Culture | Cinema

“A te la mossa, Capo”

Perché Robin Williams ci mancherà un sacco. Eine Erinnerung in Bildern, eine Umfrage in Bozen.

Una delle più infide illusioni del cinema è quella di farci credere che il perimetro rettangolare dello schermo protegga chiunque ci si rifletta dentro. Frantumare quell’illusione è l’atto di negligenza più difficile da assolvere per gli spettatori dall’altra parte dello steccato. Robin Williams era uno di quelli che credevamo ci sarebbero sempre stati, come Philip Seymour Hoffman, come tutti quegli alfieri del cinema che hanno dato corpo a personaggi credibilmente sinceri, imbrigliati nella complessità dell’ordinario. Robin Williams era il correlativo oggettivo della comicità, un caratterista esplosivo i cui film sono impressi a fuoco nella memoria di un’intera generazione per la delicata ruvidezza, la grazia scanzonata, la sensibilità accorta con cui erano interpretati. Chi come me è nato negli anni ‘80 probabilmente se lo ricorda più che per L’attimo fuggente o Good Morning, Vietnam soprattutto per aver rivisto fino alla nausea Mrs. Doubtfire, Jumanji e Hook - Capitan Uncino, segnalibri ingialliti di un’infanzia (o meglio di una pre-adolescenza) che in alcuni casi collimava con quella raccontata nei film e che individuava nei personaggi di Williams quegli “eroi” grassocci e goffamente rassicuranti a cui ci saremmo affidati senza riserve.

Non era difficile volergli bene e trovarlo comunque plausibile nei panni di uno psicopatico (Insomnia), del cattivone ossessivo (One Hour Photo), del marito devoto (Al di là dei sogni). Era un attore capace di convergere senza apparente sforzo verso un’evoluzione drammatica minuziosa, un prisma emotivo vivente che in Will Hunting - Genio Ribelle trova, in quella intuizione desolata dell’esistenza, il suo punto più alto. La storia è quella di Will (Matt Damon), ragazzo prodigio, povero in canna, che fa il bidello al MIT (Massachusetts Institute of Technology) e che un giorno viene notato da un professore (Stellan Skarsgård) dopo aver risolto un complicatissimo problema di matematica. Dopo l’ennesima rissa in un bar Will viene arrestato e liberato poco dopo a patto che si faccia seguire da uno psicologo. E qui entra in scena Williams. Da ieri una delle clip più cliccate è questa qui.

La scena che più limpidamente esalta l’originalità del suo talento è tuttavia un’altra. In una delle sue sedute Sean McGuire/Williams racconta, improvvisando, dei “problemini” di flatulenza della moglie defunta; un fuori programma esilarante che è probabilmente la ragione per cui Matt Damon se la ride così di gusto. C’è di più: se si osserva con attenzione si nota a un certo punto la cinepresa che trema (evidentemente anche l’operatore faceva fatica a controllarsi). Ecco, quel tipo di spontaneità irresistibile, quegli svirgoli inaspettati e la naturalezza con cui venivano perseguiti, sono le cose che mancheranno di più, e se bastasse arrampicarsi enfaticamente su un banco di scuola per riprendercele - c’è da scommetterci - ci saremmo già saliti tutti da un pezzo.