Culture | Avvenne domani

La memoria di una valle

Dopo cinquant’anni tornano le foto di di Flavio Faganello

L’idea è quella piccolo viaggio nello spazio e nel tempo. Tragitto non impegnativo quello che, dal centro di Pergine Valsugana conduce rapidamente verso la Val dei Mocheni, a Palù del Fersina e a Fierozzo. Per tornare indietro di cinquant’anni occorre invece uno strumento potentissimo: quello costituito dalle oltre 100 fotografie in bianco e nero che il fotografo trentino Flavio Faganello scattò in questi luoghi all’inizio degli anni 70.

Uscite dagli archivi della Provincia di Trento e da quello della famiglia Faganello, resteranno esposte sino a fine settembre in due siti particolari di questa terra dove ancora viene coltivato con amore e attaccamento il parlare in una lingua (lingua, si faccia attenzione, e non dialetto) portata tra queste montagne attorno al 1300 da montanari bavaresi chiamati dal signore del luogo a popolare terre allora rimaste deserte.

Quando Faganello inizia a raccontare per immagini assieme al giornalista Aldo Gorfer la realtà del mondo trentino di montagna, consegnata poi alla memoria con lo splendido libro “Solo il vento bussa alla porta” del 1970, quei piccoli centri appesi ai ripidi pendii che guardano le acque del Fersina erano il segno tangibile di un profondo isolamento. La macchina fotografica di Flavio Faganello ha fissato, con tutte le sfumature di un bianco e nero rigoroso, i volti i paesaggi che non erano poi tanto diversi, in quegli anni ancora, da quelli dei secoli precedenti. I riti ancestrali come quelli celebrati sul finire dell’anno, i volti delle donne capaci, con una fatica antica, di mandare avanti l’economia del maso (altra istituzione portata in valle dagli immigrati dell’area tedesca) mentre gli uomini, terminato il lavoro estivo nei campi, si caricavano sulle spalle una gerla con molti cassetti e misuravano col passo le strade tutto l’impero austroungarico per vendere anche nei luoghi più sperduti come quello da cui erano partiti piccole stampe di immagini sacre.

A quei tempi e a quei personaggi che riportano oggi le foto esposte al Maso Filzerhof di Fierozzo e alla Casa Lenzi di Palù. Ma anche quelle riprodotte in grandi dimensioni che accompagnano il visitatore mentre si muove attraverso le strette vie del piccolo centro.

A chi arriva dall’Alto Adige non può sfuggire il profondo rapporto che esiste tra questa indagine antropologica condotta mezzo secolo fa con l’uso della macchina fotografica e quella che, negli stessi anni, Faganello e Gorfer dedicarono ai Masi di montagna dell’Alto Adige, e che a sua volta formò l’oggetto di un altro libro rimasto storico della ricerca sulla realtà altoatesina: “Gli eredi della solitudine”. Il ritratto di una realtà dipinto appena prima che tutto iniziasse a cambiare sotto la spinta di uno sviluppo economico guidato dal turismo e di una politica che ha cercato di limitare al massimo quell’isolamento antico.

Le mostre aperte in Val dei Mocheni sono dunque lo stimolo potente a riappropriarci di un passato prossimo che rischia di svanire nella memoria sopraffatto da una modernità che a volte significa benessere ma anche omologazione.

La mostra di maso Filzerhof, ingresso a pagamento, è aperta tutti i giorni a luglio e agosto dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17:30. In settembre, con gli stessi orari, solo il venerdì, sabato e domenica. La mostra di Casa Lenzi è aperta, con gli stessi orari, nelle giornate di sabato e domenica in luglio e settembre e ininterrottamente dal cinque al 27 agosto.

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Simonetta Lucchi Thu, 07/20/2023 - 12:19

"Gli eredi della solitudine" era un bel titolo e una bella ricerca.Ora un po' di questa autenticità perduta rimane nelle zone abitate da comunità cimbre e mochene ed è interessante ritrovarla. Piace anche ai ragazzi conoscere questa realtà, posso dirlo avendo tenuto alcuni laboratori anni fa nelle scuole.

Thu, 07/20/2023 - 12:19 Permalink