Chronicle | Tragedia della Venosta

Tutta colpa della mancanza di un piano valutazione rischi?

Si è aperto ieri il processo a carico dei quattro imputati per la frana che il 12 aprile travolse il treno regionale della Sad, uccidendo 9 persone. Dagli atti della Procura risulterebbe che il Consorzio di bonifica non avrebbe avuto un piano di valutazione rischi in piena regola. Esiste un nesso di causalità tra questa mancanza e l’incidente?

Era il 12 aprile 2010 quando si verificò l’incidente ferroviario di Laces, sulla linea della Val Venosta. Verso le 9 di mattina, una frana di 400 metri cubi di terra si distaccò dalla scarpata sovrastante la ferrovia, investendo il treno regionale 108 della Sad che stava percorrendo la tratta in direzione Merano. Furono 9 i morti, quel giorno. A rimanere feriti, 28 passeggeri, di cui 7 in maniera grave.

A distanza di quasi quattro anni dalla tragedia, ieri mattina (14 febbraio), si è aperto il processo a carico degli imputati: Lothar Burger, presidente del Consorzio di bonifica dell’area da dove la frana si staccò, Gottfried Niedermair, direttore, Armin Trafojer, presidente del comitato di lavoro per l’utilizzo dell’impianto,  e Walther Pirhofer, acquaiolo. Nei mesi scorsi, ad essere prosciolti, in fase preliminare, per non avere commesso il fatto furono Helmuth Moroder, citymanager del Comune di Bolzano che era stato inquisito in qualità di responsabile per conto della Sta spa del progetto di ripristino della linea ferroviaria Merano-Malles, e Manfred Lechner, chiamato in causa erroneamente come presunto responsabile della sicurezza del consorzio di bonifica.

Ieri mattina, davanti al tribunale riunito in composizione collegiale e formato dai giudici Carlo Busato, Stefan Tappeiner e Michele Paparella, sono stati ascoltati due testi voluti dal pm che coordina l’inchiesta, il sostituto procuratore Axel Bisignano:  il luogotenente Roberto Barletta e l’ispettore del lavoro Thomas Bagnato

Tutto il processo, sostanzialmente, ruoterà attorno ad un punto centrale: la mancanza di un piano di valutazione rischi da parte del Consorzio di bonifica. Entrambi i testi hanno fornito una ricostruzione delle indagini che sono state compiute nell’immediatezza della frana, sul luogo dell’incidente: Barletta, nello specifico, in merito a quelle dei carabinieri della compagnia del nucleo operativo radiomobile. Da parte di Bagnato, invece, si è potuta ascoltare la ricostruzione delle indagini svolte dall’ispettorato del lavoro che, un anno e mezzo dopo l’incidente, sono state delegate sul rispetto da parte del Consorzio del testo unico sulla sicurezza del lavoro. L’indagine, nello specifico, atteneva alla presenza (ed, nel caso, alla completezza) o meno del documento di valutazione del rischio.

È emerso che l’ispettorato contestò un documento di valutazione del rischio non idoneo, in quanto incompleto, non avendo valutato il rischio connesso al fatto verificatosi. Il piano non idoneo era stato redatto dall’ingegner Manfred Lechner, che nel frattempo è stato prosciolto in udienza preliminare. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, il Consorzio fece fare un piano valutazione rischi nel 1996, contenente la nomina di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Poi più nulla, fino al 2003, quando il Consorzio contattò per la prima volta Lechner,  esperto in materia di sicurezza, che restò in carica un anno. In seguito, il posto rimase ancora una volta vacante, fino al marzo 2010. A tre settimane dall’incidente, il Consorzio contattò ancora una volta Lechner per regolarizzare la posizione. Lui accettò ma, non essendoci alcun incarico ufficiale, il piano non fu mai consegnato. Ad aprile, dunque, il Consorzio risultava essere senza un dvr (documento valutazione rischi) né un rspp (responsabile servizio protezione e prevenzione).

A questo punto sorge il problema del nesso causale, in quanto nel dvr dovrebbero essere valutati i rischi della prevenzione infortuni. La presenza dell’acqua del bacino era un rischio che bisognava valutare nell’ambito del settore limitato della prevenzione infortuni? Se questa avesse costituito un pericolo per i lavoratori allora esiste un nesso causale con l’incidente. Ma se il rischio non c’era, e quindi non doveva essere valutato, verrebbe meno il pericolo per i lavoratori e dunque cadrebbe il nesso di causalità. E’ questo il grande dilemma che si dovrà sciogliere nel corso del processo. La prossima udienza, in cui verranno ascoltati altri sei testimoni del pm, è stata fissata per il 21 marzo prossimo.