Codice
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Chronicle | Accadde domani

Un codice per il quarto potere

Quaranta articoli per regolare la professione.
  • Nel 1953 scoppiò quello che può essere sicuramente definito come il primo grande scandalo dell’Italia repubblicana, a metà tra la cronaca nera e la tempesta politica. Il ritrovamento del cadavere di una giovane sulla spiaggia romana di Capocotta innescò una serie di eventi che finirono per occupare le prime pagine dei giornali per mesi e mesi con riflessi pesantissimi anche sulla tenuta dalla maggioranza di governo. Tra i personaggi che furono coinvolti nella vicenda, senza alcuna ragione valida va precisato, vi era anche uno degli esponenti di spicco della Democrazia Cristiana, Attilio Piccioni, considerato come il naturale successore di Alcide De Gasperi e che, sull’onda dello scandalo, abilmente pilotato dalla stampa di destra, fu costretto a dimettersi dall’incarico di Ministro degli esteri e vide la propria carriera politica irrimediabilmente troncata. Sulla vicenda, collocata nel quadro di una violenta campagna di diffamazione condotta da ambienti giornalistici della destra e del neofascismo contro De Gasperi e i suoi uomini di fiducia, compare ora in un volume sui rapporti tra lo statista Trentino i servizi segreti, anche l’inquietante ipotesi di un intervento dei servizi anglo-americani.

    Quella vicenda ebbe comunque anche un altro riflesso: qualche anno dopo, nel 1957, la Federazione Nazionale della Stampa, sindacato dei giornalisti che all’epoca svolgeva anche le funzioni di controllo dalla professione, stilò la prima carta dei doveri della professione giornalistica. Indicazioni che, qualche anno più tardi, sarebbero stati in gran parte ricomprese nella legge che istituì, su iniziativa degli onorevoli Moro e Gonella, l’Ordine nazionale.

    Di deontologia professionale non si sentì più parlare sino ai tempi in cui un’altra colossale crisi sconvolse il sistema politico italiano, quella di Tangentopoli, nella quale le cronache quotidiane dei giornali e del sistema radiotelevisivo svolsero un ruolo fondamentale e, per certi aspetti, capace di suscitare severissime critiche. Ci fu allora, ed eravamo al 1993, un’altra carta dei doveri alla quale nel corso degli anni sono seguiti con un ritmo sempre più accelerato ulteriori documenti dedicati a particolari situazioni e eventi. Un cenno, solo per fare un esempio alla Carta di Treviso dedicata al problema del trattamento dei minori e poi via via con la costruzione di un sistema, che, nel 2013, ha portato anche alla nascita dei Consigli di Disciplina e all’elaborazione di un vero e proprio sistema sanzionatorio all’interno della categoria.

    Adesso, col processo iniziato sull’onda di uno scandalo nel 1997, trova un punto di arrivo con l’entrata in vigore, il 1 giugno scorso, del Codice Deontologico delle giornaliste e dei giornalisti. Si tratta di un documento, composto di 40 articoli divisi in otto titoli, che comprende, sintetizza e ripropone il contenuto di tutte le carte deontologiche via via approvate nel tempo e che si pone come il tentativo di regolare l’esercizio della professione nel rispetto di norme chiare, pensate per tutelare i diritti di chi fa il giornalista e quelli, al contempo, di che all’informazione si accosta per conoscere e informarsi oppure dell’informazione diviene oggetto (qui la versione in lingua tedesca curata dal Consigliere Nazionale dell’Ordine Markus Perwanger).

    I contenuti, come detto, sono sostanzialmente quelli già previsti dalle carte di deontologia. Rimane invariata, ad esempio, tutta la materia delle norme a tutela dei diritti dei minori, così come, per entrare in un settore oggetto di un dibattito acceso, quella riguardante il modo di trattare i delitti di genere o femminicidi che dir si voglia. Un particolare accento viene posto nell’indicare linee guida per il trattamento di notizie che riguardino persone fragili e vulnerabili. L’articolo 11 del Codice recita testualmente “La/il giornalista a) rispetta la dignità delle persone malate con disabilità, o comunque vulnerabili, con qualsiasi fragilità fisica e/o cognitiva e/o legata a problematiche sociali e familiari; b) evita sensazionalismo e tutelando l’identità della persona, che può essere resa nota solo nei casi di interesse pubblico e rilevanza sociale oppure per dare risalto a eventi positivi”. Altre norme che si collegano a queste sono relative al modo di trattare i casi di suicidio.

    Tutta l’ultima parte del Codice è imperniata sulla procedura per i giudizi disciplinari, con una definizione precisa delle sanzioni da irrogare ai giornalisti che violassero le normative deontologiche e con alcune novità miranti ad impedire trucchi procedurali come quelli che hanno in passato permesso ad alcuni personaggi di sfuggire ad una meritata radiazione semplicemente abbandonando per qualche tempo l’appartenenza all’Ordine.

    Questo dunque il Codice approvato alla fine del 2024 dagli organi competenti ed ora in vigore dopo un semestre di transizione. Ora la sfida è quella di fare in modo che trovi applicazione facendo sì che l’informazione che giunge, in un sistema così complesso come quello che ci circonda, dai soggetti che si richiamano a questa comunità di valori possa distinguersi proprio per questo da un sistema complessivo, quello dei social media, connotato a volte dal più totale disprezzo per la verità e l’etica.