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Connection per incontarsi. E ‘ripartire’.

Quando Senad Kobilic arrivò al centro giovanile di Bressanone faceva in sostanza il ‘body guard’. Da allora tutto è cambiato.

Tutto cominciò nel 2005, quando il giovane bosniaco venne chiamato ad animare il piano di sotto del centro giovani di via Ponte Widmann 4/a a Bressanone.  All’epoca quello che il centro stava cercando non era tanto un operatore, ma qualcosa d’altro. 

“Serviva uno forte, anche fisicamente, che non avesse problemi a confrontarsi con i bulli che dominavano il centro. Alcuni li ho dovuti mandare via. Dovevamo ristabilire una situazione di tranquillità, per poter andare nelle scuole e dire ‘venite pure, nessuno vi farà niente’.”

Quando arriva a quello che oggi si chiama Connection, Senad di educazione giovanile non sa nulla. Anche lui, come molti dei ragazzi, veniva da un altro mondo (dalla Bosnia) e non andava molto d’accordo con la scuola, che aveva mollato per un lavoro in fabbrica. Il centro ha agito su di lui come ha agito su molti ragazzi: da volontario ha imparato l’importanza dell’impegno, ha finito la scuola serale, ha fatto l’università, si è formato in ambito sociale e quando nel 2010 il suo ex “capo” lascia il centro è lui a farsene carico.

“Tra il 2007 e il 2010 il centro ha vissuto un vero periodo d’oro: una settantina di ragazzi frequentava il centro con regolarità, lo considerava una casa.”

Ma nei centri giovanili le epoche si susseguono velocemente, appena un gruppo solido raggiunge la maggiore età naturalmente si sfalda. Un nuovo ciclo è iniziato nel 2011, ma i numeri del precedente triennio non si sono più raggiunti.

“Questo perché tutto è cambiato da allora. I ragazzi sono cambiati, quello che volevano allora non è quello che vogliono oggi. E’ cambiata la scuola: occupa molto di più il pomeriggio con lezioni e corsi. E poi sono cambiati i genitori: vogliono che i figli abbiano una giornata piena, che seguano corsi su corsi, di musica, sport, lingue etc.”

Le famiglie che non possono permettersi un’educazione così a tutto tondo sono principalmente quelle di recente migrazione. Quindi molti dei ragazzi che frequentano il centro sono stranieri, soprattutto pachistani.

“I tempi sono cambiati anche per quel che riguarda l’integrazione. Oggi i ragazzi sono tutti molto più consapevoli della diversità. E anche se a volte le origini diverse diventano un motivo per prendersi in giro a vicenda, tutti in realtà sono molto più rispettosi delle identità, dei riti, delle abitudini di altre culture. Nonostante questo, molte diffidenze rimangono, e gruppi di culture omogenee tendono a rimanere fra loro e a chiudersi agli altri, anche attraverso l’uso della lingua.”

Il trend sembra inevitabile: i ragazzi che frequentano il centro sono e saranno sempre meno. L’attività di animazione è sempre un punto di riferimento del Connection, ma negli ultimi anni si è capito che il ruolo del centro non può limitarsi a quella. Che i giovani sono anche quelli che frequentano l’università, o quelli che non hanno bisogno di un luogo di aggregazione nel pomeriggio, ma che volentieri si lasciano coinvolgere da concerti o altre attività culturali.  E così il Connection ha cercato una nuova identità, molto più orientata all’esterno e alla collaborazione con altri enti. Sono diventati organizzatori di concerti, sia nella sede, che al nuovo centro nell’ex cinema Astra, anche al buio, in collaborazione con l’Associazione Ciechi. Con l’Università hanno realizzato una webradio, con una trasmissione interamente autogestita dagli studenti. Con l’Associazione Dandelion hanno dato vita ad un festival musicale e artigianale che dal 2014 anima una volta all’anno lo storico quartiere di Stufles. Collaborano con il Teatro Stabile e il Centro Don Bosco alla realizzazione di una rassegna teatrale, a cui intendono collegare anche l’attività “Giovani in scena” che realizzano insieme ai ragazzi.  Con l’Associazione Atelier hanno realizzato un festival di cantautorato dal titolo “Crossborder” in cui sono stati invitati anche cantautori nazionali. E sono tra i principali animatori in città delle iniziative legate alla Giornata della Memoria: ogni anno organizzano in collaborazione con le scuole superiori e l’Università una commemorazione in Piazzetta Scholl.

“In questo modo il Connection non si limita ad essere un centro giovani, ma diventa un vero e proprio promotore culturale, punto di riferimento per diverse fasce d’età e di pubblico. E la collaborazione diventa fondamentale. Questo è il futuro: non si può più pensare di essere ognuno per sé. Esistono talmente tante energie sul territorio, non metterle insieme non ha senso.”

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Questo articolo è stato originariamente realizzato da Giorgia Lazzaretto ed è stato pubblicato sulla prima edizione dell'annuario del Servizio Giovani della Provincia autonoma di Bolzano.