Serge Latouche e l'Europa delle Regioni
L'economista e antropologo bretone chiude un tour de force regionale (Trento, Bressanone, Bolzano) con la presentazione del suo “L'economia è una menzogna. Come mi sono accorto che il mondo si stava scavando la fossa”. Un pensiero il suo certamente non ortodosso, radicale (divinizzato anche da qualche “radical chic”), con tratti filosofici ed esistenziali condivisibili.
Se sei un precario con la bussola che fa fatica a segnare il nord può essere che i valori delle transaminasi del fegato abbiano un picco pensando che a parlare è uno che ha potuto “cullarsi” nella sua vita in un posto da professore universitario. Con un salario certamente non da decrescita. Ma «il senso della vita non deve stare solo nel lavoro» dice Latouche davanti ai 400 del palazzetto di Caldonazzo, con lui a parlare della materia anche Pierluigi Pizzitola ed il giornalista de L'Adige Renzo Maria Grosselli.
Va bene dai, allora ti ascolto, fedele al senso critico ed al fatto che delle domande sul “primato dell'economia” e sul positivismo della crescita infinita me le facevo già ai tempi dell'università.
Latouche è stato “folgorato” nella sua esperienza di vita da quanto sperimentato in Laos. E vedendo come in Africa non funzionassero le ricette occidentali contro la crisi, che volevano creare dei bisogni ai quali dare risposta. «La globalizzazione non è altro – spiega – che un nuovo nome dato al colonialismo americano. Dobbiamo uscire dalla società dei consumi ed arrivare alla società del limite, alla frugalità, alla soddisfazione reale dei bisogni». Penso a Seattle e al G8 di Genova, in fondo i concetti erano quelli anche 15 anni fa. Latouche parla quindi dei giovani delle banlieu francesi, quelli magari attratti dalla Jihad. «Per molti la vita non ha più senso perché questi ragazzi sono cresciuti in una società dedicata solo ai consumi». Latouche fa sue alcune parole di Piketty, ospite due settimane fa al Festival dell'Economia di Trento: le disuguaglianze non rendono felici né chi è sopra la media né chi è sotto. L'economista racconta del suo incontro con Alexis Tsipras e le sue indicazioni per far rinascere la Grecia: riconvertire, riorganizzare, ristrutturare.
Quindi Latouche inanella una serie di pensieri certamente non ortodossi e sicuramente discutibili. Prima di tutto dice no alla pubblicità, che spinge l'uomo a nuovi bisogni e crea nuove frustrazioni. Ma caro Serge, se qui attorno alle mie povere parole sui tuoi concetti economici ci fosse qualche banner o inserzione in più, non è che mi arrabbierei. Anzi, potremmo offrire ancora meglio un servizio del tutto gratuito ai nostri lettori.
Poi Latouche passa al lavorare meno, lavorare tutti. Va bene, ma ricordati che oggi c'è anche chi lavora per progetto o risultato, che difficilmente può dire “beh lavoro qualche ora in meno”. Un paio di bordate vanno quindi all'Euro ed all'Europa e poi viene la richiesta di misure protezionistiche per proteggere la propria economia interna. Ma fortunatamente il buon Serge riesce a stupire sulla domanda sul suo parere riguardo allo stato nazione. «Da bretone sono per un'Europa delle Regioni. Mi fanno paura i referendum come quello in Catalunya, perché si vogliono creare dei piccoli stati nazione. Quest'Europa così come è fatta va a distruggersi, dobbiamo ricostruirla».
Qui sotto l'infografica del giorno 2 (sabato 13 giugno) e del giorno 3 (domenica 14) del www.trentinobookfestival.it. Alla Prima guerra mondiale, oltre all'evento iniziale con Aldo Cazzullo sarà dedicata anche la chiusura, domenica 14 al Teatro San Sisto con “Uomini in guerra – Menschen im Krieg”, il teatro ed i racconti censurati della grande guerra scritti da Andreas Latzko.