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Velasco non smette mai di insegnare

Il tecnico italo-argentino ha riportato il volley femminile ai vertici, vincendo l'oro alle Olimpiadi Al Festival dello sport di Trento è stato intervistato da Cazzullo.
Velasco
Foto: Festival dello Sport - Gazzetta
  • L’accoglienza che il pubblico del Teatro Sociale gli tributa è quella riservata ai numeri uno. E non potrebbe essere altrimenti perché sul palco, nella penultima giornata della kermesse trentina giunta alla settimana edizione, c’era Julio Velasco, allenatore che due mesi fa alle Olimpiadi di Parigi è riuscito a far salire per la prima volta nella storia la Nazionale femminile di pallavolo sul gradino più alto del podio. Velasco, uno dei più grandi allenatori di volley a livello mondiale, che ha vinto tantissimo. Come non ricordarlo alla guida del Dream team italiano dei vari Giani, Bernardi, Zorzi e compagnia? 

    Prima del suo ingresso sul palco scorrono le immagini delle gare vinte alle Olimpiadi. “E’ la prima volta che le vedo - racconta Velasco durante la chiacchierata con Aldo Cazzullo - un po’ perchè non sono uno che si guarda indietro e un po’ non ne ho avuto il tempo:  mi sono emozionato tanto. Questa squadra veniva da un anno difficile, non c’era bisogno di motivarla, ma di darle sicurezza. Ad un allenatore devono piacere le sue giocatrici, un po’ come le figlie, perché sono le sue e non perché vorrei quelle di qualcun altro. Altrimenti tutto si complica e la squadra è difficile che sia convinta e abbia autostima. La vittoria delle Olimpiadi è arrivata perché abbiamo giocato meglio ed è quello che conta soprattutto nella sport: il la psicologia e il gruppo vengono dopo”. 

    Nell'incontro al Teatro Sociale Velasco si è quindi soffermato  su un paio di dettagli sui quali negli allenamenti in nazionale ha insistito da quando ha preso in mano il gruppo nel Novembre dell’anno scorso “Come diceva Johan Cruyff (uno dei migliori giocatori della storia del calcio ndr) non c’è niente di più difficile di giocare semplice - e quindi ho cercato di insistere sulle due cose che nella pallavolo ci sono sempre e cioè battuta e ricezione. E quando vado in giro a vedere certi allenamenti questo non avviene spesso. Il nostro compito è quello di essere sia insegnanti che allenatori. E cioè, in questo secondo aspetto, riuscire a far andare oltre le proprie possibilità le atlete, rendendole autonome. Anche perché sul 24-24 sono loro in campo e non c’è allenatore che tenga e queste situazioni le giocatrici, o i giocatori, devono essere in grado di gestirle da soli. La differenza principale tra i maschi e le donne? Queste ultime fanno più fatica ad accettare un loro errore”.

  • Non sono uno di quelli che credono a frasi del genere “se vuoi puoi” perché altrimenti sarei diventato il numero 10 nella squadra di calcio del Plata, la mia città .

     

    Velasco, nel corso della sua carriera, è stato, tra l’altro, anche un dirigente calcistico, con Lazio e Inter ai tempi  in cui ai vertici c’erano Cragnotti e Moratti. “E’ stata un’esperienza interessante, anche perché io sono un calciofilo e come molti giocatori di pallavolo siamo dei calciatori frustrati. Non sono uno di quelli che credono a frasi del genere “se vuoi puoi” perché altrimenti sarei diventato il numero 10 nella squadra di calcio del Plata, la mia città (e qui scatta uno dei tanti applausi che il numerosissimo pubblico gli ha tributato nel corso del pomeriggio). Ho capito da queste due esperienze che quel tipo di mestiere non fa per me, io sono un tecnico e loro farò finchè non mi manderanno via”. 

    C’è spazio anche per una battuta sul calcio e su chi sia meglio tra due suoi illustri connazionali, Maradona e Messi. “Per me meglio Diego perché aveva una leadership più forte e inoltre, con il problema della cocaina che ha avuto, ha fatto ugualmente cose grandissime”.