Society | Referendum

Due sì contro la fabbrica del precariato

I due quesiti referendari della Cgil, per abolire i voucher e ripristinare la responsabilità sociale negli appalti, possono diventare un argine contro la precarizzazione.
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Foto: Fabio Petrini

Cinzia Turello, legale rappresentante della Fisac, categoria del credito e assicurazioni con incarico confederale, parla di questa sfida. Il Consiglio dei ministri ha fissato la data dei referendum proposti dalla Cgil su appalti e voucher: si vota domenica 28 maggio 2017.

“I buoni lavoro e le esternalizzazioni attraverso gli appalti e subappalti – così Turello - hanno in comune più di quanto sembra: sono ottimi strumenti per deresponsabilizzare i datori di lavoro e aggirare le norme che disciplinano i rapporti di lavoro. Questioni cruciali che interessano milioni di lavoratori. Il voucher non ha nulla a che fare con il contratto di lavoro, perché non è subordinato quindi non dà alcun diritto al lavoratore. Niente malattia, né maternità, zero disoccupazione, assegni famigliari, rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno. Niente. Una condizione lavorativa caratterizzata da prestazioni ridotte a merci che si possono comprare dal tabaccaio”.

“L’attenzione – continua la sindacalista - è catalizzata sui voucher, ma altre centinaia di migliaia di lavoratori sono coinvolti nel sistema di ‘scatole cinesi’ delle esternalizzazioni. Un sistema che toglie via, via responsabilità alle aziende in appalto e subappalto. In questo sistema sono coinvolti tutti i settori, dalla sanità alla logistica, dall’edilizia al commercio, dalle pulizie ai trasporti. Ad esempio: se i lavoratori delle ditte in appalto o in subappalto non ricevono lo stipendio o non vengono loro versati i contributi, da chi possono ottenere quanto gli è dovuto visto che, grazie alla deroga introdotta dalla Legge Fornero nel 2012, il committente non è direttamente responsabile delle decisioni, dei comportamenti e della situazione finanziaria delle aziende a cui appalta?”

Il quesito referendario chiede di tornare alla situazione precedente al 2012, quando la responsabilità era solidale tra il committente, l’impresa appaltante e quella subappaltatrice. Come spiega Turello si chiede, infatti, che l’appaltante e l’appaltatore abbiano uguale responsabilità nei confronti dei lavoratori e che questi possano ottenere quanto gli è dovuto da  entrambi.

“La responsabilità in solido sarebbe, inoltre, un freno e un disincentivo per il committente, che spesso per pagare meno si affida ad appaltatori che per tagliare i costi tagliano su retribuzioni e diritti, su salute e sicurezza. Su tutto ciò che garantisce chi lavora. E lo sarebbe anche nei confronti delle cosi dette ‘finte cooperative’, dove spesso il socio lavoratore è solo un dipendente senza diritti e senza nessuno a cui appellarsi. I quesiti referendari promossi dalla Cgil tornano a soccorrere i lavoratori contro una legge completamente ingiusta, sbagliata, che non ha combattuto la disoccupazione, ma ha solo peggiorato le condizioni di chi lavora e svilito le persone: il Jobs Act”, conclude la sindacalista.