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"Si apra un nuovo tavolo di confronto"

Dopo lo sciopero del 13 dicembre anche in Alto Adige c’è grande preoccupazione per il futuro di TIM. Lo conferma Renato De Nardi di Slc Cgil/Agb.
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Foto: Google Maps

Ieri 13 dicembre i lavoratori regionali di TIM hanno aderito in maniera massiccia allo sciopero di un’intera giornata proclamato unitariamente dalle single sindacali. La protesta è contro l’atteggiamento assunto dall’azienda negli ultimi tempi attraverso la disdetta unilaterale del contratto integrativo di secondo livello, che si aggiunge al mancato rinnovo del contratto collettivo scaduto da 2 anni ed al blocco degli scatti di anzianità
La preoccupazione è grande da parte da parte dei 700 lavoratori regionali di TIM, di cui 400 in Alto Adige. Per fare il punto della situazione per quanto riguarda una contrattazione tutta ancora  in salita abbiamo sentito Renato Denardi di Slc Cgil/Agb

salto.bz : Ieri l’azienda ha reagito al vostro sciopero smentendo qualsiasi indiscrezione relativa all’individuazione di nuovi esuberi, al di là della prevista messa in mobilità di 100 dipendenti a livello regionale entro il 2018. TIM ha anche detto che la disdetta del contratto del 2008 per quanto li riguarda non è altro che “un adempimento finalizzato ad avviare un nuovo tavolo di confronto”. Voi cosa ne dite?
Renato De Nardi - A livello nazionale saranno 4mila i lavoratori che se ne andranno. 100 come detto nella nostra regione. 

Se ne vanno nel senso che vengono mandati via o cosa?
Nel senso che vengono 'siutati' ad andarsene.

Scivoli per il pensionamento, insomma. 
Sì e le persone a cui viene proposto di solito accettano. In ogni caso occorre sapere che le uscite dei lavoratori con quel sistema sono di fatto autofinanziate. Abbiamo dei contratti di solidarietà aperti. Chi è soggetto a questo tipo di contratto ci rimette più o meno 100 euro al mese. Si tratta di soldi che vanno a finanziare l’art.4 della legge Fornero. Cioè una isopensione, che di fatto è una mobilità finanziata dall’azienda e non dall’INPS.
Per quanto riguarda invece la disdetta del contratto TIM invece ci dovrebbe spiegare un po’ di cose. Il nostro contratto di settore è scaduto da 2 anni. 5 anni fa abbiamo preparato un nuovo modello contrattuale che avrebbe avuto la durata di 3 anni anziché di 4. Ebbene: da allora non è successo nulla e di fatto sono 5 anni che ci troviamo senza contratto. 
Inoltre è senz’altro anomalo che in una situazione di questo tipo TIM si presenti al tavolo dicendo unilateralmente che il contratto di secondo livello per loro non esiste più. Potevamo accettare di discuterlo o congelarlo, ma non che venisse tolto. L’integrativo constava di 37 punti, mediati e conquistati man mano dal 2000 ad oggi.  

In particolare l’azienda poi ha deciso di bloccare gli scatti di anzianità.
Sì e questo è abbastanza grave. E’ vero che la popolazione dei dipendenti è abbastanza avanti negli anni, visto che l’età media è sopra i 50. Ma questo è accaduto perché ormai sono 15 anni che si utilizza il sistema della mobilità e delle ‘uscite’. In 15 anni Telecom è riuscita a dimezzare i suoi dipendenti. A livello nazione eravamo 100/120mila ed ora siamo attorno ai 40/50mila. 

Voi dite che l’atteggiamento assunto dall’azienda non può che avere delle ricadute negative sul servizio offerto agli utenti. Quali sono?
Il modo di lavorare diventa sempre più complesso dal punto di vista soprattutto della burocrazia. In 15 anni hanno dimezzato il personale ma non è che è il lavoro sia calato più di tanto, nonostante il fatto che ora ci troviamo nel libero mercato. Investimenti veri non sono stati fatti da parte dell’azienda in questo senso. 

“Bisognerebbe ricordare che la rete è stata costruita con le tasse di tutti i cittadini. La rete era pubblica e data in concessione. Poi dal 2000 in avanti con il passaggio da SIP a Telecom la rete è andata in mano privata. E i privati non ci hanno investito. Qui è mancato anche lo Stato, insomma. In Inghilterra ad esempio la rete è rimasta pubblica.” 

I vostri dipendenti dove sono localizzati in provincia di Bolzano?
La maggior parte sono a Bolzano in via Resia, poi una parte ancora in via Bergamo. Poi un po’ di dipendenti ci sono anche a Brunico, Bressanone e Merano, e qualcosa anche in giro per le valli. Ma spesso ormai nel territorio i presidi cominciano ad essere ai minimi termini. Mancano le persone e soprattutto i tecnici, visto che non sono state fatte nuove assunzioni. Si tratta di professionalità che si formano operando e che devono stare al passo con i tempi. Le reti informatiche oggi infatti tengono in piedi l’economia del paese. Lo sanno tutti. 

La Provincia entra in qualche modo nella trattativa in corso all’interno di TIM?
E’ molto difficile che questo possa accadere. La Provincia attraverso Alperia e anche i comuni si stanno un po’ organizzando per posare la fibra ottica, che è il futuro. Ad preoccuparsi dello stato di salute di TIM dovrebbe essere soprattutto l’economia altoatesina, magari facendosi supportare dalla Provincia. Un tavolo in cui ci si pone il problema di dove si sta andando e come queste reti si interconnettano sarebbe senz’altro positivo. Magari promuovendo risparmi e un migliore servizio all’utenza. O meglio alla clientela, visto che stiamo parlando di un’azienda privata. 

Quali le prossime iniziative che intraprenderete a livello sindacale?
Lo sciopero di ieri ha avuto un’adesione altissima, la più grande da decenni a questa parte. Ora la palla passa all’azienda che deve rendersi conto che c’è un grande malumore tra i dipendenti. La prospettiva è che entro due anni i dipendenti diminuiscano di un buon 30% in provincia di Bolzano. E’ davvero tanto e la preoccupazione cresce. Anche perché i lavoratori sanno che il ricambio generazionale nel loro settore è importantissimo. Gli investimenti non ci sono più. Nel 2000 Telecom era la terza azienda di telecomunicazioni di tutta Europa e pensava in grande. 
Quello che l’azienda dice alla stampa vogliamo leggerlo come un’apertura? Mah, noi nuovi scioperi al momento non li abbiamo programmati, si vedrà. La trattativa si svolgerà a livello nazionale e avrà un livello locale solo ad accordi fatti. Speriamo.