Society | Vita universitaria

Il saggio con lo zainetto

Khemais Alì ha passato la vita a studiare e non ha nessuna intenzione di smettere. Sta per prendere la seconda laurea a Bolzano, parla cinque lingue, ma per molti è solo un extracomunitario.

"Non stiamo qui al chiuso, usciamo, parliamo mentre camminiamo, è una bella giornata". Khemais Alì, barba grigia e immancabile zainetto sulle spalle, conferma la sua immagine da "personaggio" e crea per l'occasione l'intervista in mobilità. Ad Unibz moltissimi lo incontrano ma pochissimi lo conoscono. Gli studenti lo chiamano "il maghrebino", lo incrociano ai corsi più disparati e ad ogni convegno è difficile non notarlo. Ha varcato la soglia dei cinquant'anni e chiede solo un minimo di rispetto, la compassione non gli interessa. Gli manca un esame e la tesi con il professor Alessandro Colombi per potersi laureare, ma questo traguardo sembra preoccuparlo. La sua voglia di comunicare e confrontarsi con chiunque gli ha creato qualche problema. Ad Unibz, nonostante qualche screzio, si è integrato senza grossi problemi, ma con il resto della società, più attento all'apparenza che alla sostanza, va molto peggio.

Lui, comunque, non ne fa un caso personale: "Ci chiamate extracomunitari, un termine bruttissimo che ci colloca immediatamente fuori dalla comunità. Gli immigrati, invece, andrebbero accolti con grande curiosità. Vengono a fare i lavori più umili ma la loro impresa l'hanno già realizzata arrivando in Europa. Vi portano il mondo in casa, ma vi girate dall'altra parte, è un'Italia che non riconosco. Dov'è la culla della cultura mondiale? Quella che da ogni cultura traeva il meglio?"

Risposte difficili, Khemais ha una passione per la conoscenza che a noi appare "patologica" e ha un esuberante desiderio di confrontarsi su temi importanti con chiunque incontri, tanto che per farlo parlare di sè occorre costringerlo, facendo domande dirette.

Gli studi in Siria e in Italia

Solo così si riesce a sapere che è nato in Tunisia che si è laureato in giurisprudenza a Damasco che si è specializzato in Diritto penale e criminologia alla Sapienza di Roma dove è rimasto diversi anni e dove, nel frattempo, ha frequentato anche i set televisivi e cinematografici: "Ho fatto la comparsa in un paio di film di Marco Bellocchio, ho interpretato un maggiordomo per qualche puntata di “Incantesimo”, ma, soprattutto, ho lavorato come traduttore al palazzo di giustizia, poi me ne sono dovuto andare, l'aria si era fatta piuttosto pesante”.

In effetti i traduttori non sono visti molto di buon occhio dai connazionali sotto processo, ma anche in questo caso Khemais preferisce guardare al lato positivo: “In quel periodo mi è nata la passione per le lingue specialistiche, ho imparato quella del diritto ma vorrei conoscere tutte le altre, compresa quella dell'informatica che ho avvicinato in Germania".

Khemais ha frequentato corsi in diversi atenei tedeschi, ma per capire come ci sia riuscito occorre fare un passo indietro. "Quando ho terminato il mio lavoro a Roma, mi serviva un contratto di lavoro per poter ottenere la carta di soggiorno, un amico mi ha detto che cercavano un portiere di notte a Cortina e sono andato. Solo che la signora che gestiva l'albergo non mi ha voluto, diceva che non poteva assumere un arabo. Ho chiesto comunque di poter restare qualche giorno per cercarmi lavoro e proprio quando stavo per disperare, sono entrato in un hotel che ne cercava uno con urgenza e sono stato assunto".

Nel tempo libero, ha incominciato a perlustrare i dintorni, fino a che non è arrivato a Bolzano, ha visto l'università e ha pensato di iscriversi. "Ho comunicato alla signora dell'albergo che me ne sarei andato per studiare a Bolzano, lei si è arrabbiata e per scoraggiarmi mi ha detto che non avrei combinato nulla senza sapere il tedesco, le ho risposto che l'avrei studiato". In effetti pensare di scoraggiare Khemais dicendogli che deve imparare qualcosa è come scoraggiare Messner parlandogli di salite.

... e gli studi tedeschi

Inizialmente ha frequentato il Centro Trevi e accortosi che non era sufficiente, si è iscritto ad un corso di tedesco di tre mesi all'Università di Vienna, poi è tornato a Bolzano ha fatto il corso per mediatore culturale e, non senza difficoltà, è riuscito a iscriversi ad Unibz. Successivamente è partito per l'Erasmus destinazione Augsburg e lì ha colto l'occasione per girare un po' di Germania, ma solo la capitale lo ha impressionato: "Se tutte le strade portavano a Roma, oggi portano a Berlino. C'è una proposta culturale infinita, per seguirla bisogna organizzarsi". La sua sete di sapere aveva trovato una cascata e deve aver pensato che è meglio tornarci più attrezzato. Ovviamente anche ad Augsburg ha frequentato i corsi più disparati, compresi i seminari nei week end: "I docenti mi chiedevano se ero parte del loro gruppo, io rispondevo di no, ma che non avrei disturbato. Ai tempi purtroppo, il mio tedesco era misero". Ora non lo è più, mentre il suo italiano è diventato ricchissimo, tanto che Khemais sembra la versione mediterranea di Fernando Girasole, lo straordinario personaggio islandese interpretato da Bruno Ganz in “Pane e tulipani” di Soldini. Mentre continuiamo a camminare lungo il Talvera, Khemais, senza la minima ostentazione, confessa di parlare arabo, francese, inglese, tedesco e italiano ma di comprendere bene anche spagnolo e portoghese e qualcosa di giapponese e russo.

Intanto, l'intervista prosegue a suon di citazioni e bibliografie da ogni continente, da Bauman a Neil Postman, da Edward Said alle "filter Bubbles" di Eli Pariser. “Non sono uno specialista – precisa - mi piace affrontare tutti i campi del sapere”.

Il sole si è ormai nascosto dietro le montagne e Khemais deve tornare a Merano dove abita. Prima però passa dal mercato di Piazza delle Erbe a prendere un po' di frutta che un venditore gli ha tenuto da parte e riempie la bottiglia d'acqua alla fontana, ne beve un sorso e, prima di salutare, ammette la propria preoccupazione: "Io sono un extracomunitario e non so se devo preoccuparmi per questa intervista. Mi sembra di non aver detto nulla di sbagliato, ma io parlo con moltissime persone e spesso, quando si accorgono che conosco certi argomenti in maniera più approfondita di loro, smettono di salutarmi".

 

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Ferruccio Cumer Sat, 03/15/2014 - 21:08

e anche bella e cortese lezione. Sentirsi dire da Khemais Alì che l'Italia non è più l'Italia che lui ha conosciuto nelle letture e nelle speranze fa male e fa bene contemporaneamente; bisognerà ricordare le sue parole. La sua cultura "extracomunitaria" gli permette di indicarci come potremmo e dovremmo essere e non siamo.

Sat, 03/15/2014 - 21:08 Permalink