L’ombra (e il peso)
Su una cosa sono tutti d’accordo: l’ex Landeshauptmann Alois Durnwalder a 74 anni compiuti (e un infarto alle spalle) dimostra energie (quasi) intatte rispetto al passato, combinate con una conoscenza della ‘macchina’ Alto Adige Südtirol che non ha eguali.
A dividere a livello di opinione - non solo pubblica ma anche di coloro che in un modo o nell’altro tengono le redini pubbliche (e private) in provincia di Bolzano - è invece l’opportunità o meno che Durnwalder con i suoi trascorsi di leader (quasi) assoluto e (quasi) incontrastato torni a calcare le scene. Non solo condizionando ma anche tornando direttamente ad occupare posti di comando dai quali si possono governare politica ed economia (in sistesi: il ‘vero’ potere in Alto Adige).
Gli ultimi giorni hanno di fatto confermato che l’ex presidente della giunta provinciale non abbia nessuna intenzione di emulare il suo mitico predecessore Silvius Magnago. Che a 75 anni (come i vescovi) decise di mettersi da parte per ritirarsi nella sua villa di via Castel Roncolo a Bolzano, uscendovi solo di tanto in tanto per adempiere ai suoi compiti di presidente onorario della SVP.
Al contrario Durnwalder, entrando nel consiglio di amministrazione della società privata SAD nel bel mezzo della disputa sulla proprietà del sistema informatico che gestisce il trasporto pubblico integrato, ha lanciato in questi giorni un messaggio forte e chiaro. E cioè di avere tutta l’intenzione di tornare a contare veramente nello scacchiere dei poteri forti della provincia di Bolzano. Da protagonista e non da ’membro onorario’.
La disputa è al contempo personale e politico generazionale.
Il personaggio pubblico Durnwalder nel 26 mesi trascorsi dal 27 febbraio 2014 - giorno in cui lasciò l’ultima carica pubblica (presidente della giunta regionale) con qualche mese di ritardo sulla presidenza della giunta provinciale - non ha mai smesso di far parlare di sé. Sperimentando anche (e soprattutto, forse troppo, per lui) vicende poco piacevoli. Come il processo sulla gestione dei suoi fondi riservati di Landeshauptmann e lo scandalo sugli anticipi dei vitalizi (il ritiro del suo ricorso fu l’anno scorso uno dei pesci d’aprile mediatici più apprezzati, in quanto assolutamente inverosimile).
Ma in 26 mesi di (presunta) pensione dalla politica, il cittadino Durnwalder ha potuto contare anche su numerose soddisfazioni. Al di là dei titoli di Cavaliere dell’ordine al merito bavarese, della Gran Decorazione d’Onore in Oro della Repubblica Austriaca e del titolo ‘italiano’ di Cavaliere di Gran Croce, già incamerati negli anni precedenti, Durnwalder dal febbraio 2014 ad oggi ha avuto parecchio da fare.
Oltre a svolgere il ruolo di presidente onorario dei tiratori a segno altoatesini, Durnwalder ha corso in lungo e in largo in questi due anni per partecipare all’inaugurazione di opere pubbliche da lui approvate a suo tempo. Compiendo inoltre molti viaggi all’estero, tra cui quelli nel curioso tandem con Alessandro Bertoldi, ed altri nella sua amata Africa.
Lo scorso anno è poi tornato in primo piano (non troppo a sorpresa) anche lo spirito politico indomito di Durnwalder. Grazie al forse inaspettato assist del Dolomiten nel lanciarlo come possibile candidato sindaco a Bolzano Quasi fosse un demiurgo in grado con la sua forza e pragmatismo di far ‘sorgere’ una nuova capitale, sulla scia di una riconquista nel segno di Julius Perathoner (e con la benevolenza degli ‘italiani’, tratti d’impaccio nella loro ormai più che decennale impasse).
Il sogno di diventare sindaco di Bolzano Durnwalder lo ha accarezzato davvero e la sua candidatura ha avuto proprio l’effetto voluto e cioè di mettere in luce le difficoltà della nuova gestione di SVP e provincia, affidata nelle mani dei ‘giovani’ e cioè di Philipp Achammer ed Arno Kompatscher.
“Arno non mi chiama mai”, si era lamentato l’ex Landeshauptmann l’anno scorso sulle pagine del quotidiano Alto Adige. E anche oggi Durnwalder spiega al medesimo quotidiano che “è giusto dare spazio ai giovani”, ma che - passando dal ‘pubblico al privato’ - non si trova d’accordo sulla legge (da lui stesso varata) che stabilisce che chi ha ricoperto incarichi politici non può svolgere consulenze o entrare nei cda di società pubbliche nei cinque anni successivi a fine mandato.
Nell’impossibilità di fare ancora il politico (per mancanza di posti adeguati alla sua ‘statura’) e di andare a gestire società pubbliche, a Durnwalder per rientrare in gioco non restava quindi che puntare sul privato.
E dopo aver fatto da testimonial per Benko ed aver ottenuto anche lui l’attesa ‘vittoria’ che nei giorni scorsi ha distribuito soddisfazioni a molti, Durnwalder ha fatto allora la sua scelta. Indentificando nella SAD - con la partita complessa dello sviluppo e della gestione della mobilità in Alto Adige - la migliore garanzia per tornare a fare parte (anche pubblicamente) del novero dei ’poteri forti’.
Particolare e curioso resta comunque il fatto che Alois Durnwalder di Falzes - come dicevamo - sia entrato nel cda di SAD proprio nei giorni caratterizzati dalla forte contrapposizione con la Provincia in merito alla proprietà del sistema informatico che gestisce il trasporto pubblico integrato. Un ‘imbarazzo’ che alla Provincia potrebbe venire a costare più di 10 milioni di euro e che trova le sue radici proprio nell’era Durnwalder. Quando la Provincia non definì nel dettaglio i termini del contratto con SAD.
Insomma: uscito dalla porta, Durnwalder piano piano è rientrato sulla scena locale utilizzando ogni possibile via. Abbaini, serrande, pertugi di ogni sorta. Ed ora una finestra attraverso la quale (forse) l’ex Landeshautmann potrà dare libero sfogo alla sua determinazione pragmatica. Da sempre sostenitore della pratica rispetto alla teoria e detrattore e della politica classica (“perché lenta”) Durnwalder ora potrà dare libero sfogo a sé stesso. E non è detto che il passaggio attraverso l’’economia che conta’ non sia foriero di un ritorno nella ‘politica che conta’.
Oggi come oggi tutto è molto dinamico. E le vecchie volpi hanno la vista lunga e lo sguardo felino del cacciatore. Mai dire mai.