Jihadisti a processo
Si apre oggi a Bolzano il processo all'organizzazione Rawthy Shax, una rete internazionale che mirava a reclutare militanti da inviare in Medio Oriente per creare uno Stato islamico nel Kurdistan iracheno. Una cellula dell'organizzazione aveva sede in Alto Adige.
Come è possibile che in un appartamento della ridente Merano si riunisse un'organizzazione ramificata in mezza Europa che aspirava a reclutare combattenti da inviare in Siria e In Iraq con l'obiettivo di rafforzare le milizie dello stato islamico?
In un mondo che, nonostante i sogni dei nazionalisti, è sempre più globalizzato, bisognerà abituarsi a situazioni come questa. E, soprattutto, toccherà prendere le contromisure per evitare che simili gruppuscoli possano prendere piede nella nostra società inquinando una convivenza che è già molto difficile.
Il primo passo è quindi guardare la realtà ammettendo le difficoltà e i problemi. E chiamando le cose con i loro nome evitando di infiocchettare la realtà.
Ma veniamo ai personaggi di questa squallida vicenda.
Parlare del mullah Krekar ci consente un excursus storico. Il leader islamista kurdo è inizialmente un oppositore di Saddam Hussein ma dopo la prima guerra in Iraq il regime baathista inizia a cercare l'alleanza dei gruppi islamici. Nel nord dell'Iraq, dove cresce l'influenza del movimento kurdo, Saddam si appoggia proprio agli islamisti per reprimere i militanti kurdi del Pdk e del Puk. Gli islamisti kurdi vengono inviati ad addestrarsi in Afghanistan e nel 2001, poco prima dell'attentato alle torri gemelle, nei villaggi attigui alla frontiera iraniana, spunta Ansar al Islam una milizia paramilitare che conquista importanti porzioni di territorio dove impone una durissima versione della sharia. Il leader spirituale del gruppo – nato dalla fusione di diversi movimenti islamici kurdi - è proprio il mullah Krekar. Secondo i servizi americani Ansar al Islam ha accolto diversi veterani della guerra afghana ed è la prova del collegamento tra l'Iraq di Saddam e Al Qaida e così l'amministrazione Bush decide che dopo l'Afghanistan e il turno dell'Iraq. Durante l'occupazione americana i miliziani di Ansar al Islam sono in prima linea nei combattimenti che infuriano soprattutto nel triangolo sunnita. Il mullah Krekar fugge in Norvegia ma tanti suoi discepoli finiscono in prigione. Tra loro c'è anche Abdul Rahman Nauroz, il leader della cellula meranese.
Le prigioni americane in Iraq sono l'anticamera dell'inferno. Bush, accecato dal desiderio di vendetta per le torri gemelle, urla slogan da film western e le truppe americane si permettono di tutto. Quando il mondo scopre le torture di Abu Ghraib, l'ondata di orrore è immensa. E l'America, o meglio l'Occidente, si ritrova con un sacco di nemici.
È da quelle galere, dove si torturavano i prigionieri con cani e fili elettrici, che è uscito l'emiro Al Baghdadi. Ed è anche da lì che è uscito Nauroz. Con un immenso desiderio di vendetta.
Krekar è stabilito in Norvegia , Nauroz in Italia ma questo non gli impedisce di riallacciare i contatti con il vecchio maestro. Mentre il mullah ha fatto di tutto per finire sulle prime pagine dei giornali rilasciando dichiarazioni infuocate sulla jihad e finendo diverse volte sotto processo, Nauroz agiva nell'ombra con l'obiettivo di reclutare militanti disposti a combattere per costruire uno stato islamico nel Kurdistan iracheno. Uno stato retto dalla shariah, la legge sacra di cui il mullah sarebbe stato il supremo interprete.
Il processo di oggi – in cui sono imputati Krekar e tutta la sua rete di sostenitori fuori dall'italia – è l'ultimo atto di un'indagine durata cinque anni e condotta con metodi da Csi. I carabinieri del Ros hanno ppiazzato microfoni e telecamere intorno a Nauroz, monitorato i suoi spostamenti e decriptato (grazie ad un software messo a punto dagli hacker tedeschi) le sue conversazioni via chat. I militari arrivano persino a piazzare un segnalatore nel bagaglio di Eldin Hodza, il giovane meranese di origini kossovare che grazie a Nauroz raggiunge la Siria per unirsi alle milizie islamiche. Ora va a processo tutta la rete che organizzò l'operazione. La logistica, il trasferimento di fondi e soprattutto il viaggio attraverso la Turchia.
Un processo unico per Bolzano ma anche per l'Italia. Tra gli imputati infatti c'è un leader islamista di caratura internazionale come il mullah Krekar, non a caso le misure di sicurezza predisposte sono imponenti.