Society | Privato e Pubblico

A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio

Immigrazione: non basta la Carita(s).
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Il direttore della Caritas di Bolzano, dichiara che il tema della accoglienza non può più essere di competenza esclusiva della sua associazione. Fin’ora essa ha assistito (assieme a Volontarius) i richiedenti asilo della provincia di Bolzano, avendo la Provincia delegato in questo modo tutti suoi compiti istituzionali. I profughi, mano a mano che arrivano in provincia, hanno come referente questa importante organizzazione cattolica. Ora giustamente, passata la prima fase di emergenza, la Caritas sostiene che è arrivato il momento di far intervenire nel percorso di accoglienza, anche le Istituziini Pubbliche, fin’ora tenutesi defilate. Si è confusa infatti la fase della Prima Accoglienza, con quella del Processo di Integrazione: quest’ultimo non può competere solo ad un soggetto privato e confessionale, ma deve inevitabilmente riferirsi alle Istituzioni Locali come scuola, strumenti del mercato del lavoro, sanità, forze dell’ordine, ecc. Il richiedente asilo dovrebbe rapidamente rapportarsi con la nostra società, le sue regole e le sue opportunità. Imparare la/le lingue, frequentare corsi professionali anche in azienda, iniziare il percorso della piena cittadinanza fatta di diritti e doveri. Vivere troppo a lungo nelle condizioni della prima accoglienza (con assistenza globale) significa ritardare e compromettere il processo di inclusione e responsabilizzazione dei singoli. La solidarietà e la “carità” praticate dalle nostre associazioni sono indispensabili, ma l’integrazione è un compito generale e pubblico. “Noi ci fermiamo qui: Provincia e Comprensori devono strutturarsi nella prospettiva delle attività ordinarie” dice il direttore della Caritas. Ed ha ragione. Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.
(www.albertostenico.it)