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“Questa è la mia sfida e la mia pretesa”

Nel seminterrato del Bio-Hotel Panorama di Malles, Friedrich Steiner produce da 17 anni pregiati distillati biologici: “Un’agricoltura senza varietà non funziona”.
Friedrich Steiner, Malles
Foto: Biohotel Panorama | Wolfgang Schmidt

È una mite sera di primavera quando mi dirigo a Malles, per seguire le orme della secolare tradizione della produzione di acquaviti. Per farlo, non c’è luogo migliore del Bio-Hotel Panorama della famiglia Steiner. Nel suo seminterrato, da 17 anni, Friedrich produce pregiati distillati di qualità biologica e accoglie regolarmente ospiti e appassionati.
“A dire il vero, avrei dovuto farmi prete”, esordisce salutando me e gli altri 14 curiosi accorsi quella sera, tra cui alcuni habitué di queste raffinate degustazioni. Un buon segno! E vi anticipo che, a fine serata, eravamo tutti contenti che Friedrich non avesse intrapreso quella strada.
La degustazione si svolge in un ambiente molto elegante: lungo le pareti della sala, illuminata da luce calda, è disposta la copiosa varietà di grappe, acquaviti e distillati prodotti da Friedrich; ogni bottiglia è incastonata in un singolo scomparto di legno, sembra di osservare oggetti preziosi in un portagioie. Quella sera ho capito che i suoi prodotti meritano, eccome, un simile trattamento!
Al centro della sala troneggia un espositore di bottiglie: è previsto l’assaggio di sei acquaviti, tre grappe e quattro liquori. Si preannuncia una serata interessante, ma impegnativa.

 

 

Pere a confronto

 

Innanzitutto, dobbiamo imparare a bere l’acquavite “correttamente”. Friedrich ci insegna a percepire l’intero spettro di aromi sia con il naso che con il palato. Mi accorgo all’istante che non tutte le pere sono uguali: tra un’acquavite di pere Pala e una di pere Williams c’è una differenza di sapori abissale!

 

I profumi dell’infanzia

 

Molti aromi per Friedrich sono ricordi d’infanzia. Il brandy di pere Pala, ad esempio, gli ricorda l’odore di pere essiccate che sua madre usava per preparare il latte di neve e lo Zelten della Val Venosta, mentre quando assaggiamo l’acquavite di mele, ci racconta di come gli sovvenga l’odore del fienile dei suoi genitori, dove venivano conservati i pomi. Anche per questo motivo, per lui la distillazione ha un legame emotivo. Evidentemente ha trascorso un’infanzia felice ad Agums, “con più bambini che mucche”, come afferma ammiccante. La famiglia, come il resto dei contadini, praticava un’agricoltura di sussistenza. Sebbene, probabilmente, non abbia trascorso una vita all’insegna dell’agio e delle comodità, (ri)conosce bene i vantaggi di quel tempo e ha imparato ad apprezzarli. Tra questi, la biodiversità. “Negli anni Settanta, in Val Venosta, c’era ancora molta varietà. Tutti i contadini avevano di tutto, dai cereali ai vari tipi di frutta e verdura, e hanno propagato i loro semi in autonomia”. La monocultura odierna, si capisce, non gli va giù. “Un’agricoltura di montagna senza varietà non può funzionare”, riassume il distillatore.

Un’agricoltura di montagna senza varietà non può funzionare

Anche la passione di Friedrich per l’affinamento dei prodotti ha radici nella sua infanzia. Nelle fattorie autosufficienti, la frutta e la verdura venivano conservate, ad esempio, sotto forma di composte o marmellate. “Inoltre, il mio padrino era un erborista. Per arrotondare la paghetta, raccoglievamo erbe selvatiche di ogni tipo per lui, che poi le vendeva alle farmacie, fino in Lombardia”. Bacche di sorbo, ad esempio, fiori di sambuco o achillea muschiata. “Eravamo così impegnati (sempre volontariamente, sia chiaro) che mio zio poteva quasi ordinarci i suoi desideri”, ci racconta Friedrich sorridendo.

 

“Non mi davo pace”

 

Da giovane, Friedrich ha lasciato la sua città natale per lavorare come cameriere e sommelier, senza però “dimenticare” né ripudiare l’agricoltura. Piuttosto, durante queste esperienze lontano da casa, ha preso maggiore consapevolezza di un divario che persiste ancora oggi in molti luoghi: “Quando servivo nei locali, ero infastidito dal fatto che lo sviluppo del turismo e quello dell’agricoltura divergessero in modo così marcato. Ovunque si poteva ordinare qualunque piatto e nessuno si curava più di quali prodotti fossero cresciuti in un determinato posto. Sentivo la necessità di modificare questa mentalità e quest’attitudine”.

Quando lui e la moglie Thea rilevarono la fattoria di Malles dai genitori di quest’ultima nel 1985, il loro obiettivo fu fin dall’inizio quello di avvicinarsi il più possibile all’agricoltura. Se oggi godiamo dei “prodotti regionali in hotel”, lo dobbiamo soprattutto alla partecipazione di Friedrich a un evento a Bad Hindelang, in Algovia, nel 1992, dal tema Cosa significa turismo sostenibile. “Tra me e me pensai: se Bad Hindelang è riuscita a coniugare l’attività alberghiera e l’agricoltura regionale grazie a latte, carne e cereali, allora possiamo fare lo stesso qui in Val Venosta! In fin dei conti, qui cresce di tutto”. Tornato in Val Venosta, Friedrich ha costruito gradualmente una rete locale di produttori e fornitori per le necessità alberghiere.

Inoltre, insieme alla famiglia ha realizzato un grande orto proprio accanto all’hotel. “Abbiamo iniziato a coltivare noi stessi molte cose, perché non riuscivamo a reperire presso i contadini la varietà di cui abbiamo bisogno”. Nell’orto prosperano oltre settanta tipi di erbe, tra cui alcune specie rare. Si tratta evidentemente di una famiglia che considera l’attività in modo molto olistico: ciò che non soddisfa i loro standard qualitativi, viene prodotto in proprio. Questo vale anche per i distillati di Friedrich, che riassume così gli albori della sua attività: “Non riuscivo a procurarmi un distillato organico di una certa qualità. Per questo ho iniziato a distillare acquavite”.

Essere rimasto fedele all’agricoltura anche come albergatore mi ha permesso di ottenere la licenza di distillazione. “In Alto Adige è possibile gestire una piccola distilleria se si è agricoltori, come me”, ci spiega.

 

Dall’acquisizione del sapere alla sete di conoscenze

 

Nonostante il palato allenato grazie al lavoro di cameriere e sommelier, Friedrich si trovò di fronte a una grande sfida nel distillare da solo l’acquavite. In tal senso, il corso offerto a Laimburg nell’autunno del 2005 capitò al momento giusto. “Era la prima volta che venivano formati dei distillatori in Alto Adige e io ero presente fin dall’inizio”, afferma entusiasta Friedrich. “Agli eventi erano presenti relatori di spicco provenienti dall’Austria, dove la produzione di grappe aveva già compiuto passi da gigante”. Il corso era frequentato da circa venti altoatesini “assetati” di formazione. “Abbiamo avuto anche l’opportunità di conoscerci meglio”, prosegue, “ma prima di allora non c’erano scambi, possibilità di confronto o d’ispirazione reciproca. In pratica, ciascuno faceva per sé, non sempre con risultati eccellenti”, racconta ancora Friedrich, che oggi è fiero di far parte dell’associazione “Distillatori artigianali dell’Alto Adige”. 14 dei 52 membri risiedono in Val Venosta, soprattutto nelle zone a coltivazione vinicola.
Il networking è un elemento centrale del successo di Friedrich. Nel corso degli anni ha costruito una fitta rete di contatti con i produttori, che sono alla base della sua varietà nella distillazione. “Grazie a queste relazioni di lunga data, mi procuro gli ingredienti migliori. Quando arriva il momento della raccolta si pianifica. Quanti chili di frutta mi puoi consegnare? Quando? Quale varietà? E, non da ultimo, a che prezzo? Perché la frutta biologica di elevata qualità si fa pagare”.

 

In linea di principio, per ottenere una buona acquavite serve una buona annata di frutta. Se, invece, il periodo è sfavorevole, ad esempio a causa delle gelate durante la fioritura, Friedrich riceve pochissima e costosissima materia prima. “In questi casi, utilizzo il quantitativo destinato alla distillazione principalmente per trasformare la vinaccia in grappa”, spiega. Nei mesi di ottobre e novembre, c’è un gran fermento nel seminterrato dell’hotel e, a fronte di annate particolarmente vantaggiose, la lavorazione inizia già a luglio e agosto, quando fragole, ciliegie e albicocche sono mature. “L’aspetto ottimale è che si possono fare scorte di distillati. In una buona annata, posso concentrarmi molto su una certa varietà. La produzione è quindi relativamente flessibile. Tra l’altro, più la grappa invecchia, più diventa buona”. Questa consapevolezza, ma anche la serenità con cui affronta le variabili circostanze, hanno giovato a Friedrich anche durante la pandemia di COVID. Come albergatore, avrebbe avuto tutte le ragioni per lamentarsi dopo i mesi di chiusura, ma non lo fa. Piuttosto è compiaciuto del carattere più deciso acquisito dalle sue grappe durante il lockdown ed è fiero del risultato ottenuto dal mix di annate più e meno vecchie, all’altezza dei suoi elevati standard. Uno spirito ammirevole!

Anche dopo 17 anni, l’esperienza non è mai abbastanza

Un altro elemento centrale del suo successo è senza dubbio la volontà di imparare costantemente. “Tengo un registro dettagliato dell’intero processo di distillazione, in modo da poter individuare un eventuale errore. Anche dopo 17 anni, l’esperienza non è mai abbastanza con certi tipi di frutta, perché l’assortimento cambia ogni anno e non si distilla tutti i giorni. Quindi il mio bagaglio di saperi ed esperienze si amplia in modo più lento e irregolare rispetto, ad esempio, a quello di un cuoco, che svolge il suo mestiere tutti i giorni. Ciò significa che se distillo le albicocche solo ogni due anni, i registri e le annotazioni della volta precedente sono fondamentali. Così facendo, mi sono costruito una dignitosa base di conoscenze”, afferma Friedrich, ricapitolando il suo approccio.

 

Tutt’altro che avanzi

 

Solo la frutta della migliore qualità è ammessa nella sua cucina, indipendentemente dal fatto che venga utilizzata fresca, per farne marmellate o acquaviti. Ogni ingrediente è controllato a mano: maturazione, imperfezioni, presenza di parassiti. Distillare la grappa non significa affatto limitarsi a usare gli avanzi, quanto piuttosto valorizzare e perfezionare la frutta di qualità.
Friedrich è un convinto purista. “Non aggiungo mai lo zucchero”, sottolinea, ribadendo a più riprese un aspetto per lui degno di nota. “In teoria, in Italia è consentito aggiungerne un cucchiaio per ogni litro di grappa, ma questo effimero piacere si sconta il giorno dopo… con un bel mal di testa”. Naturalmente, con le sue grappe non si corre questo rischio, perché contengono esclusivamente il fruttosio naturalmente presente nella materia prima e questo dipende da frutto a frutto, da varietà a varietà, da annata ad annata. “Lavorare solo con la frutta, senza additivi alimentari, è la mia sfida e la mia pretesa”, afferma Friedrich, “perché ci sono e ci sono stati troppi alcolici con zuccheri aggiunti, anche nel settore biologico”.

Non penso di avere altri rivali nel mondo

 

Una passione che dà i suoi frutti

 

Fin dall’inizio, Friedrich ha gestito la distilleria di acquavite in modo molto ambizioso, fissando standard elevati, che gli sono valsi quattro medaglie alla “Destillata” di Vienna nel 2008. Solo un anno dopo, al “Best of Bio Spirits”, ha ricevuto l’omonimo premio per la sua Grappa Lagrein in botte di rovere. E non è finita qui. “Da ultimo, ma non meno importante, sono il Campione del Mondo di brandy di pera Pala”, ci rivela sorridendo. “Eravamo sette distillatori della Val Venosta a partecipare a un concorso a Glorenza cinque anni fa e io l’ho vinto. Considerando che questa varietà di pera esiste solo qui, non penso di avere altri rivali nel mondo”.

 

Si è fatto tardi

 

La degustazione volge al termine. “Quando abbiamo iniziato, alle nove e mezza, ero stanco”, confessa Friedrich alla fine, “ma ora, dopo esserci scambiati idee e aver percepito il vostro interesse e apprezzamento, ho riacquisito energia”. Dal canto mio, devo ammettere che avrei desiderato assaggiare le restanti 9 grappe, 14 acquaviti e 11 liquori della sua produzione, ma è stato più saggio riservare questa goduria per la prossima visita al Bio-Hotel Panorama, in un futuro non troppo lontano.