Muser, Tisi, la guerra e il Male
Il papa dev’essere prudente. Logisch. Mica può “scomunicare” il patriarca Kirill che benedice la guerra stragista e parla come l’Anticristo. Ovvio che Bergoglio ci deve parlare, con gli ortodossi e con Putin: anzi, la diplomazia vaticana dovrebbe riscoprire l’Ostpolitik del grande cardinal Casaroli e provare a lavorare per la fine della guerra.
Ma il Bischof von Bozen/Brixen e l’arcivescovo di Trento non potrebbero essere meno diplomatici, generici e retorici, e chiamare il male con il suo nome, e i malvagi con il loro?
E invece.
Invece anche la settimana cruciale (in senso etimologico: crux, crucis) della fede cristiana, quella che va dalla domenica scorsa, delle Palme, alla domenica prossima, della Resurrezione, l’hanno cominciata senza “rischiare” nulla sul piano della cronaca dolorosa, preferendo restare nel solco rassicurante della tradizione cattolica.
Il dolore innocente che scandalizzava Dostoevskij e gli provocava interrogativi radicali su Dio non scalfisce la tradizionale ricetta cattolica
Nonostante il Vangelo della Passione, letto nella domenica delle Palme, racconti – come una cronaca serrata – l’arresto, la flagellazione, la condanna e la crocifissione di un innocente, Gesù di Nazareth, il dolore degli innocenti (e dunque la ferocia criminale di chi lo provoca) non trova sufficiente rilievo nella predicazione dei vescovi di una regione che potrebbe insegnare qualcosa sui conflitti e sulla loro risoluzione.
Il dolore innocente che scandalizzava Dostoevskij (russo come Putin, e non è colpa di Dostoevskij) e gli provocava interrogativi radicali su Dio (è buono e onnipotente? E allora perché permette il dolore dei bambini?) non scalfisce la tradizionale ricetta cattolica. Siccome siamo figli di Eva e del peccato originale, siamo tutte e tutti colpevoli. Alla nostra generazione hanno insegnato la preghierina di contrizione “O Gesù d’amore acceso, non ti avessi mai offeso…”, per farci interiorizzare il concetto: se facciamo un peccatuccio qualsiasi, facciamo soffrire Gesù. È lui che ha sofferto per noi, sentiamoci tutti in colpa. Anzi: lui ha sofferto come mai nessuno (evidentemente falso: prima e dopo di lui, anche senza evocare la Shoah, miliardi di esseri umani hanno sofferto più a lungo e più atrocemente dell’Uomo sulla croce).
Anche domenica scorsa, a Bressanone/Brixen e a Trento, si è riascoltata questa predicazione cattolica tradizionale, che gravemente sottovaluta il dolore degli esseri umani nella storia per proiettarlo tutto sul figlio di Dio che è uscito dalla storia.
Potremmo definirlo l’ “equiparazionismo cattolico”: tutti colpevoli, nessun colpevole. Tutti malvagi, nessun bisogno di individuare il vero Cattivo.
Sentite Tisi: c’è lo sguardo sulle vittime (“il volto impaurito di tante donne, bambine e bambini dell’Ucraina”) ma poi c’è la solita chiamata di correità: “È necessario prendere atto che in ognuno di noi ci sono i tratti del dittatore, i lineamenti del manipolatore. Riconosciamolo: spesso alimentiamo la nostra vita con sogni di potenza. La guerra è dentro di noi: non di rado siamo abitati dal conflitto con noi e con gli altri. E tutto questo accade perché si rischia di costruire la vita sull’idea che esistiamo nella misura in cui siamo in grado di piazzare zampate vincenti e di ingrandire il nostro ego a discapito degli altri…”.
L’egoismo di tutti è dunque equiparato allo stragismo del dittatore: “In ciascuno di noi c’è il dittatore, il manipolatore…”. E dunque anche nella bambina ucraina Oksana, uccisa da un missile russo, c’era l’ombra del dittatore? Siamo colpevoli di “zampate di potenza” come il Sadico Stragista che comanda a Mosca, per sfortuna dei russi, degli ucraini e dell’umanità?
Sentite Muser: “Die Rosse, damals Symbol militärischer Macht und Entsprechung zu dem, was heute ein Panzer oder gar der Besitz einer Atombombe bedeutet, werden verschwinden. Der König auf dem Esel wird sich nicht in den Streit der Weltmächte mischen und nicht selber Macht spielen wollen. Er kommt auf einem Esel, dem Symbol des Friedens, aber auch dem militärisch wertlosen Tier der Armen“.
C’è dunque il riferimento al carro armato e alla bomba atomica, a cui si contrappone l’umile, disarmata regalità di Cristo in groppa all’asinello, ma anche in Muser manca la forza profetica (i profeti, nelle Scritture, hanno sempre chiamato il male per nome e cognome, hanno sempre accusato i re e i potenti) di indicare, o almeno di evocare chi ha scatenato la guerra.
La preghiera al Dio della pace per la conversione di coloro che “vogliono e fanno” la guerra in Ucraina mette infatti sullo stesso piano il dittatore che l’ha voluta e i combattenti ucraini che gli si oppongono
Prosegue, in italiano, la sua omelia: “Non sono i violenti, i radicali, gli integralisti, coloro che seminano paura, gli estremisti, gli arroganti e i rivoluzionari a rendere umano il nostro mondo - nemmeno i benintenzionati tra loro. Si lasciano sempre dietro frantumi, sangue e molto spesso cadaveri”. (I poveri “radicali”, osservo tra parentesi, equiparati ai violenti che seminano paura… E l’anno scorso c’erano anche gli “allarmisti” nell’elenco di chi produce cadaveri).
E riprende auf Deutsch: “ In der Ukraine haben in diesen Wochen die Panzer, die Waffen, die Bomben und der Terror das Sagen. … Wir bitten ihn (den „Friedenskönig auf dem Esel“) um die Bekehrung jener Menschen, die den Krieg in der Ukraine wollen und führen“.
Attenzione: qui Muser sembra più chirurgico di Tisi nell’individuazione delle responsabilità ma a ben vedere non lo è fino in fondo. La preghiera al Dio della pace per la conversione di coloro che “vogliono e fanno” la guerra in Ucraina mette infatti sullo stesso piano il dittatore che l’ha voluta e i combattenti ucraini che gli si oppongono combattendo. Tutti colpevoli. Tutti da convertire. Non c’è la graduazione della responsabilità, l’individuazione precisa del primo attore.
Per i vescovi di Trento e Bolzano restiamo, tutte e tutti, figli di Eva e peccatrici/ peccatori. In compagnia degli stragisti ma in fondo simili a loro, perché il “dittatore è in ciascuno di noi”. Certo, prima di Tisi l’hanno cantato anche i Van der Graaf Generator: “The killer lives inside me, I can feel him move…” (“Man-erg”). Come pure l’angelo, vive in noi. Certo, il lato oscuro è dentro ciascuno. Però la stragrande maggioranza degli uomini non diventano assassini né capi stragisti. Per fortuna.
Ma nelle parole dei predicatori, nel richiamo prepasquale alla universale penitenza, si finisce per non cogliere la decisiva differenza.