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I giochi geopolitici di Sochi

Reportage da un paese al crocevia tra Russia, islam e occidente. Tra passato comunista e voglia di modernità: la Georgia e l'altra faccia delle medaglie olimpiche.

Arrivo alle due di notte, aeroporto di Tbilisi. I controlli sono seri ma neanche troppo e il mio amico riesce a passare la frontiera con un passaporto appena uscito dalla lavatrice. La foto non è riconoscibile ma il cip funziona e dopo circa un'ora di discussioni riusciamo a passare la dogana. Cosa difficile in qualunque altro paese, ma stiamo entrando in Georgia, siamo europei e i georgiani ci amano.

Tornata indipendente dopo il crollo dell'Unione Sovietica nei primi anni novanta la posizione del paese tra Russia, Turchia ed il vicino Iran ne ha fatto un punto di strategica importanza per i mercanti che percorrevano la Via della Seta e per i vari eserciti che hanno scorrazzato tra Asia, Europa e Medio Oriente.

Oggi, tutta la regione caucasica, è di fondamentale importanza sopratutto per la Russia. Attraverso il territorio georgiano infatti passano importanti oleodotti provenienti dall'Azerbaigian che arrivano fino alla costa mediterranea della Turchia. Si tratta inoltre di un territorio storicamente conteso da insurrezioni islamiste e nazionaliste che da sempre minacciano Mosca (Cecenia in primis).

La capitale Tbilisi conta circa 1,5 milioni di abitanti ed è un miscuglio di culture che si nota ad ogni incrocio. Uno su tre mercanti non è georgiano. Azeri, iraniani, armeni e musulmani da decenni vengono in Georgia a tentare la loro fortuna.

Il tempo è cupo, nevica molto, la temperatura è di dieci gradi sotto zero. Ma le passeggiate a Tbilisi sono un susseguirsi di sorprese e scoperte che fanno dimenticare il freddo: tra chiese ortodosse e blocchi di architettura sovietica, che si stanno letteralmente sbriciolando, spiccano costruzioni avveniristiche e opere di artisti moderni a simboleggiare la voglia di modernità.

Ci avviamo verso la parte vecchia di Tbilisi in una minuscola stradina sterrata. Si passa dalla modernissima piazza della libertà a uno stretto vialetto tra vecchi palazzi che sembrano castelli di carta: un fascino nostalgico indescrivibile che un colpo di vento potrebbe buttare giù ogni secondo. Ci infiliamo in un piccolo Bazar e chiacchieriamo con un mercante che vende frutta e verdura.

Non è facile parlare con un georgiano del suo passato nell'Unione Sovietica, le relazioni con la Russia sono ancora molto tese, le frontiere sono chiuse e l'economia fortemente afflitta dall'embargo della Russia e dei suoi alleati.

L'ultimo conflitto armato risale all'agosto 2008 quando Mosca conquistò le regioni dell'Ossezia del Sud e Abkazia. La situazione in queste regioni è ancora molto instabile e Sochi si trova proprio al confine con l'Abkazia. Non a caso pochi giorni fa il presidente Georgiano ha minacciato di boicottare i giochi olimpici perché Putin, con la scusa delle olimpiadi, ha stazionato le sue truppe nelle regioni contese.

Alla domanda su cosa ne pensa delle Olimpiadi, il mercante scuote la testa, risponde che sono una bugia, lui non avrebbe partecipato. La sua risposta rispecchia un po l'umore generale della popolazione.

La pagina ufficiale di Facebook delle olimpiadi di Sochi tre giorni fa è stata “assaltata” da centinaia di messaggi da parte di cittadini georgiani che gridavano tutti lo stesso slogan: “Abkhazia and South Ossetia is Georgia! Russia is an occupant!” ()

Le olimpiadi furono assegnate alla Russia nel 2007, un anno prima degli scontri tra Russia e Tbilisi, dopo forti pressioni da parte di Putin. I georgiani sono convinti che le olimpiadi siano un pretesto per mostrare il proprio potere e rafforzare l'economia delle regioni russe al confine.

Questi continui litigi hanno portato negli ultimi anni a una profonda amicizia con Usa e Unione Europea. Cosa che i georgiani non tendono affatto a nascondere. Appena scoprono che siamo italiani, ci viene offerto un bicchiere di Chacha per riscaldarci. La Chacha è un distillato di frutta ad alta gradazione (50 – 80%) simile al nostro Treber. “Gaumargiov” (Cincin) gridiamo e, come di tradizione georgiana, finiamo il bicchiere in un sorso.

Anche a cena ci accorgiamo quanto i georgiani amino bere e mangiare. Assaggiamo una decina di specialità che ci vengono servite una dopo l'altra e di nuovo si torna a parlare di olimpiadi. Mi viene raccontato che in una guida turistica americana su Sochi le specialità georgiane che stiamo mangiando vengono spacciate per pietanze russe. Capisco perché durante l'era sovietica la Georgia veniva considerata la “Riviera dell'Unione”. Cibo e vino sono ottimi. Cosi buoni che vengono spacciati per russi.