Donne Giornaliste - come riconoscerle?
Amo le parole: quelle dette tra persone care, le parole scritte, i podcast… Il linguaggio dà ordine ai pensieri, permette di formulare idee e si riferisce non solo all'esistenza, ma influisce sullo sviluppo delle cose, sull'interpretazione della nostra realtà mostrando nuove vie, creando un nuovo patrimonio di pensiero e legittimando mondi possibili. Insomma, le parole sono importanti in ogni momento, e chi le usa, soprattutto chi ci lavora, ha una grande responsabilità!
Una delle categorie professionali che hanno come strumento di lavoro il linguaggio sono le giornaliste e i giornalisti. Eppure, a volte è proprio in questa categoria che noto una scarsa presa di responsabilità o forse meglio una certa superficialità. Ecco qui qualche dato di una lettura di genere della panoramica dei media, la fonte è GMMP (Global Media Monitoring Project). Per rendere le percentuali più concrete, aggiungo ad ogni dato statistico qualche spunto di riflessione sull’incidenza nella vita reale:
- le donne sono il 51,7% della popolazione italiana, nonostante ciò, sono solamente il 26% delle persone viste o ascoltate dai media, come esperte o come protagoniste.
(Se sei abituatə a leggere cosa hanno fatto uomini, che cosa pensano uomini e che cosa dicono uomini, il mondo disegnato è un mondo dove le donne hanno poco da fare/pensare/dire) - Il 63% degli articoli nei giornali è stato scritto da uomini, il 21% da donne (Osservatorio Europeo di Giornalismo EJO 2018).
(Quindi la grande maggioranza degli articoli parla in un linguaggio maschile e porta un pensiero maschile, spesso volto al mantenimento dello status quo in una società patriarcale) - Nelle redazioni, il 41% delle persone sono donne, trattano prevalentemente temi come salute, scienza, sociale e cronaca giudiziaria. Sono gli uomini ad occuparsi di politica, economia e criminalità.
(Un po’ come quando le donne erano reputate come non abbastanza razionali e in grado di gestire le emozioni e quindi bisognose di un tutore maschile: i temi riguardanti potere e denaro restano maschili, le donne sono relegate alla sfera considerata femminile da sempre) - Il 25% delle donne menzionate nei media, è rappresentato come vittima (il 4% degli uomini).
(Fondamentalmente, a sentire i media, se sei donna sei predestinata ad essere vittima, condizione che permette loro di analizzare e riportare ogni singolo aspetto della tua vita alla ricerca di un passo falso o comunque interpretabile come tale) - Le persone rappresentate su immagini nei giornali italiani da sole sono 42% uomini e 11% donne (EJO 2018).
(Come a dire che un uomo sì è abbastanza importante da avere una foto tutta per sé, per la donna si cerca la foto che la rappresenti con il compagno sorridente anche se è stato proprio lui a toglierle la vita) - In Italia, solo lo scarso 4% (valore in diminuzione) della cronaca tratta in modo specifico questioni di parità di genere o destruttura preconcetti/stereotipi.
(Una realtà nella quale viene quasi “naturale” pensare che i preconcetti e le discriminazioni che vivi quotidianamente siano “normali” e poco rilevanti)
Quale mondo possibile ci viene quindi comunicato? Un mondo nel quale se sei uomo sei importante, sei ascoltato e visto, il tuo vissuto conta, come anche i tuoi pensieri. Un mondo nel quale se sei donna resti invisibile, a meno che tu non sia vittima e quindi rafforzi l'idea di essere debole e non adeguata in un mondo che ascolta e dà credito ai forti. Vi ricordate il fenomeno sociologico della profezia che si autoavvera? Nell’attesa che le raccomandazioni espresse nell’ultimo report GMMP vengano recepite, spero che i dati riportati permettano all’uno o all’altra di rifletterci.
Chiudo con un piccolo dettaglio, pare un aneddoto, che riassume bene le statistiche di sopra: l'ordine dei giornalisti (!) fornisce ai suoi componenti, dopo aver passato l’esame di stato della categoria, una tessera professionale cartacea per potersi identificare. Ancora nel 2022 questa riporta esclusivamente la dicitura "Sig.". A richiesta di spiegazioni all’ordine dei giornalisti regionale viene risposto che "il Consiglio Nazionale ha inviato queste e non è possibile sostituirle per garantire continuità nella numerazione". Speriamo vivamente che l'ultima fornitura non sia stata troppo cospicua e che diventi presto possibile anche per le giornaliste riconoscersi nella propria tessera tanto faticosamente guadagnata. Sarebbe un piccolo cambiamento simbolico, ma un segnale comunque importante per coloro che delle parole e dei mondi possibili hanno fatto il loro mestiere.