Papa Francesco
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La falsa rivoluzione di papa Francesco

Un bilancio desolante a cinque anni dall’inizio del papato di Bergoglio.

Quando il 13 marzo 2013 venne proclamato il successore di Josef Ratzinger, enormi aspettative di apertura e ammodernamento della Chiesa Cattolica accolsero l’ascesa di Jorge Mario Bergoglio allo scranno di Pietro. Fin dalle prime settimane del suo papato lui stesso alimentò le speranze di cambiamento con numerose affermazioni e gesti simbolici plateali. Ricordiamo la celebre frase pronunciata il 31 luglio 2013 sul volo di ritorno da Rio de Janeiro (“Se una persona è gay e cerca il signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”), la “tolleranza zero” sulla pedofilia nella Chiesa nonché le modeste camere d’albergo pagate di tasca propria come dimostrazione ostentata di uno stile di vita morigerato cui la Chiesa d’ora in avanti avrebbe dovuto conformarsi. Poiché le parole vanno corroborate dai fatti e solo i populisti si accontentano degli slogan, dopo cinque anni è utile verificare con sguardo analitico concretezza ed efficacia delle misure prese. Lo ha fatto MicroMega, prestigiosa rivista bimestrale di critica politica e culturale che ha dedicato l’intero numero 4 del 2018 alla presunta rivoluzione di papa Francesco.

Chiesa e omofobia

Su questo tema, l’articolo del teologo polacco Krzystof Charamsa La Chiesa omofoba di papa Bergoglio (MicroMega 4/2018, pp. 70-80) evidenzia l’assoluto immobilismo della Chiesa Cattolica rispetto alle posizioni ufficiali dichiaratamente omofobe affermate in punto di dottrina. Charamsa mette in luce come nei due sinodi sulla famiglia del 2014 e 2015 non si faccia il benché minimo accenno al riconoscimento della piena legittimità dei legami affettivi tra persone dello stesso sesso e al loro diritto di costituirsi in famiglia. Al contrario, nell’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia si afferma a chiare lettere che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (Relatio finalis, 2015).

Inoltre, nella Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis dell’8 dicembre 2016 la Congregazione per il clero ha confermato inequivocabilmente il divieto di ammissione all’ordinazione sacerdotale delle persone omosessuali introdotto da Benedetto XVI, giudicando non idonea a svolgere il ministero del sacerdozio un’intera categoria di persone sulla base del loro orientamento sessuale. Viene così ribadita alla lettera anche dalla Chiesa di papa Francesco l’impronta dichiaratamente omofoba del Catechismo della Chiesa Cattolica del 1997, che definisce l’omosessualità come “disordine morale […] contrari[o] alla sapienza creatrice di Dio”, e della Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali di Josef Ratzinger del 1986, per cui l’omosessualità non può “in nessun caso […] essere approvata”.

Chiesa e finanza criminale

L’articolo del giornalista e saggista Gianluigi Nuzzi Se i mercanti sono ancora nel tempio (MicroMega 4/2018, pp. 82-91) cerca di gettare luce sulla complessa, tormentata e opacissima vicenda dello Ior, l’Istituto per le opere di religione ovvero la banca vaticana. All’inizio del suo pontificato Bergoglio aveva pronunciato le seguenti parole: “Lo Ior, la nostra banca? E se magari la chiudessimo?” Ebbene, a che punto siamo cinque anni dopo?

Nuzzi ripercorre efficacemente, con puntuali riferimenti a prove documentali e atti processuali, le tappe più inquietanti dello Ior degli ultimi decenni. Dagli anni della presidenza del cardinal Paul Marcinkus dal 1971 al 1989 (sotto la sua direzione la banca vaticana diventa “polmone offshore per le più spregiudicate operazioni di riciclaggio - da Cosa Nostra a Tangentopoli”), a quelli del papato di Giovanni Paolo II (Marcinkus rimane in carica per l’amministrazione delle operazioni riservate) in cui lo Ior diventa strumento strategico per il finanziamento della dissidenza nei paesi del Patto di Varsavia, alle sentenze del processo per l’omicidio di Roberto Calvi (presidente del Banco Ambrosiano trovato morto impiccato in circostanze più che sospette sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra) che in riferimento allo Ior parlano esplicitamente di riciclaggio dei narcodollari della mafia italoamericana, al riciclaggio della maxitangente Enimont per la quale vengono condannati in via definitiva diversi esponenti di spicco della politica italiana degli anni ’80 e ’90, la storia della banca vaticana farebbe impallidire il più brillante scrittore di romanzi criminali.

A oggi, non risultano né annunci di chiusura dello Ior, né misure che mirino a trasformarlo in banca etica, né comunicazioni ufficiali che i correntisti titolari dei conti utilizzati per operazioni illegali siano stati assicurati alla giustizia

Papa Francesco dichiara di voler rompere con il passato. A fornirgli ulteriori argomenti ci pensa Ernst von Freyberg, presidente dello Ior dal 2012, che nel luglio del 2013 svela a Bergoglio in una nota riservata (pubblicata per la prima volta proprio nell’articolo di Nuzzi) come il riciclaggio nella banca vaticana continui indisturbato. Nel suo resoconto al papa, von Freyberg puntualizza che la banca gestisce fondi della Santa Sede, delle diocesi, delle congregazioni, di 13.000 cittadini dello Stato Vaticano e di 1.400 persone “esterne” per una somma complessiva di circa 7 miliardi di Euro. Precisa, inoltre, che la legge sull’antiriciclaggio recepita dal Vaticano il 1° aprile del 2011 è stata in larga parte disattesa e che permane tutt’ora una decina di conti utilizzati per operazioni illegittime legate al riciclaggio.

A oggi, non risultano né annunci di chiusura dello Ior, né misure che mirino a trasformarlo in banca etica, né comunicazioni ufficiali che i correntisti titolari dei conti utilizzati per operazioni illegali siano stati assicurati alla giustizia.

Chiesa e pedofilia

E qui veniamo al capitolo più nero. Nel suo articolo Pedofilia: un’offesa a Dio o un crimine? (MicroMega 4/2018, pp. 31-41) il giornalista Federico Tulli ricostruisce come papa Francesco, dopo una serie agghiacciante di scandali a sfondo pedofilo che avevano colpito la Chiesa Cattolica negli ultimi anni, abbia introdotto misure apparentemente inflessibili con l’intenzione di restituirle almeno un minimo di rispettabilità. L’accentramento in Vaticano di tutte le indagini sui casi più gravi, l’inasprimento delle pene per i responsabili degli abusi e la rimozione dai loro incarichi dei prelati colpevoli sembravano andare in questa direzione. Tuttavia, a uno sguardo più attento emerge anche qui la più inamovibile reticenza ad affrontare il problema alla radice.

Tulli sottolinea che i casi di violenza contro i minori nella Chiesa sono tuttora regolamentati dall’Istruzione Crimen sollicitationis del 1962 e dalla lettera del 18 maggio 2001 De delictis gravioribus del cardinale Josef Ratzinger, allora capo della Congregazione per la dottrina della fede, in cui è stabilito il principio di assoluta riservatezza dei processi interni alla Chiesa per i casi di pedofilia, ma soprattutto l’estensione del vincolo di segretezza della confessione anche fuori dall’ambito specifico della confessione stessa. Ciò significa che tutto ciò che accade nell’ambito della relazione personale tra il prete e il minore è vincolato dal sigillo sacramentale della confessione, che si applica a entrambi. Quindi, anche la vittima che subisce la violenza più atroce è comunque obbligata al silenzio e non può rivolgersi alla giustizia secolare, pena la scomunica.

Come ben si vede, la rivoluzione di papa Francesco non è altro che un’abile operazione di marketing, in realtà la Chiesa Cattolica è sempre la stessa

E infatti nel 2014, sotto la guida di Bergoglio, la Santa Sede ha rifiutato di fornire al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e al Comitato ONU contro la tortura la lista dei nomi di circa 900 sacerdoti pedofili che negli ultimi 10 anni sono stati ridotti allo stato laicale. Va ricordato che alcuni di loro hanno confessato più di 200 stupri. Inoltre, il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza aveva fatto richiesta di chiudere i pre-seminari e i seminari minori gestiti da ordini e congregazioni religiose perché è dimostrato che gran parte delle violenze avviene in questi istituti, che accolgono bambini dai 6 anni d’età in su. Richiesta caduta nel vuoto. Infine, il 5 febbraio 2014 lo stesso Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza aveva formulato suggerimenti per garantire l’incolumità dei minori che frequentano chiese, parrocchie, seminari e scuole cattoliche e il 1° settembre 2017 la Santa Sede avrebbe dovuto presentare a Ginevra il dossier per dimostrare di averli tramutati in legge. Nulla è avvenuto.

Come ben si vede, la rivoluzione di papa Francesco non è altro che un’abile operazione di marketing, in realtà la Chiesa Cattolica è sempre la stessa. Dichiaratamente omofoba. Torbida nella gestione della propria banca. E omertosa rispetto agli innumerevoli casi di abusi sessuali su minori che centinaia di suoi rappresentanti hanno perpetrato in tutto il mondo.

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kurt duschek Fri, 06/22/2018 - 20:55

.....es erstaunt, dass zu diesem "mutigen" Artikel keine Kommentare gepostet werden. Nachdem ich den Artikel 2x durchgelesen habe, kann ich nur zustimmen. Franziskus hatte sicher gute Vorsätze, aber die Vorurteile der Kirche gegen sogenannte "Sünder" konnte er nicht ausmerzen. Schade !

Fri, 06/22/2018 - 20:55 Permalink