Un, due, tre, stella ...
L'editoriale del No. 123 del Turris Babel: Nello spazio pubblico | im öffentlichen Raum
Editoriale di Alberto Winterle
Per il numero 123 di Turris Babel, dedicato all’attivazione dello spazio pubblico, il rimando a questo tradizionale passatempo è stato immediato. Un gioco che esiste in innumerevoli versioni un po’ in tutto il mondo, che perlopiù si faceva in strada, in un qualsiasi spa zio aperto del proprio paese o della propria città, senza avere bisogno di nulla e per questo molto facile da organizzare. Il gioco si trasforma però anche in una sorta di inconsapevole impossessamento dello spazio, misurato a passi in una divertente azione fisica di gruppo. Posti in posizione allineata, si sfidava, infatti, un compagno isolato ad alcuni metri di di stanza, che dopo aver pronunciato quei fatidici tre numeri si girava velocemente per individuare chi di noi era ancora in movimento, e se colto in f lagrante dove va ritornare al punto di partenza. Forse, guardando con un pizzico di nostalgia a questo passato, viene da pensare a come le nuove generazioni, oggi immerse in realtà più virtuali che reali, sapranno configurare nuovi spazi e nuove possibilità partecipative e di relazione all’interno delle nostre città nel prossimo futuro.
come le nuove generazioni, oggi immerse in realtà più virtuali che reali, sapranno configurare nuovi spazi e nuove possibilità partecipative e di relazione all’interno delle nostre città nel prossimo futuro.
Ov viamente il riferimento al gioco è solo un pretesto, ma può essere uno spunto per ripensare alle nostre modalità di appropriazione dello spazio aperto, sia questo il cortile di una casa, di una scuola, o una qualsiasi porzione di suolo pubblico o privato che utilizziamo nella quotidianità. Sono luoghi che abitualmente attraversiamo o occupiamo, trasformati e risignificati dalle nostre azioni. Una piazza, una via, o un cortile, possono diventare spazi del gioco, dello svago, della ricreazione, da parte di persone singole e delle comunità, li usiamo per passeggiare o per seguire iniziative di vario genere, e possono essere anche spazi della collettività o spazi politici se li occupiamo per protesta o per dimostrare le nostre idee. Non si tratta, infatti, di considerare «spazio» solamente ciò che sta tra gli edifici, ov vero i vuoti della città; così come non dobbiamo considerare «pubblico» solamente ciò che effettivamente appartiene ad un ente pubblico. Lo spazio costituisce la materia prima della città e sta a noi dargli un senso, riempirlo di significato. Come ricordava André Corboz nell’articolo «Avete detto spazio?» pubblicato nel 1993 su Casabella n.597–598. «Lo spazio è il nostro ambiente vitale per eccellenza: poiché lo considerano come un dato inconfutabile, i teorici e i progettisti non si chiedono mai a quale nozione di spazio si riferiscano, in altre parole, quale struttura quello spazio possieda.» Infatti, proprio perché si tratta di un’evidenza, di una risorsa inconfutabile, diamo lo spazio per scontato senza capire quale possa essere la sua struttura e che cosa possa evocare. Tuttavia, forse, è proprio nell’incontro di quei due termini, spazio e pubblico, che scatta qualche cosa di diverso. Non si tratta solo di disegnare un luogo fisico, ma di esplorare le infinite potenzialità di relazioni e significati che le persone, attraverso le loro azioni, possono attivare grazie alla loro presenza. E cos’altro è lo spazio pubblico se non quella risorsa in cui negoziamo i nostri interessi comuni, esprimiamo le nostre differenze celebriamo la nostra creatività e manifestiamo anche il nostro dissenso? Oggi questa necessità di risignificazione dello spazio pubblico è ancora più evidente:
in seguito allo sconvolgimento dovuto all’emergenza sanitaria abbiamo tutti sentito il bisogno di usare e occupare lo spazio aperto inteso come risorsa irrinunciabile per la nostra esistenza. Per questo abbiamo immaginato un numero della nostra rivista dedicato alle azioni di attivazione dello spazio pubblico, attuate nella nostra provincia, o nei territori limitrofi. Si tratta a volte di performance artistiche o anche di progetti culturali e di sensibilizzazione e coinvolgimento attivo della popolazione, penso ad esempio all’importante contributo nelle azioni del gruppo Lungomare, oppure a Bolzanism un interessante progetto di rinarrazione di brani della Bolzano Moderna.
Non si tratta, infatti, di considerare «spazio» solamente ciò che sta tra gli edifici, ovvero i vuoti della città; così come non dobbiamo considerare «pubblico» solamente ciò che effettivamente appartiene ad un ente pubblico
Per selezionare e individuare i progetti abbiamo chiesto aiuto a Roberto Gigliotti e Nina Bassoli che con passione hanno curato questo numero, raggruppando le diverse azioni in specif iche aree tematiche. Questo numero della rivista diventa quindi uno strumento per riflettere sui nostri spazi condivisi ed uno stimolo per immaginare nuovi modi per attivarli.