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“Prova d’orchestra” senza direttore

Ultimo concerto del Südtirol Classic Festival di Merano: una lezione memorabile di responsabilità artistico-musicale con valenza politico-culturale sul piano civico.
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Foto: Meraner Musikwochen

Le 31esime Settimane Musicali Meranesi si sono chiuse tra un Gospel che ha fatto danzare anche le mura del Kursaal e la Mahler Chamber Orchestra che ha risposto dignitosamente al quesito eterno: può un’orchestra suonare senza direttore?

Nel 1979 Federico Fellini aveva immaginato nel suo film Prova d’orchestra una situazione simile a quella che si era creata per il concerto di chiusura dell’edizione 2016 dell’amato festival della cittadina sulle rive del Passirio, arrivando però a un finale devastante che al contempo fu premonitorio di un’Italia che stava andando sfracellandosi politicamente dopo l’assassinio di Aldo Moro. Potremmo allora immaginare in modo parallelo che ciò che era accaduto la sera del 23 settembre nel Kursaal di Merano potrebbe essere altrettanto premonitorio? Nell’enorme salone in perfetto Jugendstil, anno di costruzione 1914, le oltre 700 persone presenti si erano alzate tutte in piedi per congedare con una standing ovation la Mahler Chamber Orchestra dopo aver suonato musiche di Beethoven e il memorabile Psalom di Arvo Part senza un direttore d’orchestra che normalmente detta il ritmo: l’orchestra aveva suonato lo stesso armonicamente insieme. Ci si può augurare allora che ciò possa accadere anche nella società civile affinché ognuno e ognuna si assuma le proprie responsabilità nella propria sfera di vita quotidiana per andare a creare comunità che funzionino anche senza direttori vari…? 

Ma che cosa era accaduto di tanto anarchico da spodestare colui o colei che solitamente alza la bacchetta per mettere in accordo i diversi strumentisti? Parlando del cartellone 2016, Andreas Cappello, il direttore artistico, lui stesso musicista, ci aveva fatto nomi importanti della scena internazionale ma uno in particolare: Teodor Currentzis, direttore d’orchestra di origine greca, che dopo gli studi tra Mosca e San Pietroburgo aveva eletto la Russia come la sua seconda patria. Dal 2010 Currentzis vive a Perm negli Urali, dove dirige il Teatro dell’opera e del balletto godendo al contempo della libertà di sperimentare con la sua MusicAeterna, l’orchestra da lui fondata ancora a Novosibirsk (dal 2004 al 2010) ora residente presso il suddetto teatro. Currentzis – ci aveva spiegato Cappello - è ricercato ormai dalle piazze internazionali anzitutto per il suo approccio inedito alle partiture classiche, soprattutto di compositori russi, per cui ha vinto premi (nel 2007 con Prokofiev), inciso numerosi dischi (Shostakovich, tra altri) e stretto di recente un accordo esclusivo con la Sony Music che prevede la registrazione nei prossimi anni di tutte le opere di Mozart.

Il festival meranese si era aperto a metà agosto con Music on Screen, una tre giorni con proiezioni open air di documentari con i direttori d’orchestra Riccardo Chailly, Ennio Morricone e Teodor Currentzis, appunto. Con quest’ultimo si è visto Beauty is a Crime, film in cui la sua MusicAeterna suonava musiche di Mendelssohn e di Brahms, divinamente diretta dall’enfant terrible con la bacchetta (magica) e una gestualità sensual-sensibile che non può non far pensare a un altro grande direttore d’orchestra vissuto nella seconda metà del secolo scorso in Europa: Sergiu Celibidache. Di origini rumene, quel genietto dal ritmo innato era salito la scala del successo grazie all’altrettanto particolare gestualità con cui dettava ritmi cadenzati e liberamente fluidi, tra Berlino, Monaco e Bologna, nonché in giro per tutto il mondo.

Tornando a Currentzis possiamo dire che il suo volto ci era divenuto familiare avendo tronato per settimane sui cartelloni appesi in giro nelle varie strade in città, ma purtroppo non abbiamo potuto poi ammirarlo dal vivo perché malato. Ecco perché la Mahler Chamber Orchestra con grande senso umano e responsabilità artistica ha deciso di suonare senza il direttore d’orchestra, dopo aver eletto a tale funzione per il Concerto per violino e orchestra in re maggiore, op. 61 il primo violino ospite, Pekka Kuusisto, il quale ha svolto egregiamente questo doppio incarico. Mago delle corde, classe 1976, finlandese, originario di Helsinki, Pekka è un altro enfant terrible, dicasi più prodige però, visto che il suo tocco assolutamente personale sa creare suoni delicati nel vibrar le corde con le dita, mentre in altri momenti la triade composta da strumento, archetto e corpo diventa un tutt’uno muovendosi a suon di note che si trascinano dietro l’intero ensemble dei quarantacinque elementi della Mahler Chamber Orchestra provenienti da oltre venti paesi di tutto il mondo: un vortice di suoni melodiosi che fa muovere a ritmo anche le persone sedute in sala. Da menzionare il bis regalato al pubblico da Pekka: un toccante Emigrant Song finlandese che narra musicalmente il viaggio dei migranti che andavano oltreoceano a metà Ottocento, per ricordare gli attuali viaggi oltremediterranei di coloro che non hanno più luoghi in cui tornare al contrario dei musicisti in tournée – come ha sottolineato lo stesso violinista.

La MCO esiste dal 1997 per volontà di alcuni giovani musicisti che, stimolati e aiutati da Claudio Abbado, si sono uniti in un ensemble indipendente e internazionale che si forma ogni volta per andare in giro a suonare un repertorio che risiede soprattutto nel periodo classico viennese e romantico ma anche in numerose prime di musica contemporanea. Un’altra importante eredità lasciata dal grande direttore d’orchestra scomparso due anni fa a Bologna, tra le tante orchestre giovanili con cui aveva saputo raccogliere ragazzi e ragazze altrimenti destinati alla vita di  strada, tra Brasile, Venezuela e altri paesi del cosiddetto “terzo mondo” ormai mondo emergente.