Nuovo ingresso
Chi oggi cerca la sede di Kunst Meran Merano Arte non deve più camminare ripetutamente in su e giù per i Portici alla ricerca di quel numero 163 in cui ha sede la galleria che si dispiega su ben tre piani dentro uno di quei vecchi edifici meravigliosamente ristrutturato nel 2000: dalla primavera scorsa, grazie a un intervento minimo, ma sapiente e al contempo efficiente (a fronte di tanti altri tentati negli anni passati per richiamare l’attenzione, grazie a proiezioni di luci sul pavimento o altro che non ha mai funzionato…) da parte dell’architetto/artista milanese Riccardo Previdi. In che cosa consiste la sua pensata? Ha semplicemente ripreso la pratica tradizionale e molto diffusa in Alto Adige di decorare rispettosamente le strutture architettoniche con scritte caratterizzanti l’uso delle stesse per dare un nome, una definizione o segnare l’anno di costruzione. Così Previdi si era detto: che cosa c’è dietro a quell’ingresso? La “Kunsthaus”, come viene chiamato da tutti i meranesi – sia di lingua tedesca che di lingua italiana - quello che si autodefinisce Museo di arte contemporaneo ma “museo” non è perché ospita in generale dalle tre alle quattro mostre temporanee a cura di coloro che vengono ingaggiati per tale ruolo. Usiamo l’articolo “la” in italiano riferendosi a “la galleria”, mentre in lingua tedesca si usa il neutro “das” riferendosi questo articolo alla parola neutra “Haus” (casa). Anche tradotto letteralmente verrebbe fuori “la” Kunsthaus, in quanto in italiano significa “la casa dell’arte”. Per questioni di pars condicio (?) si è voluto evitare l’articolo, peccato, sarebbe stato un “la” o un “das” per dare inizio a una “convivenza” invece di voler puntare sempre sul vivere “accanto” o persino “contro” – in ogni caso qui si è voluto puntare sulla neutralità… Forse in omaggio al font usato, l’Helvetica Bold (Helvetia è il nome antico della Svizzera e “bold” nel linguaggio grafico significa grassetto)? Scherzi a parte, Previdi ha preso la palla al balzo e ha voluto realizzare un ingresso caratterizzante per la nostra Kunsthaus in città scrivendo a grandi lettere ripetutamente la parola “Kunsthaus”. Essa risulta di grande effetto, perché in primo luogo la si nota venendo sia dalla parte alta che da quella bassa dei Portici, e in secondo luogo produce indirettamente un effetto dinamico per cui funge quasi come un risucchio, come a voler invitare coloro che passano a far visita alla “casa dell’arte”.
Questo nuovo ingresso aveva coinciso l’anno scorso con la riapertura primaverile dopo il primo lockdown, occasione in cui si era riprogettato anche l’atrio, ora più spazioso e generoso nei confronti del pubblico con vetrine nuove per lo shop ospitato al pian terreno, mentre le mostre iniziano sempre al primo, subito dopo la porta di entrata alla stupendamente affrescata Sala della Cassa di Risparmio che spesso ospita conferenze interessanti o incontri con artisti vari.
Per la riapertura in questa primavera 2021 – dopo il terzo lockdown – c’è un’altra novità: arrivando a Sinigo sia dalla MeBo che lungo la strada normale si erge un gigantesco cartellone pubblicitario a doppio lato che da sempre presenta le iniziative della Kunsthaus. Mentre in passato i manifesti affissi erano sempre stati direttamente legati alle mostre in corso, ora regna un unico motivo grafico: il già citato nuovo ingresso. Con qualcosa in più, però, rispetto alla sola indicazione che a Merano esiste una galleria d’arte contemporanea. Ricontattato dalla nuova direzione (Martina Oberprantacher) Riccardo Previdi, che ormai vive in Svizzera con la moglie Christiane Rekade, la precedente curatrice per alcuni anni, fedele allo stile nelle sue opere, ha rielaborato una immagine fotografica a mo’ di banner inserendo un elemento nuovo per conferirgli una visibilità nuova e una vita propria: la silhouette di una bambina bionda ripresa da dietro mentre sta per entrare in quell’enorme portone decorato con la scritta che già conosciamo.
Personalmente quella silhouette vestita con un impermeabile giallo mi ricorda alcune immagini del film di Nicolas Roeg girato in una nebbiosa Venezia con un personaggio nano che si aggira nelle calli con un impermeabile simile ma di colore rosso shocking (infatti il titolo del film realizzato nel 1973 è “A Venezia un dicembre rosso shocking”) perché mi ricorda la stessa misteriosità e la stessa dinamicità. Qui la silhouette gialla appartiene alla figlia di Riccardo Previdi, Franca, e alla domanda come mai avesse voluto usare proprio la sua, ci risponde che le sue opere d’arte hanno spesso riferimenti e matrici biografiche. “Uso la mia storia, la mia famiglia e gli amici come pretesto per guardarmi attorno e non dare l’impressione di agire come un solipsista, piuttosto vorrei essere un fulcro in cui si comprimono impressioni da cui a loro volta partono i segnali emessi nel circondario riproducendolo a modo mio”, ci racconta al telefono. Una volta scelta l’immagine ha omesso ogni riferimento agli altri esercizi commerciali vicini neutralizzando lo sfondo, colorandolo, per mettere maggiormente in evidenza la bambina ripresa di spalle che corre verso l’interno. “Ho voluto rendere omaggio alla nostra presenza pluriennale a Merano, riproducendo Franca sul banner, mettendo qualcosa in più però, nel senso che il tutto vuole essere anche un richiamo al fatto che la Kunsthaus è aperta (va considerato il fatto che Previdi ha realizzato l’opera in pieno lockdown…), aperta in tutti i sensi… doppi e tripli. Tra cui innanzitutto che le persone possono accedervi, e qui rimando anche a un’opera precedente che per un’intera stagione ha campeggiato sopra l’entrata del Museion di Bolzano: la scritta ‘Open’ che nel carattere riprende la leggerezza e flessibilità di una font in corsivo e nel concetto si rifà alle tipiche insegne che si vedono negli esercizi commerciali cinesi (poi acquistata dallo stesso Museion per la collezione permanente)”.
Quel banner a doppia faccia (in quanto si percepisce la stessa immagine su entrambi i lati del gigantesco pilone) ritrae in modo giocoso, strizzando l’occhio al fumetto, una situazione, dove lo stesso Previdi ci svela che l’uso del colore giallo in varie sfumature trae origine da un’altra metafora, ossia quella per cui una bambina sta per accedere a uno spazio in cui è celato un tesoro che brilla. Detto in chiaro: le mostre d’arte, la cultura... Così l’artista ha voluto creare per la figlia Franca una sorta di Cappuccetto rosso di giallo vestito, che al pari di quel personaggio fiabesco corre curiosa verso un riverbero. Nel banner – a nostro avviso - si nota ancora di più la dinamicità della scritta, sebbene creata con un font molto rigoroso, l’Helvetica appunto, una dinamicità che riflette il movimento vorticoso come in una foto freeze abile ad attirare, e risucchiare al contempo, lo sguardo di chi passa in macchina o in bus.
In ultimo va detto che il tutto è stato fatto a costo quasi zero, avendo Previdi coinvolto un suo allievo del Dipartimento Design dove insegna da qualche anno presso la LUB il quale con grande passione e dedizione si era messo subito all’opera. Contento di farlo. Per fare cultura.