Politics | Estremismi

Piccoli neofascisti crescono?

Intervista ad Andrea Di Michele, ricercatore di storia contemporanea all’unibz, sul radicamento locale del neofascismo, il suo presunto appeal e la sua sottovalutazione.

Di Michele, quanto è diffuso il fenomeno del neofascismo in Alto Adige?
È una questione che rispecchia un trend nazionale, Casapound in particolare sta avendo un radicamento sul territorio evidentemente sottovalutato e l’Alto Adige, Bolzano in particolare, non fa differenza in questo senso. Nel capoluogo pesa sicuramente anche questo disfacimento della destra tradizionale che, ancora di più rispetto ad altre realtà italiane, si è volatilizzata e ha perso il suo ruolo di riferimento per una parte del proprio elettorato storico.

Va detto che dal 2011 a oggi, a livello nazionale, ci sono stati 20 arresti e 359 denunce fra militanti e simpatizzanti di Casapound, un fenomeno tuttavia minimizzato dal Viminale. C’è anche una nota informativa inviata dalla Polizia di prevenzione al tribunale di Roma che descrive quasi in toni positivi il movimento neofascista.
Ciò conferma la tesi secondo cui il fenomeno viene sottovalutato e a volte anche dalle stesse istituzioni che si occupano di mantenere l’ordine pubblico. La normativa che citava dipinge appunto Casapound quasi come un movimento “da dopolavoro”, mai responsabile di violenze. Anche a livello locale si ha l’impressione che l’influenza dei sedicenti fascisti del terzo millennio venga minimizzata, mi riferisco ad esempio al fatto che la stampa si è mossa piuttosto in ritardo nel pubblicare il nome del consigliere di circoscrizione di Casapound accusato del pestaggio di un minorenne. Senza contare che il movimento stesso non ha nemmeno preso le distanze da quanto accaduto. Le forze di centrodestra dovrebbero fare un serio ragionamento sull’ipotesi di imbarcare il movimento, qualora si candidasse, come alleato alle prossime elezioni. Devo anche dire che non condivido la scelta del Pd e dei Verdi di non aver partecipato all’assemblea di quartiere, è senz’altro comprensibile come atto simbolico isolato perché in caso contrario si rischia di rimanere ostaggio delle decisioni altrui.

Le capacità comunicative di Casapound hanno tuttavia saputo fare breccia in certi ambienti sociali? Bolzano, del resto, è l’unico caso in Italia in cui un militante dei cosiddetti “fascisti del terzo millennio” è riuscito ad entrare in consiglio comunale.
Una delle discutibili conseguenze della scorsa legge elettorale, con una manciata di voti è stato possibile entrare in consiglio comunale, perciò è anche opportuno ridimensionare il tutto. A Bolzano poi c’è il fatto che si sono trascurate le periferie troppo a lungo.Casapound sa come mobilitare e aggregare alcune fasce di popolazione. In un momento come questo fanno presa, in Italia come in Europa, anche atteggiamenti politici ( in linea con la Lega Nord.) tinti di contenuti anti-immigrazione.

In tempo di crisi, insomma, l’appeal di Casapound è un fatto conclamato?
Le ultime vicende non aiutano certo ad orientarsi nel canyon politico bolzanino e alla fine certe cose si pagano. Questo indubbio distacco fra la classe politica e i problemi concreti della città dimostrano quanto manchi una presa di coscienza della questione da parte degli stessi partiti. Facile, a quel punto, che movimenti come quello di Casapound ci guadagnino.

Ha ancora senso, oggi, una “destra di lotta”?
C’è molta retorica rispetto al mito del fascismo sociale, alla dittatura mussoliniana che ha fatto cose buone per l’Italia. È il neofascismo capace di far leva sulle emozioni, professandosi paladino delle fasce più deboli. Contro cosa lottino e soprattutto quali politiche concrete propongano, al di là degli slogan, non è ancora del tutto chiaro.

Sono cambiati i “nemici” della destra estrema?
Gli scontri che si pensava fossero scongiurati perché legati a ideologie ormai superate e sepolte dalla storia perdurano ancora. Trento ne è un esempio palese. I “vecchi nemici” ci sono quindi ancora. Oggi nella categoria si sono aggiunti gli “outsider” della comunità, gli immigrati visti come una minaccia, oltre che per il benessere di una società ricca, anche sotto il profilo identitario.

A proposito di identità, ritiene che il neofascismo si ponga in Alto Adige ancora come simbolo di un’”italianità” messa, secondo alcuni, in qualche modo a rischio?
È così, si tratta di una questione ricorrente in tutta l’età repubblicana, la presenza e il radicamento del fascismo è stata sempre forte in tre situazioni in particolare: a Roma, a Trieste, altra città di frontiera, ad esempio, dove la presenza della popolazione di lingua slava, come a Bolzano e in Alto Adige in generale quella di lingua tedesca, è stata avvertita come una minaccia per le persone di lingua italiana. Il tema del nazionalismo è quindi in continuità con questo assunto ed è certamente esasperato nei luoghi in cui si ritiene che la nazione debba confrontarsi con altre realtà etniche.

Lei ha fatto parte del comitato scientifico che si è occupato del percorso espositivo all’interno del Monumento alla Vittoria. Il museo è ora in lizza per il premio European Museum of the Year Award 2016, un riconoscimento che enfatizza ulteriormente la volontà di scardinare lo scomodo valore simbolico dell’opera architettonica.
La candidatura è stata per noi una sorpresa molto gradita dal momento che si tratta fra l’altro di un riconoscimento importante del concreto valore sociale, oltre che comunicativo ed espositivo, di questo intervento. Siamo lieti che ciò possa contribuire al lavoro di depotenziamento del monumento sottolineando la valenza dell’operazione che va evidentemente anche oltre l’aspetto puramente locale.