashtag #NotInMyName raccoglie numerose foto di ragazzi e ragazze di religione islamica che tengono in mano un cartello su cui campeggia lo slogan anti-Isis.
A questa iniziativa si sono legate anche personalità note come Igiaba Scego, scrittrice italo-somala, che ha espresso la sua frustrazione e il suo diniego all’operato dei paladini del sedicente Stato islamico, in un post apparso su Internazionale.
“'Not in my name', dice un famoso slogan, e oggi questo slogan lo sento mio come non mai. Sono stufa di essere associata a gente che uccide, massacra, stupra, decapita e piscia sui valori democratici in cui credo e lo fa per di più usando il nome della mia religione. Basta! Non dobbiamo più permettere (lo dico a me stessa, ai musulmani e a tutti) che usino il nome dell’islam per i loro loschi e schifosi traffici”.
Unita nel prendere le distanze da una violenza estranea ai precetti fondamentali esposti nel Corano, anche la comunità islamica pachistana (oltre 150 persone) che ieri, 11 gennaio, ha sfilato per le strade di Bolzano – attraverso ponte Loreto, via Alto Adige e piazza Walther – in una manifestazione pacifica organizzata peraltro da tempo e autorizzata dal Comune ma che la Lega, udite udite, si è affannata a contrastare fino all’ultimo. Per scongiurare eventuali tensioni la questura ha fornito precise indicazioni sullo svolgimento del corteo che è proseguito comunque senza difficoltà, fra bandiere di pace, canti religiosi e cartelli di condanna contro il terrorismo, per concludersi poi nella sala di rappresentanza del Comune. Una risposta locale a voce alta del mondo musulmano, spesso accusato dall’opinione pubblica di essere troppo tiepido nel condannare i fanatismi cruenti del fondamentalismo islamico.