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Giudice di pace: una valida alternativa?

Il giudice di pace dovrebbe rappresentare un percorso più agevole per il cittadino, ma spesso un'organizzazione errata ha portato all'insuccesso di quest'opzione.
Giudice
Foto: Pixabay

Come ogni anno, la regione Trentino-Alto Adige ha deciso di raccogliere in un volume le sentenze più significative emesse dai giudici di pace del territorio. Il progetto, che prevede la collaborazione dell’Università di Trento e della Regione autonoma, rientra tra le iniziative volte a far conoscere la figura e l’operato del giudice di pace, spesso messo in ombra dalle altre cariche della magistratura ordinaria. Il giudice di pace infatti è un giudice onorario, non selezionato mediante concorso, ma attraverso dei requisiti più agili, che comprendono comunque la laurea in giurisprudenza.

Questa figura, istituita negli anni ’90, doveva fornire un’alternativa al ricorso nei tribunali oberati di lavoro, carichi di processi con tempi di attesa lunghissimi e afflitti da una cronica mancanza di organico. Venne quindi stabilita l’introduzione di questo giudice, al quale affidare cause penali e civili di minore entità, con la duplice volontà di decongestionare i processi ed essere più vicini ai cittadini, fornendo un’alternativa più veloce, meno costosa e, intento non meno importante, che permettesse una riconciliazione tra le parti; obiettivo sicuramente più difficile da raggiungere in un normale processo.

 

Quale riconoscimento?

In questo solco si colloca quindi l’iniziativa del Trentino-Alto Adige, che, attraverso questo volume, tenta di fornire una guida ai cittadini ed indirizzarli verso una soluzione meno dispendiosa, in termini di tempo e denaro. Inoltre, la valorizzazione di questa figura cerca di spegnere la conflittualità delle liti, che spesso si trascinano per anni, esacerbando rapporti già tesi e finendo per minare inesorabilmente la possibilità di arrivare ad una conclusione meno rigida. Seppur per uno spettro meno ampio, il giudice di pace, che non può comminare pene detentive e che può pronunciarsi solo su cause che abbiano un valore economico non particolarmente alto, può rappresentare un valido tentativo, almeno prima di rivolgersi al tribunale di primo grado. Negli anni però questa figura ha avuto un successo altalenante, spesso considerato come un passaggio inutile prima di accedere al processo di primo grado, un’ulteriore perdita di tempo nell’infinito iter giudiziale, non ha rappresentato appieno lo snellimento tanto sperato. Nonostante lo sforzo poi, è rimasta aperta la questione del trattamento salariare e lavoristico, arrivando fino alla pronuncia, nel 2020, della Corte di Giustizia Europea.

I giudici di pace infatti, in quanto giudici onorari, non sono ricompresi nella magistratura e non godono dello stesso stipendio o delle stesse categorie di welfare, dalla pensione alle ferie, subendo una condizione che, per la Corte UE, rappresenta, almeno in parte, una discriminazione. Il caso era partito proprio da un giudice di pace, che aveva deciso di fare ricorso per il differente trattamento a lui riservato. La Corte UE ha riconosciuto che il lavoro del giudice di pace può rientrare nella categoria del lavoro dipendente a tempo determinato e che questo tipo di contratto non possa essere fatto valere per procedere con trattamenti sfavorevoli per il lavoratore, sebbene vi siano differenti compiti e diverse procedure di selezione per i giudici onorari rispetto a quelli ordinari. La corte ha quindi rinviato alla normativa e ai giudici nazionali, rimandando ai criteri interni per disciplinare una situazione di disparità diventata oramai urgente. Anche nella bozza di riforma della giustizia presentata dalla commissione ministeriale si è tentato di dare voce alle richieste di maggiore sicurezza provenienti dai giudici di pace, ampliando le loro competenze, ma prevedendo un trattamento lavoristico più sicuro ed inquadrato. Pur riconoscendo che il lavoro dei giudici di pace non possa essere considerato come un vero impiego subordinato, nella riforma è comunque prevista un’indennità mensile per l’intero anno, che andrebbe a cancellare finalmente la pratica dell’assegnazione a cottimo delle sentenze. Tale pratica, che prevede il pagamento sulla base della quantità delle sentenze che il giudice di pace riesce a emettere, ha portato ad una fortissima disparità territoriale, con regioni decisamente poco attente alla quantità di lavoro che il giudice onorario dovrebbe svolgere ogni mese. Il pagamento di un’indennità fissa mensile per tutti i mesi risolverebbe poi anche la questione del mese di agosto: ad agosto infatti i tribunali rimangono chiusi per la pausa estiva e i magistrati percepiscono il pagamento delle ferie, fino ad oggi però tale trattamento non è previsto per i giudici di pace.

 

La via trentino-altoatesina

Il Trentino-Alto Adige sembra in realtà costituire un’eccezione al triste panorama italiano, proprio in virtù dell’autonomia di cui questa regione gode, che ha permesso di garantire una certa vicinanza al cittadino, con un’attenta distribuzione dei giudici sul territorio (nella provincia di Bolzano i giudici di pace sono presenti in tutti i centri più importanti) e un monitoraggio costante dell’evoluzione giuridica, come testimoniato dalle varie conferenze che si tengono ogni anno. Restano quindi ancora da chiarire quali saranno gli effettivi cambiamenti apportati dalla riforma e quanto questi incideranno sull’organizzazione regionale, con l’auspicio che la riforma possa finalmente diventare uno strumento davvero incisivo, per sciogliere anche questo tema tra gli annosi nodi del nostro sistema giudiziario.