The unanswered question
La giovanile fondata da Claudio Abbado nel 1986 è approdata a Bolzano nei giorni scorsi in un’ideale staffetta con la EUYO, che venerdì scorso aveva stregato il pubblico con un programma musicale grandioso e con la massa opulenta dei suoi quasi settanta archi, diretta da un maestro affermato come Manfred Honek. Per il suo debutto la Gustav Mahler sceglieva invece un programma difficile e raffinato, che ne conferma la statura di orchestra matura (nonostante la giovane età dei suoi musicisti) e poco incline a scelte facili; e sceglieva di affidarlo ad un direttore anche lui giovane, Christian Blex, promosso da assistente direttore a titolare del podio.
Già l’apertura con Metamorphosen di Richard Strauss, pagina per soli archi, dava la misura di una serata intensa: partitura di grande impegno, composta nel 1945 e carica di desolazione e tragicità, espone tutti gli archi sul filo di un’esecuzione tesa e rischiosa nel suo portare in rilievo i singoli musicisti. Blex dirigeva senza bacchetta, con gesto fluido, a cercare l’amalgama senza perdere i sottili fili di una trama labirintica. La chiusura sottovoce lasciava un lunghissimo silenzio interrotto dagli applausi convinti del pubblico. Dopo una pagina così tesa e severa, quasi estenuante sia per gli esecutori che per gli ascoltatori, arrivava uno Strauss ben diverso, con il soprano Jacquelyn Wagner solista in quattro lieder per voce e orchestra: arricchita da fiati e percussioni, l’orchestra trovava un respiro più agevole e una paletta di colori ricchissima. La voce meravigliosa della Wagner tracciava con agilità le sinuose linee straussiane, luminosa come l’oro di certe tele di Klimt.
Nella seconda parte del concerto la GMJO si ripresentava sul palcoscenico con una selezione degli archi per eseguire “The unanswered question” di Charles Ives, pagina del 1908 che segna in maniera palpabile la distanza con la tradizione classica europea tracciando le linee di un linguaggio musicale colto prettamente americano: sul tappeto soffuso degli archi si stagliavano le “domande” della tromba solista, invisibile al pubblico, con bellissimo effetto straniante, e del gruppo di fiati, anch’essi da dietro le quinte. Una pagina in cui geometria ed emozione si incontrano creando una particolarissima alchimia, tra l’ostentata indifferenza tonale dell’accompagnamento orchestrale e le dissonanze quasi capricciose dei fiati. Ottima l’esecuzione, misurata e accurata.
La conclusione era in chiave classica, con la Quarta Sinfonia di Schubert, detta “Tragica”, diretta con piglio sicuro da Blex, che cercava la compostezza anche quando i musicisti mordevano il freno, in un’esecuzione di grande trasparenza garantita dall’organico orchestrale ben equilibrato. Dopo la morbidezza melodica dell’Andante e i ritmi danzanti del Minuetto il finale compattissimo ed energico portava all’unica conclusione in fortissimo della serata, accolta dall’applauso liberatorio del pubblico.