Il presidente della Repubblica austriaca è, per qualche tempo ancora, un cordialissimo signore dai capelli bianchi, dall'aria cordiale e dai modi tutt'altro che ingessati dal protocollo. Heinz Fischer è un socialista austriaco di vecchio stampo che i turisti stranieri rischiano di incrociare, senza riconoscerlo, negli interminabili corridoi della Hofburg, il palazzo degli imperatori austroungarici, nel quale la moderna presidenza della Repubblica e i musei dedicati al fasto del passato convivono in un condominio senza problemi. Il personaggio è tale, però, che non ti meraviglieresti di incontrarlo nemmeno verso sera, in una birreria di un quartiere periferico, intento ad una partita di Watten con altri esponenti del proletariato viennese. Eletto per la prima volta alla massima carica della Repubblica nel 2004, è stato confermato dagli austriaci a stragrande maggioranza nel 2010. Ora resterà in carica sino a luglio per poi lasciare il posto ad un successore. Le grandi manovre politiche per definire il quadro da sottoporre al giudizio degli elettori (in Austria il presidente viene nominato con voto diretto) sono ancora in corso, ma una cosa è già certa: se per caso, dopo dodici anni di ininterrotto dominio socialdemocratico, alla Hofburg dovesse salire di nuovo un esponente dell'altro grande partito austriaco, quello Popolare, l'onore toccherà ad un sudtirolese di nascita: Andreas Khol.
Una biografia, la sua, che si inquadra perfettamente nel contesto delle tormentate vicende che hanno avuto come sfondo, nel '900, le terre altoatesine. Andreas Khol è nato nel 1941 in territorio germanico ma da genitori sudtirolesi, erede di un casato ben noto anche nel secolo precedente sull'altipiano del Renon, dove i suoi avi esercitarono funzioni di prestigio. Alla fine della guerra la famiglia Khol tornò in Alto Adige stabilendosi a Vipiteno dove il piccolo Andreas frequentò le prime classi della scuola elementare. Poi il definitivo trasloco oltre Brennero e l'inizio di un percorso di formazione giuridica e politica che lo ha portato, nel corso dei decenni, a divenire un personaggio di rilievo nel mondo universitario austriaco è uno degli esponenti di maggior spicco tra le file della Volkspartei tirolese prima e nazionale poi. Molti gli incarichi di rilievo ricoperti di corso degli anni tra cui, di recente, quello prestigioso di presidente dell'assemblea nazionale. Dallo scranno della seconda carica dello Stato ora, se gli austriaci lo vorranno, Andreas Khol potrebbe passare su quello della maggiore.
La strada, e da politico navigatissimo egli è il primo a saperlo, non è certo in discesa. Khol appartiene, da sempre, ai settori più conservatori del partito popolare. In un momento politico nel quale, anche in Austria, il timore per l'arrivo di ondate di immigrati e l'ostilità verso alcuni aspetti della politica europea offrono facile alimento al populismo di destra rappresentato dagli eredi di Joerg Haider, le sue posizioni non sono certo fatte per conquistargli le simpatie dell'elettorato progressista. La battaglia che si profila è dunque quella con il candidato socialista, che non è ancora sceso in campo e con quello dei Verdi. La posizione di Khol potrebbe essere inoltre indebolita dalle candidature che emergono sul fronte della destra liberalnazionale o di qualche indipendente, come il bizzarro magnate delle costruzioni Richard Lugner.
Anche se ormai, da più di vent'anni, la questione altoatesina non è argomento di rilievo nel quadro politico austriaco, così come non lo è in quelli italiano ed europeo, c'è chi, tra Salorno e il Brennero, continua ad osservare tutti i fatti che man mano avvengono attraverso la lente deformante del provincialismo localistico. Inutile infatti chiedersi quali effetti possa avere l'elezione alla presidenza della Repubblica austriaca di Andreas Khol sul quadro dei rapporti inseriti nel triangolo Roma, Vienna, Bolzano. Assolutamente nulla di diverso rispetto a quel che potrebbe accadere se l'eletto fosse un altro. Questo non perché Khol non si sia mai curato, durante la sua lunghissima carriera politica, di occuparsi della sua patria d'origine. Tutt'altro. È stato probabilmente uno degli esponenti di punta del mondo politico austriaco che più si sono interessati di portare a compimento il lungo lavoro di attuazione della seconda autonomia, perfezionato, nel giugno del 1992, con il rilascio della famosa quietanza liberatoria. Khol è stato, da questo punto di vista, un intransigente difensore degli interessi dei sudtirolesi e un conoscitore profondo Vito della realtà politica altoatesina, grazie anche ad un'analisi effettuata di persone con ripetute e frequenti visite a Bolzano e dintorni.
Forse anche troppo, per i gusti di qualcuno.
Spieghiamo. Sin dai tempi della grande crisi seguita al fallimento del primo statuto di autonomia, la Suedtiroler Volkspartei, quella guidata da Silvius Magnago, ha elaborato un concetto molto preciso di come devono funzionare i rapporti tra Bolzano, Roma e Vienna. Una teoria che venne applicata sul campo per la prima volta quando, alla fine degli anni 60, fu proprio l'opposizione del partito di raccolta sudtirolese a provocare il fallimento delle intese raggiunte, con una trattativa bilaterale, da due socialisti ministri degli esteri di Austria e Italia, Saragat e Kreisky. Allora Magnago ottenne di prendere in mano il boccino, come si usa dire nelle sale da biliardo, ed allora il suo partito non lo ha più mollato. A trattare con Roma è solamente la Suedtiroler Volkspartei e agli austriaci è riservato il compito di fare la faccia cattiva e di battere i pugni sul tavolo quando Bolzano lo richiede, ma senza intervenire direttamente. Per questo forse, a Bolzano, i politici austriaci preferiti sono quelli che delle cose altoatesine hanno una conoscenza piuttosto generica e che quindi si lasciano volentieri informare dai fratelli sudtirolesi sulla situazione in atto e sulle contromisure da prendere di volta in volta. Quelli come Andreas Khol che delle vicende altoatesine ne sanno tanto quanto i loro interlocutori e che magari ogni tanto si arrogano il diritto di dare anche dei consigli, di suggerire opportunità, o addirittura di avanzare critiche, sono lodati in pubblico ma temuti in privato. Ci si dimentica facilmente, ad esempio, che nei mesi frenetici che precedettero la chiusura della vertenza, i rapporti tra il mondo politico austriaco e tra lo stesso Khol e gli interlocutori sudtirolesi, in particolare l'Obmann SVP Roland Riz che aveva preso da poco il posto lasciato libero da Magnago, furono particolarmente difficili con momenti di vera e propria burrasca.
Da allora, è vero, è passato del tempo ed oggi la situazione non impone più scelte così severe, ma che il possibile futuro presidente della Repubblica resti un osso duro anche per i rappresentanti politici della sua patria d'origine si può facilmente ricavare da un'intervista pubblicata su un sito Internet bolzanino all'indomani della sua candidatura. Accanto alle scontate e proverbiali assicurazioni sul fatto che l'Austria manterrà ora e sempre il suo ruolo di tutrice garante dell'autonomia altoatesina che non deve essere in alcun modo messa in pericolo arriva la frecciata. Khol non usa mezze misure nel chiarire la sua posizione su una questione che i deputati della Suedtiroler Volkspartei sollevarono a suo tempo e che ora il partito si trova a dover gestire: quella della doppia cittadinanza dei sudtirolesi che dovrebbero divenire al contempo italiani ed austriaci. Una bocciatura secca e senza appello quella di Andreas Khol. Come a dire che quella di avere un sudtirolese alla Hofburg sarà anche una gran soddisfazione ma che, a Bolzano, nessuno si faccia troppe illusioni.