“Amo scoprire nuove vie nelle Dolomiti”
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Ovunque passi, Mauro Bernardi lascia il segno. Prima negli sport invernali con un secondo e un terzo posto in Coppa del Mondo di slalom speciale e una partecipazione olimpica, ai Giochi di Lake Placid, nel 1980. Poi nel mondo dell’alpinismo, con l’apertura di 25 nuove vie nelle Dolomiti e un ferrata al rifugio Stevia nel Gruppo del Puez. L’alpinista nato e cresciuto a Selva di Val Gardena ha inoltre scalato in Himalaya l’Ama Dablam (6857 metri) e nella Cordillera Blanca in Perù l’Alpamayo (5947 metri). Le imprese di Bernardi, però, non sembrano aver lasciato il segno esclusivamente in senso metaforico: infatti l’arrampicatore ha pubblicato cinque guide alpine di successo, estremamente dettagliate e a tratti “enciclopediche”, riuscendo a descrivere tracciati nuovi o non frequentati da nessuno per decenni.
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“Ad aprile del prossimo anno arriverà una novità: pubblicherò un nuovo libro con le 150 vie più interessanti della Val Gardena tratte dalle guide passate”
SALTO: Dopo un passato con gli sci, è passato all’arrampicata. È sempre stata la sua vera passione?
Mauro Bernardi: Sì, ho sempre arrampicato. Quando sciavo mi allenavo spesso sulle piste, quindi avevo poco tempo per praticare altre attività sportive. Appena ho smesso di sciare, ho immediatamente sostenuto l’esame da guida alpina.
Da fare la guida è passato a scrivere delle guide e, negli anni, ha aperto anche nuove vie. Che sensazione ha provato a scoprire che nelle Dolomiti ci sono spazi inesplorati?
Agli inizi, negli anni ‘80, c’era una scarsa documentazione sugli itinerari. Le guide erano fatte male. In parete ci si perdeva, non si riusciva a trovare le vie. Il mio desiderio era proprio quello di elaborare delle indicazioni fatte bene, per aiutare gli arrampicatori. Sono convinto che non vada bene perdersi per inesattezze o per la poca chiarezza di un libro. Dunque nel 1990 scrissi a Zanichelli: volevo pubblicare una guida con loro. Mi risposero con un secco “no”. Rimasi molto deluso e per 10 anni lasciai stare. Successivamente mi rivolsi ad Athesia. Accettarono la mia proposta, a patto che mi auto-finaziassi il libro. Ai tempi era una iniziativa molto inedita: era un po’ una scommessa. Il primo libro ha avuto successo, così quelli successivi me li finanziarono tutti.
“Nel 1990 scrissi a Zanichelli: volevo pubblicare una guida con loro. Mi risposero con un secco “no”
È arrivato a quasi 100 mila copie vendute, un numero notevole considerando l'ambito e il pubblico di riferimento. Ha in programma di scrivere altri libri?
Ad aprile del prossimo anno arriverà una novità: pubblicherò un nuovo libro con le 150 vie più interessanti della Val Gardena. Quindi non ci saranno itinerari nuovi rispetto alle tre guide già pubblicate: invece di fare una riedizione, farò una raccolta.
Alcune pareti che lei ha scalato non le aveva arrampicate nessuno. In altre, come Torre Anna, è salito dopo 44 anni dall’ultima scalata. Che sensazione ha provato a scoprire e riscoprire alcuni luoghi? Descrivendo il suo percorso è come se avesse lasciato delle briciole di pane per aiutare chi, dopo di lei, desiderasse scalare la stessa parete...
La ricerca e la scoperta di nuovi itinerari sono attività che mi hanno sempre affascinato. Così come la descrizione dei percorsi. Fermarmi in parete dopo ogni tiro e ogni sosta a prendere appunti, così da averne quanti più possibile, è risultato utile: dopo 20 anni le mie descrizioni sono ancora attuali. Alcune vie sono diventate “classiche” e sono più frequentate, magari anche perché hanno l’attacco vicino a dove si lascia la macchina, altre sono meno famose.
Insomma, questo genere di lavoro mi è sempre piaciuto, anche perché mi piace stare in mezzo alla natura. Al contrario, non mi appassiona per nulla dover riportare tutto al computer per produrre un libro.Le sue guide sono come delle enciclopedie per esploratori…
Sì. Oltre agli appunti più tecnici, ho spesso affiancato alla descrizione di un itinerario anche delle biografie interessanti, dei testi, nonché le descrizioni delle discese.
“Mi piace stare in mezzo alla natura. Non mi appassiona per nulla dover riportare al computer tutti i miei appunti presi in parete per produrre un libro”
C’è ancora molto da scoprire nelle famosissime Dolomiti?
Assolutamente. Ma, ai lettori, prima di tutto dico: conoscete le vie già esistenti. Poi, in caso, provate a vedere se eventualmente ce ne sono altre. Io ho scelto di non pubblicare più, però vi assicuro che dall’ultimo libro ho trovato 70 nuovi itinerari. Non li renderò pubblici.
Perché?
Un po' perché desidero tenerli per me e un po' perché così ho dei percorsi esclusivi i miei clienti, almeno fino a che rimangono “segreti”. Prima o poi qualcuno mi vedrà in giro e si scopriranno.