Nicola Piepoli è uno dei più noti e stimati sondaggisti politici italiani. Da decenni ormai si occupa di interpretare gli orientamenti politici e le intenzioni di voto degli italiani nonché, nell'immediatezza della consultazione elettorale, di anticipare, attraverso gli strumenti degli "exit poll" e delle proiezioni l'esito finale delle elezioni stessi.
Non è dunque un commentatore qualsiasi ad aver messo nero su bianco, sul quotidiano "La Stampa" del 9 febbraio scorso uno strafalcione veramente clamoroso sulla situazione altoatesina. Rispondendo alle domande di chi gli chiedeva cosa intendesse per "collegio blindato", Piepoli afferma di considerare tale solo quello nel quale uno dei candidati può contare verosimilmente su un consenso superiore al 50 per cento del totale e poi testualmente afferma: "Ebbene, i “seggi blindati” al momento sono solo 3, tutti concentrati nel Trentino Alto Adige. Il collegio di Bolzano con Maria Elena Boschi, il collegio di Merano con Giorgio Balzarini e il collegio di Bressanone con Mario Cappelletti. Tutti e tre candidati del Pd. "
La genesi del clamoroso errore è abbastanza evidente. Fuorviato probabilmente dalle cronache nazionali che hanno insistito sulla candidatura della Boschi a Bolzano, considerata sicura proprio per l'appoggio della Suedtiroler Volkspartei, il mago dei sondaggi ha messo nello stesso cesto anche gli altri due collegi altoatesini per la Camera dei deputati, ignorando del tutto il fatto che essi possono essere sicuramente considerati blindati ma a favore della SVP e non certo del Partito Democratico.
Il fatto poi che non vengano presi nemmeno una considerazione i collegi del Senato la dice ancor più lunga sulla totale mancanza di conoscenza della realtà locale da parte di un personaggio che invece, per il mestiere che fa e per la responsabilità che si assume, proprio in periodi come questo, quando sforna le previsioni sull'andamento del voto, dovrebbe avere quantomeno una visione completa ed esatta sino al millesimo delle forze in campo su tutto il territorio nazionale, ivi comprese quelle realtà periferiche ma non meno rilevanti che vanno a comporre il quadro complessivo da cui scaturiranno i risultati elettorali.
L'episodio, che in sé potrebbe apparire marginale, conferma però ancora una volta che la realtà altoatesina risulta ostica da comprendere anche per i professionisti della politica, anche per coloro che, maneggiando numeri e statistiche, dovrebbero avere l'interesse maggiore a farsi un quadro chiaro della situazione, per poterne poi trasmettere ai loro clienti i risultati più attendibili che si possano immaginare.
Da sempre invece la particolare situazione politica altoatesina, a cominciare dalle caratteristiche del tutto peculiari di una Sammelpartei come la SVP, risultano del tutto sconosciute agli analisti ai commentatori politici italiani, i quali, non riuscendo a collocare la rappresentanza politica del mondo sudtirolese nella griglia delle consuetudini politiche nazionali, si limitano spesso ad ignorarla.
Non sono inferiori i problemi che, restando in tema di sondaggi, gli esperti trovano quando devono operare su una realtà del tutto particolare come quella dell'Alto Adige. Ne ho già scritto sulle colonne di Salto, ma val la pena di riprendere l'argomento, se non altro perché questo 2018 è un anno elettorale a tutti gli effetti in provincia di Bolzano e quindi la questione non è di scarso rilievo.
È impresa ardua, infatti, formare in Alto Adige un campione che sia veramente rappresentativo dell'universo cui esso pretende di fare da preciso riferimento. La totale diversità gli orientamenti, in politica soprattutto, tra le persone di diverso gruppo linguistico è un fenomeno che, con queste dimensioni, non è rilevabile in nessun altro luogo d'Italia. In una provincia diversa ci potranno essere scostamenti in una certa misura tra gli elettori di città e quelli di campagna, tra chi risiede in un quartiere centrale o in una zona periferica, ma si tratta sempre e comunque di percentuali modeste. In Alto Adige gli stacchi sono brutali. Basta quindi sbagliare a centrare il campione statistico di qualche unità per ottenere risultati del tutto diversi da quelli reali. A un pericolo che ovviamente è ancora maggiore nel caso di sondaggi preelettorali eseguiti col sistema delle interviste telefoniche o dei famosi "exit poll", basati sulle interviste eseguite all'uscita dei seggi. La storia passata è piena di errori clamorosi, causati proprio dall'estrema difficoltà di avere un campione sicuro su cui basare le proprie previsioni.
Per avere la controprova di queste difficili condizioni operative basta osservare quel che succede durante lo spoglio dei risultati nei seggi di Bolzano. Basta che, come del resto avviene spesso, i primi risultati ad arrivare siano quelli relativi alle sezioni del centro storico ed ecco che la Suedtiroler Volkspartei viene accreditata di risultati clamorosi, ben oltre la consistenza del gruppo linguistico tedesco nel capoluogo altoatesino. Se però le sezioni scrutinate sono quelle situate nelle scuole del rione Don Bosco, ecco che la situazione si capovolge totalmente e sono le liste del centrodestra ad ottenere maggioranze bulgare. Le stesse modalità si riproducono, in piccolo, all'interno dei quartieri o delle stesse sezioni elettorali.
Così avverrà sicuramente anche in occasione delle elezioni del prossimo 4 marzo e di quelle, provinciali, che si terranno in autunno. Il consiglio dunque quello di considerare con ampia facoltà di dubbio i sondaggi e le previsioni che circolano in questa stanca e confusa campagna elettorale. Anche al netto degli strafalcioni colossali di qualche mago dei sondaggi, le previsioni sono da prendere con le molle.