Posso avere un autista bianco?
Se chi risultava discriminato non nutriva grandi speranze nel far valere i propri diritti, dall’altro chi discriminava spesso rifiutava di venire accusato di discriminazione. C’è molto da fare nella Provincia di Bolzano alla luce della prima relazione del Centro tutela contro le discriminazioni a firma della garante Priska Garbin, anche nel riconoscere cosa è non è un comportamento discriminatorio: “Molte persone non vaccinate contro il Covid-19 si sono rivolte al Centro antidiscriminazioni ponendo questa domanda dopo essersi sentite penalizzate a causa di questo tipo di scelta –. ha scritto Garbin nella relazione . La maggior parte di loro non è riuscita a comprendere il perché il Centro non avesse competenza a occuparsi di questo ambito specifico. Anche il riferimento scritto che la tutela giuridica interviene laddove una discriminazione produce una penalizzazione in base a determinate caratteristiche dell’identità della persona ed è espressione di una disparità sociale, mentre la decisione di vaccinarsi o meno è una decisione puntuale in merito a una singola tematica, non ha sortito l’effetto sperato. La delusione per questa informazione ha talvolta suscitato reazioni rabbiose”.
Spesso quando le vittime si rivolgono al Centro antidiscriminazioni per un episodio concreto si tratta della goccia che ha fatto traboccare il vaso
D’altro canto i reclami e le segnalazioni relativi a discriminazione, quella sì, razziale sono stati i più numerosi, insieme a quelli relativi alla disabilità. “Il razzismo più radicato – continua Garbin – è quello diffuso. Quello che non viene espresso apertamente, ma che trasmette continuamente alle vittime la sensazione di esclusione. Frasi come quelle pronunciate dal proprietario di un immobile a chi cerca casa o dal datore di lavoro. Spesso quando le vittime si rivolgono al Centro antidiscriminazioni per un episodio concreto si tratta della goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
Se da un lato le discriminazioni vengono portate avanti, più o meno consapevolmente, da individui con un background razzista, abilista e omobitransfobico, dall’altro vengono perpetrate in maniera strutturale sia dal legislatore sia dagli impiegati degli uffici pubblici. Sono diversi i casi segnalati di discriminazione presso alcuni uffici dell’anagrafe che richiedevano il permesso di soggiorno anche quando non era previsto dalla legge. Anche alcune scuole e asili per l’infanzia hanno richiesto senza fondamento giuridico un permesso di soggiorno per l’iscrizione di bambini immigrati. Senza dimenticare che per avere tutti i requisiti in regola per ottenere un alloggio IPES, solamente i cittadini non comunitari devono dimostrare di aver lavorato per tre anni nell’arco degli ultimi cinque e il periodo di maternità obbligatoria non era nemmeno calcolato a tal fine, fino a che la Consigliera di parità, insieme al Centro di tutela contro le discriminazioni, ha richiamato l’attenzione sulla disposizione discriminatoria, ottenendone la correzione.
Problematica continua ad essere la delibera provinciale n. 1182/2019 prevede che i cittadini non comunitari (marito e moglie), per poter richiedere i sostegni economici provinciali, quali l’assegno provinciale al nucleo familiare, l’assegno provinciale al nucleo familiare + e l’assegno provinciale per i figli, debbano sostenere un esame di lingua di livello A2 o frequentare un corso di lingua tedesca o italiana, assieme a un corso su tematiche che riguardano la società locale. Il Centro antidiscriminazioni in questo caso ha tentato la mediazione invitando diverse parti in causa quali la Difesa civica, i rappresentanti dell’ASGI, il vicepresidente della Consulta del Centro antidiscriminazioni, Bassamba Diaby, l’assessore Philipp Achammer e l’Ufficio per l’integrazione. Mentre tutti hanno concordato sull’importanza di apprendere la lingua, appare controverso che questo avvenga sotto il ricatto dell’ottenimento di sostegni economici: “Ci si chiede se non sia invece molto più fruttuoso prevedere appositi incentivi e cercare di creare un consenso attorno a questa misura. Inoltre – dice Garbin – anche il concetto di prestazione integrativa, per la quale è legittimo prevedere la frequenza di corsi di lingua, non è definito in modo chiaro dal punto di vista giuridico. Mentre l’ASGI sostiene che proprio in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo e di fronte all’aumento dei costi tutti i sostegni economici previsti per i redditi bassi dovrebbero essere considerati prestazioni essenziali, per l’assessore Achammer gli assegni familiari provinciali sono delle prestazioni integrative che si aggiungono all’assegno statale per i figli”.
In alcuni casi i locatori o gli agenti immobiliari hanno espresso apertamente le loro posizioni e i loro pregiudizi razzisti
Altre discriminazioni razziali importanti sono quelle rilevate nell’ambito del mercato immobiliare, che per quanto vietate dalla legge sono di fatto una prassi: “Al Centro antidiscriminazioni – afferma Garbin – sono diverse segnalazioni di discriminazione razziale legate alla ricerca di alloggi. In alcuni casi i locatori o gli agenti immobiliari hanno espresso apertamente le loro posizioni e i loro pregiudizi razzisti, anche con frasi come Non affittiamo a stranieri oppure Creano solo problemi. In altri casi la discriminazione è stata più velata: dal comunicare che l’appartamento era già stato affittato nonostante sull’annuncio risultasse ancora libero, alla mancata risposta in caso di interesse nei confronti della casa proposta”.
Nell’ultimo anno sono pervenute altre segnalazioni in merito a casi di razzismo sui mezzi pubblici, simili ad alcune già denunciate da salto.bz: dalla testimonianza di un uomo del Ghana a cui non è stata aperta la porta dell’autobus alla fermata, al diverbio scoppiato tra un autista del bus e un’altoatesina, che ha preso le difese di una donna nera e del figlio piccolo, dopo essere stati presi di mira dall’autista con diversi insulti e stereotipi razzisti. Un’altra donna altoatesina ha segnalato che il bus sul quale stava viaggiando non ha voluto fermarsi a una fermata dove attendevano una donna nera e il suo bambino, sostenendo che il mezzo fosse al massimo della capienza, nonostante il numero di posti liberi. Alla fermata successiva quattro studenti del posto sono stati invece fatti salire senza problemi. In questo caso, SASA si è scusata per l’accaduto. Altri episodi sono stati segnalati da turisti indignati, come un passeggero straniero costretto a indossare la mascherina mentre a bordo la maggior parte dei passeggeri non lo stavano facendo.
Per fortuna non capisco tutto quello che dicono
Ad essere discriminati non sono solo i passeggeri ma anche alcuni conducenti. Un autista nero che lavora con SASA da diversi anni ha raccontato: “Sono spesso vittima di razzismo da parte dei passeggeri, e per fortuna non capisco tutto quello che dicono. È successo ancora che delle persone mi vedessero alla guida e pensassero fosse l’autobus sbagliato e non sono volute salire. In questi casi dico loro: O salite, o aspettate il prossimo. Una donna mi ha detto di tornare da dove provengo. Cerco di non prenderla sul personale e di non farci caso”.
E poi casi tanto assurdi quanto tragici: “Il signor A. viene dal Senegal e vive da cinque anni in Alto Adige assieme alla moglie e ai figli – riporta la relazione –. È dipendente dell’Azienda Sanitaria, per la quale si occupa di manutenzioni. È scioccato e senza parole quando si rivolge al Centro antidiscriminazioni raccontando quel che gli è accaduto. Racconta di essere stato al centro commerciale Twenty per comprare due vestiti alla moglie. Scelti i due abiti, le telefona per informarla. Lei gli dice di non acquistarli subito perché vorrebbe sceglierli assieme a lui la settimana seguente. L’uomo ripone i vestiti al loro posto ed esce dal negozio. All’uscita trova la polizia ad aspettarlo, che gli intima di aprire lo zaino: oltre ad acquisti effettuati in altri negozi, vi sono effetti personali, tra cui una forbicina. L’uomo spiega alla polizia di averla sempre con sé nel suo zaino, perché gli serve al lavoro. Ma per la polizia questo utensile è un indizio sufficiente per denunciarlo per tentato furto aggravato. Per il signor A., agitato per l’accaduto, è confortante che esista una struttura a bassa soglia come il Centro antidiscriminazioni al quale potersi rivolgere immediatamente per una consulenza, che vi sia qualcuno che lo ascolta e gli crede e che esista una via di uscita da questa situazione che apparentemente non ne ha. Il giorno dopo, su mio consiglio, si rivolge a una legale ed è probabile che il caso verrà archiviato presto”.
Per quanto riguarda la discriminazione di persone LGBTQ+, sono stati segnalati casi di aggressioni fisiche a causa dell’orientamento sessuale, emarginazione e ostilità sul posto di lavoro e discriminazioni da parte delle istituzioni: da contratti non rinnovati, al medico di famiglia che rifiuta di prescrivere le analisi al ragazzo trans, fino all’assistente sociale che protocolla documenti ufficiali parlando di “disturbi dell’orientamento sessuale” in riferimento al proprio assistito.
È importante dare voce a tutto questo in diversi contesti e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di garantire a tutte le persone parità di trattamento e partecipazione alla vita sociale
“I casi pratici descritti mostrano che non esiste una strategia vincente per far fronte alla discriminazione, né una soluzione ideale che indichi come difendersi – è la conclusione del Centro antidiscriminazioni –. A maggior ragione è importante dare voce a tutto questo in diversi contesti e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di garantire a tutte le persone parità di trattamento e partecipazione alla vita sociale, affinché si possa trarre il meglio da ciò che una società eterogenea ci offre”.
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