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Politics | Avvenne domani

Molti sono chiamati, ma pochi eletti*

Quando una campagna elettorale assomiglia al precampionato.

Gli stravolgimenti imposti dalla maledetta pandemia hanno fatto sì, quest’anno, che la campagna elettorale per le elezioni comunali, dalle nostre parti, finisse per coincidere con quel periodo dell’anno nel quale le squadre di calcio di nobili ambizioni si preparano ad affrontare una nuova stagione.

È un periodo allegro e giocoso, immune da ogni cattivo pensiero, vissuto all’insegna dell’ottimismo più sfrenato, in un panorama umano nel quale ogni proposito, anche il più ardito, sembra potersi realizzare.

Sui campi di calcio tirati a lucido, con l’erbetta verde che copre uniforme anche le zone che ben presto saranno soggette a desertificazione incipiente per le uscite a piedi uniti dei portieri, i giocatori sgambettano beati, ben confezionati nelle divise sulle quali, magari, campeggia il nome di uno sponsor tutto nuovo e che ancora non hanno fatto i conti con il fango dei mesi freddi e le smanacciate di qualche arcigno difensore. Gli allenatori assomigliano tutti a quel precettore voltairiano che nel Candide sosteneva sicuro di vivere nel migliore dei mondi possibili. I rapporti col presidente sono meravigliosi, la rosa dei giocatori è superlativa e la fiducia dei dirigenti che comprano e vendono al mercatino è totale. È festa grande e nessuno vuole nemmeno lontanamente prendere in considerazione il dato oggettivo secondo il quale solo una delle partecipanti al girone alla fine potrà alzare il vessillo in segno di vittoria e che alcune altre dovranno affrontare l’ignominia di una retrocessione, sicuramente immeritata ma non per questo meno pesante.

Solo che per i nostri eroi del calcio i verdetti sono rimandati di quasi dodici mesi. C’è tempo per entrare nel tunnel delle polemiche, delle recriminazioni, dei cambi d’allenatore e delle risse da spogliatoio.

Per i nostri candidati, invece, il giorno del giudizio è fissato implacabilmente tra poco più di un mese. La sera del 21 settembre si conosceranno quasi tutti i verdetti, restando aperta la finestra delle due settimane successive solo per regolare eventualmente la questione dei ballottaggi per i sindaci dei comuni più grossi.

Per il resto il clima è identico a quello che si respira negli spogliatoi dei ritiri estivi o, meglio ancora, ai bordi del campo quando, su invito di solerti addetti stampa, arrivano le telecamere e si aprono i taccuini dei cronisti per interviste grondanti fiducia e certezze apodittiche.

Anche a Bolzano, ma lo stesso discorso potrebbe esser fatto più o meno per tutti gli altri comuni dove si andrà a votare, l’imperativo categorico, ostentato con assoluta certezza, è quello della vittoria a mani basse.

Anche le forze politiche, perché a parlare di partiti si rischia di offendere qualcuno, hanno fatto la loro brava campagna acquisti andando setacciare la cosiddetta “società civile” per comporre, ciascuno secondo il proprio gusto e le proprie tendenze, un album delle figurine il più rappresentativo possibile del mondo cui si rivolgono per ottenere quella famosa croce sulla scheda elettorale. Quella di inserire in vista persone che non avevano sino a quel momento svolto attività politica è stata una pratica da sempre utilizzata in vista degli appuntamenti elettorali. Erano, allora, i famosi “indipendenti” inseriti nell’elenco dei candidati vuoi perché vicini per convinzioni e pensiero a quello del partito cui dedicavano il proprio impegno vuoi per una notorietà che poteva essere anche extra politica.

Ma erano le eccezioni.

Adesso invece, forse anche perché la “cantera” dei partiti, ridotti all’osso salvo qualche eccezione, ha ben poco da offrire, gli esterni rappresentano la quasi totalità dei candidati, ivi comprese le posizioni apicali delle liste, quelle che, nel sistema proporzionale vigente dalle nostre parti, consentono di puntare qualche maggiore speranza al successo elettorale e financo compresi i nomi dei candidati all’elezione diretta dei sindaci.

Parrebbe quasi che l’aver militato in un partito, l’essersi impegnato in precedenza magari nel lavoro di base dei consigli di circoscrizione o semplicemente in una ordinaria militanza, sia quasi un titolo di demerito, da non ostentare. Restando al paragone col calcio è come se, sdegnando i procuratori che governano le carriere dei professionisti, i direttori sportivi rastrellassero i campi di calcetto o i prati di periferia per infilare squadra illustri sconosciuti dall’improbabile pedata.

Così è comunque e così formata si presenta anche la falange che per le prossime cinque settimane si darà battaglia, con rigoroso rispetto del distanziamento, sui social media e tra le bancarelle dei mercati rionali.

L’armata, come d’altronde prevedibile, è assai folta. Sarah Franzosini, con la consueta diligente precisione, ci informa che, nel capoluogo, i candidati alla carica di sindaco sono dieci, sostenuti da 18 liste che comprendono, salvo qualche esclusione dell’ultim’ora da parte della magistratura competente, 461 candidati. Un po’ meno dell’ultima volta, ma abbastanza per consentirci di notare come solo uno su dieci di loro potrà andare a sedersi degli scranni di legno antico, nella sala al primo piano dell’austroungarico edificio di piazza Municipio. La stessa proporzione, si noti, che vedrà solo uno dei dieci aspiranti conquistare la poltrona di primo cittadino. Ancor più stretta se vogliamo la porta che conduce ad uno degli incarichi di assessore. Nell’ultima consiliatura i posti a disposizione, oltre a quello occupato da Renzo Caramaschi, sono stati solamente sei e c’è da ricordare che il Sindaco, chiunque esso sia, potrebbe anche decidere, sua sponda, di assegnare qualche assessorato a persone ancora più esterne, tanto da non esser neppure scese nell’agone elettorale.

È una piramide dal vertice molto aguzzo, dunque, quella che i 461 volonterosi, che hanno risposto al richiamo della passione civile, di una relazione amicale, dell’impegno politico e sociale, si apprestano a scalare.

Forse è anche per fornire loro il necessario abbrivio che i leader delle varie formazioni ostentano quella granitica fiducia in un risultato clamoroso di cui parlavamo all’inizio di questa nota. Ho già ricordato in passato come mi sia capitato di far qualche conto sul numero complessivo dei seggi che le varie forze politiche dichiaravano con assoluta e incrollabile fiducia di poter conquistare nelle prossime elezioni. Venivano fuori assemblee dalle dimensioni incredibili.

Poco più di un mese e lo spoglio dei voti si incaricherà di fare giustizia di tutto questo. A Bolzano e degli altri comuni saranno in pochi a festeggiare l’elezione. Le altre centinaia rientreranno più o meno mestamente a seconda dell’entità dell’illusione che avevano covato nell’animo, nel corpo di quella famosa società civile che li aveva prestati, per qualche settimana, al pre-campionato della politica.

*Matteo 22, 14.