Culture | Diritti

Antonella Questa porta in scena Stai zitta

Martedì al Teatro Cristallo l'attivista-attrice sul palco con lo spettacolo tratto dal libro di Michela Murgia. "Ci ha lasciato un'eredità immensa"
Antonella Questa Stai zitta
Foto: Antonio Ficai
  • In occasione del convegno “Donne e denaro”, per i 50 anni dell’A.I.E.D di Bolzano abbiamo intervistato una delle protagoniste della giornata: Antonella Questa.  Attivista e femminista, Questa si impegna nel portare alla luce tematiche molto delicate come la questione di genere come accade nello spettacolo "Stai Zitta”, tratto dal libro di Michela Murgia che andrà in scena il 17 ottobre al Cristallo. La rappresentazione segnerà l’inizio della tournée di Antonella Questa, che si è detta emozionata e molto fiera di portare sul palco la voce di quella che è stata una delle più grandi attiviste del nostro paese. 

    Salto.bz: Lei è un’attivista che porta il suo lavoro anche nelle scuole oltre che sui palchi; a tal proposito ci vuole raccontare, se c’è stato, un episodio che l’ha particolarmente colpita? Un intervento o una domanda, da parte delle ragazze (o dei ragazzi) con le quali ha parlato e che le hanno espresso una riflessione profondamente toccante?

    Io non porto il mio lavoro nelle scuole purtroppo, ma mi piacerebbe molto. Anche se è capitato raramente e spero che in futuro succeda molto più spesso. Questo anche perché quando vado in scena con i miei spettacoli nei teatri e nei festival, sono tante e tanti i giovani che mi seguono. La cosa più toccante, che mi ha più emozionata e colpita, è stata scoprire che il mio spettacolo era stato scelto per dei festival direttamente da studentesse e studenti. Ricordo per esempio a Civitavecchia, una replica di “Un sacchetto d’amore”, spettacolo sulle dipendenze comportamentali non da sostanze. Lì partecipai ad un dibattito finale al termine dello spettacolo insieme ai giovani e fu molto bello perché loro dissero che, finalmente, era stato creato uno spettacolo in grado di parlare di loro. Mi resi conto di aver costruito, portando in scena quella storia, un ponte, un dialogo, una possibilità di relazione tra i loro genitori e adulti di riferimento e loro stessi. Lo shopping compulsivo, il gioco d’azzardo, l’eccesso nell’uso del cellulare o anche l’eccesso di lavoro, sono tematiche che i giovani vivono e per ile quali non facciamo abbastanza attenzione. Un altro caso è stato lo spettacolo “Infanzia felice: una fiaba per adulti”, in cui io tratto il tema della pedagogia nera e cioè della violenza educativa che noi, ex bambine e bambini, abbiamo subito.  Una catena di violenze educative che risale a due/tre secoli fa e che rappresenta qualcosa di estremamente pervasivo e tossico. Questo comporta, nel bambino che subisce questa violenza fisica e psicologica, un accumulo di rabbia e frustrazioni interiori che da adulto va a sfogare, anche suo malgrado ed involontariamente , su persone più deboli (figli o allievi).  I ragazzi mi dissero più volte, durante gli incontri, che quello spettacolo era importante perché permetteva di far capire ai loro adulti di riferimento che c’era bisogno di maggior ascolto ed empatia. La cosa che mi tocca di più è scrivere degli spettacoli che poi, in qualche modo, sono utili a chiunque, specie per le giovani generazioni. 

    Quanto è difficile parlare alle giovani generazioni del rapporto con i soldi e in questo caso delle donne e dell’importanza, per loro, di avere un’indipendenza economica?

    A questa domanda non ho risposta, perché finora non ho mai parlato alle giovani generazioni del rapporto con i soldi. La conferenza spettacolo è nata da poco, dapprima come workshop, per le donne e per le giovanissime. Azzurra Rinaldi sicuramente sa spiegare molto meglio di me quanto sia fondamentale dare ad esempio una paghetta alle bambine, che sia uguale a quella data ai bambini. Darla in modo regolare e senza fare alcun tipo di distinzione, ecco. 

    "Noi dobbiamo chiedere i soldi senza provare vergogna. Nel contrattare bisogna chiedere un giusto compenso".

    Si è mai trovata di fronte a situazioni particolarmente complesse, rimanendo sempre sul tema donna e denaro? Se sì, può raccontarci quali e come le ha affrontate?

    Per quanto riguarda il tema donna e denaro, ciò che io combatto da molto tempo è la minimizzazione del lavoro che svolgo. Anche su instagram ho fatto parecchi post su questo fatto. Spesso quando si tratta di noi donne, si dà per scontato che il lavoro che si fa non sia niente di importante, ma che piuttosto risulti semplice portarlo a termine. Quindi spesso la parte difficile è farsi pagare veramente per il lavoro che si svolge. Questo è il grande tema; magari anche gli uomini hanno lo stesso problema, ma nelle donne è particolarmente presente questa mala-educazione. Io penso che il modo migliore per affrontare questa difficoltà sia chiedendo. Noi dobbiamo chiedere i soldi senza provare vergogna. Nel contrattare bisogna chiedere un giusto compenso. Dietro la mia ora sul palco ci sono mesi o anche anni di preparazione, di studio ed investimento. Chiaramente questo ha un prezzo che deve essere riconosciuto. 

  • Attivista: Antonella Questa Foto: A. Q. Archivio
  • Visto che parliamo del tema donne e denaro; secondo lei il fattore economico quanto influisce sulla questione di genere e perché ancora non se ne parla abbastanza? Da cosa dipende?

    Dipende dal patriarcato. Il patriarcato è il male supremo e non dobbiamo più temere di dirlo e di additarlo come tale. In un libro francese che sto leggendo intitolato “Gli uomini giusti” di Ivan Jablonka, l’autore racconta che il patriarcato è presente da diecimila anni, strutturandosi nei secoli. Spesso le donne non lavorano e non viene permesso loro di avere un conto corrente. Questi sono retaggi culturali non così antichi come si potrebbe pensare, perché ad esempio negli anni ‘70 molte donne non avevano il conto corrente e potevano aprirlo solo con l’accordo del marito. Accordo che spesso non c’era. C’è un problema atavico di cultura nel quale si tengono le donne a distanza dai soldi e questo succede perché se io non do’ i soldi a qualcuno, questa persona non è autonoma ed indipendente. Questo argomento verrà trattato nello spettacolo e nel workshop del 30 settembre a Bolzano. Quel giorno, durante la conferenza spettacolo io presenterò quattro personaggi donne che hanno una determinata situazione con i soldi e Azzurra Rinaldi spiegherà i dati e la situazione attuale. Se io privo una donna dell’accesso ai soldi, la depotenzio e faccio in modo che lei dipenda sempre dal compagno, dal figlio, dalla famiglia o dal padre. Purtroppo di questo non si parla abbastanza perché farlo significherebbe mettere in crisi un sistema atavico patriarcale. Quello che succede è che oggi è impossibile ed impensabile che in una coppia ci sia un unico stipendio; la donna deve lavorare per forza.Tra l'altro oggi la società è ancora molto cieca sul fatto che il lavoro delle donne aumenterebbe il PIL in maniera esponenziale e questo, io lo raccontavo già in un altro spettacolo, nato nel 2014-2015. Già allora si parlava di questa problematica. Se veramente riuscissimo a dare servizi alle famiglie come asili nido, congedi di paternità uguali a quelli di maternità, le donne potrebbero tornare davvero a lavoro e il paese ne gioverebbe in termini economici. La donna potrebbe avere il suo percorso personale e realizzarsi, ma viviamo un tempo ancora estremamente ottuso, oscuro ed ostile nei confronti delle donne. 

    "Certamente è chiaro che se non ci si mettono anche gli uomini a volere un cambiamento radicale di questa struttura,sarà molto lungo il percorso da fare".

    Diventare attivista è una scelta coraggiosa, specie in un mondo come il nostro, nel quale spesso la comunicazione distorta delle informazioni mette in cattiva luce certe battaglie e/o bisogni. Secondo lei, si arriverà prima o poi ad un grado di consapevolezza talmente tanto elevato, da poter tirare un sospiro di sollievo, oppure ci vorranno ancora molti anni e generazioni prima di questo? A che punto siamo?

    Diventare attivista non è una scelta coraggiosa, ma ci si diventa quando si aprono gli occhi e quando si acquisisce consapevolezza dell'ingiustizia del sistema nel quale viviamo. Diventa vitale per se stessi, per le altre e gli altri. Io uso sempre sia il maschile che il femminile perché questo sistema patriarcale tossico, impatta significativamente anche sugli uomini. Sono pochissimi quelli che se ne stanno rendendo conto, ma vediamo una piccola luce in fondo al tunnel. Certamente è chiaro che se non ci si mettono anche gli uomini a volere un cambiamento radicale di questa struttura,sarà molto lungo il percorso da fare. In qualsiasi caso non dobbiamo smettere di combattere. Essere attivista diventa una questione vitale, logica e naturale pensando alle giovani generazioni. Io oggi sono ben felice di passare per la rompiscatole che disturba, non mi interessa, anzi il giudizio altrui non mi tocca. Sono contenta di battermi affinché le nuove generazioni possano vivere in una società più equa e più felice. 

    Leggendo la sua biografia, so che sta lavorando al Reading Spettacolo “Stai zitta” tratto dal libro di Michela Murgia; qual è la più grande eredità che Michela ci ha lasciato e secondo lei qual è il modo migliore per farne tesoro nel tempo?

    In realtà “Stai zitta” è diventato un vero e proprio spettacolo che il 17 ottobre 2023 porteremo in scena proprio a Bolzano. La regia è di Marta Dalla Via. Io in scena sono con due amiche attiviste, Valentina Melis e Teresa Cinque e siamo estremamente orgogliose e soprattutto, sentiamo molta responsabilità visto che ora Michela non c’è più. Lei ci ha lasciato un’eredità immensa, un esempio di come si può combattere per migliorare soprattutto per gli altri. Ci ha insegnato quanto sia fondamentale fare rete tra noi donne e con gli uomini alleati, che hanno capito davvero la problematica. Io sono tanto emozionata e tornare il 17 ottobre segnerà l’inizio della tournée, consultabile sul mio sito www.antonellaquesta.it.